Società non operative e società in perdita sistemica: cosa devono dimostrare?

tenendo conto delle cause automatiche di esclusione dalla normativa delle società di comodo, in quali casi le società non operative o in perdita sistemica possono presentare con successo l’istanza di interpello disapplicativo?

La disciplina delle società non operative e delle società in perdita sistemica – Aspetti generali

società di comodoLa disciplina speciale che penalizza le società non operative – art. 30, L. n. 724/1994 -, come pure la sua estensione alle ipotesi di società in perdita per più periodi di imposta (società in «perdita sistemica», art. 2, commi da 36-quinquies a 36-duodecies, D.L. n. 138/2011), è stata oggetto di diversi precedenti interventi.

In prima battuta, è quindi sufficiente rammentare che dapprima il legislatore si è orientato verso le forme societarie presuntivamente non collegate a una reale attività di impresa, bensì all’utilizzo del più favorevole regime fiscale riservato alle imprese a fronte del semplice utilizzo di beni di interesse privato – familiare.

Successivamente, ritenendo che una situazione di perdurante perdita fiscale sia incompatibile con l’effettivo esercizio di un’attività economica avente prospettive di sviluppo, si è inteso ricondurre le società in perdita alla normativa relativa alle società «di comodo».

Sia nell’uno che nell’altro caso, ai contribuenti è possibile ricorrere alla procedura di disapplicazione di cui all’art. 37-bis, ottavo comma, del D.P.R. n. 600/1973, per chiedere al direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate competente per territorio di poter ignorare le disposizioni richiamate, che prevedono conseguenze particolarmente pesanti (obbligo di dichiarazione di un reddito minimo presunto, elevazione dell’aliquota IRES, preclusione all’utilizzo del credito IVA a rimborso o in compensazione).

Un’ampia discrezionalità è quindi lasciata all’amministrazione quanto alla possibilità, da parte dei tali soggetti, di dichiarare il reddito effettivo e non quello che scaturisce dal c.d. test di operatività, il che causa notevoli criticità in quanto può accadere che non sia possibile comprovare le giustificazioni normativamente richieste, pur in presenza di cause apprezzabili ed effettive.

Occorre a tale riguardo considerare che la normativa di vincolo, pur finalizzata a reprimere dei fenomeni diffusi di effettivo abuso, può ricadere pesantemente sulle attività economiche «tentate» o sfortunate, ovvero su gestioni quasi fallimentari che tuttavia vengono lasciate in piedi in attesa di tempi migliori, nonché sulle attività che, come accade nel settore edile, in quello energetico o in quello agricolo, necessitano di tempi lunghi per poter generare a regime ricavi soddisfacenti.

Qualche precisazione

Le nuove disposizioni in materia di società in perdita sistemica trovano applicazione a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. (cioè dal 2012).

Pur riguardando sotto il profilo sostanziale il periodo di imposta rappresentato nella dichiarazione dei redditi del 2012, ovvero in Unico 2013, la nuova normativa si rende applicabile fin dal 2012 alla determinazione degli acconti dovuti per il periodo di imposta di prima applicazione (il 2012 appunto), nell’ambito della quale deve assumersi, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando la nuova disciplina.

L’applicazione della normativa speciale in materia di società di comodo, nonché della maggiorazione IRES, viene estesa per effetto della richiamata innovazione normativa alle società che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi di imposta consecutivi (a partire dal quarto periodo di imposta).

Ai sensi del comma 36-undecies, la condizione di società non operativa ricorre anche se per tre periodi di imposta consecutivi le società e gli enti si trovano per due periodi di imposta in perdita fiscale e in uno abbiano dichiarato un reddito inferiore all’ammontare determinato ai sensi dell’art. 30, terzo comma, della L. n. 724/1994 (c.d. reddito minimo presunto).

Anche queste previsioni si applicano con decorrenza dal periodo di imposta 2012, e nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo di prima applicazione si assume quale imposta del periodo precedente quella che si sarebbe determinata applicando la nuova disciplina.

Le cause di disapplicazione per le società di comodo «classiche»

Come è già stato posto in evidenza in un precedente contributo1, sia per le società non operative «classiche» che per quelle in perdita sistemica (o sistematica) sono state previste diverse cause di disapplicazione automatica, dapprima con il provvedimento direttoriale del 14.2.2008, prot. n. 23681, e quindi con il provvedimento n. 2012/87956.

Si precisa nuovamente a tale riguardo che, sia per quanto attiene alle ipotesi di disapplicazione automatica, sia relativamente alla disapplicazione concessa mediante provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate ex art. 37-bis, ottavo comma, del D.P.R. n. 600/1973:

  • per le società non operative classiche, la causa di disapplicazione (ovvero la ragione oggettiva) deve sussistere nel periodo di imposta di riferimento per la dichiarazione;
  • per le società in perdita sistematica, essa deve sussistere in almeno uno dei periodi di imposta del triennio di riferimento, nel quale la società evidenzia perdite fiscali;
  • le cause di esclusione operano solamente con riferimento al periodo di imposta di riferimento per la dichiarazione2.

La norma   primaria   di   riferimento   in   materia   di   società   non   operative «tradizionali» (caratterizzate dall’impossibilità di raggiungere i risultati, in termini di ricavi, altri proventi e incrementi delle rimanenze, richiesti dal test di operatività), ossia l’art. 30 della L. n. 724/1994, contiene diverse ipotesi di esclusione, che successivamente sono state integrate dalla legge finanziaria 2008, e quindi dal provvedimento direttoriale del febbraio 2008 e, da ultimo, anche dal nuovo provvedimento del 2012.

Di seguito, una rassegna di tutte la cause al ricorrere delle quali si determina per le società non operative l’esclusione o la disapplicazione automatica per l’anno di riferimento.

Cause di esclusione

soggetti obbligati a costituirsi sotto forma di società di capitali
soggetti che si trovano nel primo periodo d’imposta
società in amministrazione controllata e straordinaria
società quotate, le società che controllano società quotate, nonché le società controllate, anche indirettamente, da società quotate
società esercenti pubblici servizi di trasporto

Cause di disapplicazione introdotte nel 2008

Finanziaria 2008 Provvedimento 14.2.2008
Società con un numero di soci non inferiore a 50 Società in liquidazione che si impegnano a procedere alla cancellazione dal Registro delle Imprese entro il termine di presentazione della successiva dichiarazione
Società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiori alle 10 unità Società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria e di liquidazione coatta amministrativa, in concordato preventivo e in amministrazione straordinaria
Società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa e in concordato preventivo Società sottoposte a sequestro   penale   o confisca o in amministrazione giudiziaria
Società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione superiore al totale dell’attivo dello Stato patrimoniale Società che detengono immobili concessi in locazione ad enti pubblici o locati a canone vincolato
Società partecipate da enti pubblici nella misura minima del 20% Società che detengono partecipazioni in società non di comodo
Società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore Società che hanno ottenuto la disapplicazione a seguito dell’accoglimento dell’istanza

Cause di disapplicazione introdotte nel 2012

società che esercitano esclusivamente attività agricola ai sensi dell’art. 2135 del codice civile e rispettano le condizioni previste dall’art. 2 del D.Lgs. 29.3.2004, n. 99
società per le quali gli adempimenti e i versamenti tributari sono stati sospesi o differiti da disposizioni normative adottate in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’art. 5 della L. 24.2.1992, n. 225. La disapplicazione opera limitatamente al periodo d’imposta in cui si è verificato l’evento calamitoso e quello successivo.
Per approfondire: I presupposti per la disapplicazione della disciplina delle società di comodo (2023)

Le ipotesi di disapplicazione automatica e di esclusione per le società in perdita

Le nuove cause di disapplicazione automatica rivolte specificamente alle società in perdita sistemica riguardano:

  1. le società in stato di liquidazione che con impegno assunto in dichiarazione dei redditi richiedono la cancellazione dal registro delle imprese entro il termine di presentazione della successiva dichiarazione dei redditi;
  2. le società assoggettate a procedure concorsuali;
  3. le società sottoposte a sequestro penale o a confisca nelle fattispecie di cui al D.Lgs. 6.9.2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia), o in altre fattispecie analoghe in cui il Tribunale in sede civile abbia disposto la nomina di un amministratore giudiziario;
  4. le società che detengono partecipazioni, iscritte esclusivamente tra le immobilizzazioni finanziarie, il cui valore economico sia prevalentemente riconducibile a società considerate non in perdita sistematica, ovvero a società escluse dall’applicazione della disciplina delle «perdite sistematiche» anche in conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione, nonché a società collegate residenti all’estero cui si applica il regime dell’art. 168 del TUIR (controlled foreign companies, CFC)
  5. le società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione della disciplina sulle società in perdita sistematica in relazione ad un precedente periodo di imposta sulla base di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza, che non hanno subito modificazioni nei periodi di imposta successivi;
  6. le società che conseguono un margine operativo lordo (MOL) positivo;
  7. le società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore;
  8. le società che si trovano nel primo periodo di imposta
  9. le società che esercitano esclusivamente attività agricola ai sensi dell’art. 2135 del codice civile e rispettano le condizioni previste dall’art. 2 del Lgs. 29.3.2004, n. 99;
  10. le società per le quali risulta positiva la somma algebrica della perdita fiscale di periodo e degli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile per effetto di proventi esenti, esclusi o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva, ovvero di disposizioni agevolative;
  11. le società per le quali gli adempimenti e i versamenti tributari sono stati sospesi o differiti da disposizioni normative adottate in conseguenza della dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’art. 5 della 24.2.1992, n. 225;

La procedura di disapplicazione

Sono già state fornite indicazioni quanto alle modalità di presentazione delle istanze di disapplicazione e avvertenze per evitare una declaratoria di inammissi- bilità3. Sarà quindi sufficiente qui riassumere brevemente le seguenti «note»:

  • l’istanza è ammissibile solamente se reca l’esplicita indicazione: a) del periodo in cui sussiste la causa di disapplicazione; b) del periodo per il quale la di- sapplicazione viene richiesta;
  • se per la società ricorrono i presupposti per l’applicazione sia dell’art. 30 della L. n. 724/1994 (società di comodo), sia dell’art. 2 del D.L. n. 138/2011 (per- dita sistemica), è necessario presentare due distinte istanze di disapplicazione, fi- nalizzate a ottenere due risposte valide con riferimento all’una e all’altra disciplina;
  • l’istanza di disapplicazione deve essere preventiva, ossia presentata prima dei 90 giorni anteriori alla data di presentazione della dichiarazione fiscale, ovve- ro dalla data del primo acconto di imposta 2012 per le società in perdita.

La natura del parere nella giurisprudenza della Cassazione

corte di cassazione sugli accertamenti studi di settorePur essendo orientata a evitare le possibili vertenze tra contribuenti e fisco, la di- sciplina delle società non operative, e conseguentemente anche quella delle società in perdita sistemica, è stata oggetto di contenziosi con l’Agenzia delle Entrate sui quali si sono formati alcuni orientamenti nella giurisprudenza di legittimità.

Si segnala a tale riguardo che la Suprema Corte ha dapprima inquadrato i pareri negativi dell’Agenzia delle Entrate come atti di «diniego di agevolazione», ritenendoli pertanto impugnabili come atti «tipici» a norma dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, e quindi – più recentemente – sembra aver superato tale impostazione, con la conseguenza che in un primo momento l’impugnazione dei pareri è apparsa come «obbligatoria», mentre ora sembra di dover fissare l’attenzione sull’impugnazione dell’eventuale accertamento successivo.

La Corte di Cassazione si sta misurando con le predette problematiche, sostanzialmente affermando che i provvedimenti direttoriali devono essere impugnati, ma che l’impugnazione è inammissibile se essi non contengono statuizioni nel merito (risolvendosi in semplici declaratorie di improcedibilità o – si ritiene – anche di inammissibilità4).

Infatti:

  •   secondo Cass. 15.4.2011, n. 8663

«le determinazioni del direttore regionale delle Entrate sulla istanza del contribuente volta ad ottenere il potere di disapplicazione di una norma antielusiva ai sensi dell’art. 37-bis, 8° comma, DPR n. 600 del 1973, costituiscono presupposto necessario ed imprescindibile per l’esercizio di tale potere.

Le determinazioni in senso negativo costituiscono atto     di      diniego di agevolazione  fiscale  e sono soggette  ad autonoma impugnazione ai sensi dell’art. 19, I comma, lett. h del D.Lgs. n. 542 del 1992.

Tale atto    rientra    tra   quelli    tipici    previsti    come    impugnabili    da    detta disposizione normativa, e pertanto la mancanza di impugnazione nei termini di legge decorrenti      dalla     comunicazione    delle determinazioni al contribuente ai sensi dell’art. 1, comma 4, D.M. 19.6.1998, n. 259,  rende  definitiva      la       carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in capo all’istante. Il giudizio innanzi al giudice tributario a seguito della impugnazione si estende al merito delle determinazioni impugnate»;

  • secondo Cass. Cass. 13.4.2012 n. 5843 → la risposta resa dall’Agenzia delle Entrate su istanza del contribuente in tema di società non operative è impugnabile solamente se contiene affermazioni sul merito della pretesa, giacché solo in tale ipotesi si è in presenza di un atto impositivo, nella specie di  un diniego di agevolazione. Se, invece, la DRE dichiara improcedibile l’istanza perché la fattispecie non è stata compiutamente descritta, la risposta non può essere impugnata. La tutela giurisdizionale dovrebbe quindi esperirsi in maniera piena nel ricorso avverso l’accertamento;
  • secondo Cass. Cass. 5.10.2012 n. 17010 → la risposta resa dall’Agenzia delle Entrate non può essere qualificata, dal punto di vista giuridico, come diniego di agevolazione, giacché che si tratta, appunto, di risposta negativa alla disapplicazione di norme antielusive.In sostanza: la prima delle pronunce citate renderebbe obbligatoria l’impugnazione del diniego; la secondo precisa che non può essere impugnata la pronuncia di inammissibilità; la terza e ultima esclude che si tratti di un atto tipico impugnabile, affermando altresì che

«la risposta all’interpello non impedisce innanzitutto alla stessa amministrazione di rivalutare – in sede di esame della dichiarazione dei redditi o dell’istanza di rimborso – l’orientamento (negativo) precedentemente espresso, né al contribuente di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell’atto tipico che gli venga notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza delle condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva».

Pertanto, se si consoliderà l’orientamento più recente della S.C., la tutela giurisdizionale dovrà essere esercitata avverso l’avviso di accertamento, ovvero il diniego espresso o tacito del rimborso.

Le ragioni oggettive da produrre

Come è noto, per le società non operative classiche può essere richiesta la disapplicazione al direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate producendo delle giustificazioni – «ragioni oggettive» – che abbiano escluso, nel caso specifico rappresentato dal contribuente, la produzione di un risultato economico sufficiente a superare il test di operatività.

A tale riguardo, occorre precisare che non sono accoglibili dall’Agenzia le ragioni «non oggettive», ossia quelle legate alla mera volontà imprenditoriale, ovvero le ragioni che, pur venendo presentate come oggettive, non sono adeguatamente dimostrate.

Ad esempio: l’istanza, molto scarna, potrebbe affermare che a un certo punto, ritenendo che l’attività commerciale in origine esercitata (ad esempio, bar – ristorante) non potesse funzionare bene perché esistevano nella zona numerose attività concorrenti, i soci decidevano di chiuderla e di tentare di offrire l’immobile societario in locazione.

È evidente che in questa situazione nulla viene dimostrato quanto alle ragioni «oggettive» dello scarso risultato economico.

Utilmente, la società istante poteva invece produrre dei riscontri sull’andamento dell’attività di bar – ristorante (bilanci, estratti di libri contabili, ma anche corrispondenza commerciale), e altri riscontri in grado di attestare l’infruttosità dei tentativi di locare il bene (contratti e corrispondenza con agenzie immobiliari o con potenziali interessati, etc.).

A tale riguardo si osserva che molte istanze conducono a una declaratoria di inammissibilità, più ancora che al diniego della disapplicazione, perché – forse a causa della naturale ritrosia a «scoprire la carte» da parte dei contribuenti, nonché della sottovalutazione della disciplina in rassegna – non vengono prodotte le dimostrazioni (cioè le «prove», intese come atti, documenti, scritture private, corrispondenza, fatture, etc. etc.) che pure i contribuenti stessi hanno a disposizione.

Nella prospettiva della buona riuscita della procedura di disapplicazione, occorrerebbe considerare bene alcuni punti, di seguito individuati:

  • occorre non solamente argomentare sotto il profilo logico, ma anche dimostrare (documentalmente) le ragioni oggettive che escludono la produzione dei ricavi minimi;
  • è necessario che dette ragioni siano realmente «oggettive» (ossia non soggettive, cioè non riconducibili alla mera volontà dell’imprenditore);
  • esse non devono neppure essere generiche (ad esempio: la crisi economica), bensì puntuali (specificamente riferite alla concreta situazione della società istante);
  • l’esposizione non dovrebbe essere in «stile contenzioso», cioè oppositiva, giacché si tratta di una procedura intesa non a vincere in sede giurisdizionale, ma a collaborare con l’amministrazione in un contesto di trasparenza. Sempre che l’istanza non preluda, appunto, a una vera e propria lite con l’Agenzia delle Entrate: ma in tale ipotesi si è evidentemente al di fuori del contesto «amichevole» che è proprio delle procedure di ruling.

La combinazione tra non operatività classica e perdite sistemiche

Per quanto riguarda nello specifico le società in perdita sistemica, può essere osservato che non si tratta in tale contesto di dimostrare le ragioni (oggettive) della mancata produzione dei ricavi, o non si tratta solamente di questo, perché ciò che deve essere giustificato è la perdita fiscale, che può sussistere anche in presenza di ricavi sufficienti a superare il test di operatività.

Pertanto:

  • per la società non operativa classica occorre dapprima verificare la presenza di eventuali cause di esclusione o di disapplicazione automatica, queste ultime previste nei due provvedimenti direttoriali del 2008 e del 2012, e quindi, se queste non ricorrono, occorre produrre le giustificazioni oggettive della mancata produzione (sufficiente) di ricavi;
  • per la società in perdita sistemica, occorre sempre verificare la presenza di cause di esclusione (incardinate nell’art. 30 della n. 724/1994), nonché di cause di disapplicazione automatica specifiche (provvedimento direttoriale del 2012), e quindi, se queste non ricorrono, bisogna produrre giustificazioni idonee in relazione alla produzione di perdite fiscali;
  • se alla società sono applicabili ambedue le normative, è necessario produrre due autonome istanze

Per quanto concerne tale ultima ipotesi, cioè quella della società non operativa classica che sia anche in perdita sistemica, sorge però un problema.

Può infatti accadere che le esimenti / giustificazioni addotte per la non operatività siano in grado di giustificare anche la produzione delle perdite.

Ad esempio: una società immobiliare di compravendita, con immobilizzazioni collegate alle spese di impianto e ad altri oneri sostenuti, non riesce a realizzare ricavi perché si protrae l’iter amministrativo necessario a concludere i lavori, ovvero le opere vengono sospese per la presenza di un contenzioso.

In ipotesi come quella sopra considerata, è giocoforza ritenere che la giustificazione della non operatività dovrebbe potersi estendere anche alla situazione di perdita.

È tuttavia necessario considerare la scansione temporale, cioè la non coincidenza dei termini temporali di riferimento tra l’art. 30 della L. n. 724/1994 e l’art. 2 del D.L. n. 138/2011.

Per quanto si è visto sopra, difatti, la disapplicazione delle non operative classiche riguarda l’anno «target», cioè quello del periodo di imposta dell’ultima dichiarazione (ad esempio il 2011), mentre quella rivolta alle società in perdita riguarda uno o più periodi di imposta compresi entro il triennio di riferimento (per l’anno 2012, periodo di prima applicazione, il triennio comprende gli anni 2009-2010-2011).

La società immobiliare di compravendita dell’esempio potrebbe avere ben dimostrato nell’istanza di disapplicazione «classica» che le condizioni oggettive (in astratto apprezzabili anche per quanto attiene alla normativa sulle perdite sistemiche) ricorrono nel 2011, e di tale circostanza dovrebbe potersi tener conto in quanto tale periodo di imposta è compreso nel triennio di osservazione per il 2012.

Se però l’unica istanza presentata fosse relativa alla situazione di perdita sistemica e riguardasse delle circostanze oggettive presenti nel 2010, essa evidentemente sarebbe correttamente presentata con riferimento, appunto, alla situazione di perdita (giustificando la situazione del 2010, anno centrale del triennio di osservazione), ma non sarebbe valutabile per quanto attiene alla situazione di non operatività «classica».

Ancora una volta, sempre che non si intenda fin da subito intraprendere la strada della lite (e in tale prospettiva la procedura di disapplicazione potrebbe essere intesa come una sorta di «precostituzione» di una linea difensiva), vale l’avvertenza che le cose dovrebbero essere fatte nel modo corretto, con il fine di fornire all’amministrazione (che si trova in una chiara condizione di «inferiorità conoscitiva» quanto ai fatti) gli elementi per poter decidere.

Si consideri a tale riguardo che le disposizioni normative di riferimento – qualificate dal legislatore come antielusive – operano «a regime», e all’amministrazione è stato concesso un potere rilevante (la disapplicazione delle norme stesse), il cui esercizio non può essere ritenuto un mero adempimento amministrativo.

È quindi necessario conoscere molto bene la materia, ed evitare nella proposizione delle istanze degli errori a volte banali, che con una minima diligenza professionale possono essere azzerati.

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17 ottobre 2012

Fabio Carrirolo

NOTE

1 Cfr. F. Carrirolo, «Le istanze di disapplicazione relative alle società in perdita sistematica e i relativi termini di presentazione», www.commercialistatelematico.com, 15.09.2012.

2 Cfr. la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 23/E del 2012.

3      Cfr. F. Carrirolo, cit. (sup. nota 1).

4 Le ipotesi di improcedibilità, previste dalla prassi pregressa dell’Agenzia delle Entrate, sono state tutte trasformate in ipotesi di inammissibilità dalla circolare n. 32/E del 2010.

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