Transigere le liti con il Fisco: l’istituto della conciliazione giudiziale

Approfondiamo l’istituto della conciliazione giudiziale col Fisco spiegandone vantaggi e procedure.

La conciliazione giudiziale in un’ottica di gestione strategica col contenzioso – Premessa

la conciliazione giudiziale col fiscoI rapporti fisco-contribuente sono spesso caratterizzati da una notevole litigiosità, in barba al tanto declamato principio di collaborazione e buona fede sancito dallo Statuto dei diritti del contribuente.

In particolare, quando una problematica tributaria non può essere risolta in contraddittorio con l’Ufficio, a mezzo dei noti strumenti dell’autotutela, dello sgravio (totale o parziale) ovvero dell’accertamento con adesione, si propone ricorso ritenendo che – a quel punto – soltanto i giudici possano dirimere la questione.

Così non è, quantomeno in alcuni casi.

Dall’esame, infatti, delle “carte” a disposizione delle parti, ovvero sia dei supporti probatori in relazione all’onere che incombe su ciascuno, è possibile – ed a volte doveroso – valutare in corso di causa le opportunità offerte dalla conciliazione giudiziale, al fine di dirimere in tempi brevi e con risultati certi una controversia.

Non sempre, infatti, andare avanti in un lungo e dispendioso contenzioso, anche nel caso di esito positivo dopo l’ultimo grado di giudizio, si rivela vincente per il contribuente.

Basti pensare infatti che, nell’ipotesi di una possibile cessione d’azienda ovvero di quote, oppure di una fusione, qualsiasi trattativa verrebbe sicuramente frenata se non addirittura preclusa dalle passività latenti di un contenzioso in essere.

In simili circostanze qualsiasi acquirente, anche nel caso di una semplice società a responsabilità limitata con il capitale sociale minimo previsto dalla legge, guarderebbe con diffidenza alla nostra azienda se non fosse ancora definita la posizione con il Fisco. E ciò anche nel caso di rilascio di adeguate garanzie in relazione all’esito del contenzioso.

In casi del genere, una volta valutato il tenore dell’atto di controdeduzioni di controparte, è opportuno che il difensore tributario si confronti con il cliente, per verificare se esistono i presupposti per una conciliazione giudiziale. A fronte, infatti, di una diminuzione del maggior reddito accertato, con sanzioni ridotte ad un terzo, è possibile effettuare il pagamento dell’importo scaturente dalla conciliazione.

 

I vantaggi della conciliazione giudiziale col Fisco

E’ vero che in tal modo la parte contribuente è chiamata ad un sicuro pagamento nei confronti del Fisco, ma è altrettanto vero che gode di numerosi vantaggi quali:

  • eliminazione dell’alea del contenzioso;
  • risparmio su spese e onorari di due o tre gradi di giudizio;
  • riduzione ad 1/3 delle sanzioni, oltre che dell’imponibile nella misura concordata;
  • eliminazione della necessità di accantonamenti prudenziali in bilancio per rischi su controversie tributarie;
  • sollievo del sistema bancario (che potrebbe allarmarsi a fronte delle iscrizioni a ruolo provvisorie in pendenza di giudizio);
  • possibilità di cessione, trasformazione, fusione, scorporo, ecc  senza la spada di Damocle del contenzioso.

 

Ma vediamo gli aspetti salienti della conciliazione giudiziale, al fine di porre in essere al meglio l’eventuale contraddittorio per dirimere la controversia.

 

La conciliazione giudiziale: quadro normativo

 La conciliazione giudiziale è prevista dall’art. 48 del D. Lgs. 546/92, così come modificato dall’art. 14 del D. Lgs. 218/97, che disciplina la possibilità di transigere le liti pendenti in commissione tributaria 1.

Tale istituto si inserisce nell’ambito di quegli strumenti deflativi del contenzioso che il legislatore ha inteso promuovere e sui quali l’Amministrazione Finanziaria dedica sempre più attenzione, nell’ottica di una migliore efficienza dell’intero sistema di accertamento e riscossione delle imposte.

La norma prevede che la conciliazione, possa essere effettuata solo davanti alla Commissione provinciale e non oltre la prima udienza.

Sono conciliabili tutte le controversie relative ai tributi oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie ai sensi dell’articolo 2 D. Lgs 546/92, di cui siano parte i soggetti di cui all’articolo 10 del citato decreto.

La circolare ministeriale 291/E del 18 dicembre 1996 ha affermato la legittimità della conciliazione giudiziale, proposta dal contribuente, al solo fine di usufruire della riduzione delle sanzioni. In altre parole, il ricorrente potrebbe accettare il pagamento dell’intera imposta anche al solo fine di ridurre il carico delle sanzioni e l’Ufficio potrebbe legittimamente accogliere tale proposta con il solo obbligo di un’adeguata motivazione.

 

 

Le modalità della conciliazione giudiziale

Il tentativo di conciliazione può essere esperito nei seguenti modi 2:

  • a mezzo di proposta avanzata da una delle parti e da includere nell’istanza di trattazione in pubblica udienza prevista dall’articolo 33;
  • su iniziativa del Collegio all’udienza pubblica prevista dall’articolo 34;
  • sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero sino all’udienza pubblica, su iniziativa dell’ufficio tramite deposito di una proposta previamente accettata dall’altra parte.

 

L’istanza con la quale una parte propone all’altra la conciliazione della controversia, può riferirsi a tutte o ad ognuna delle singole questioni oggetto della stessa e deve contenere l’esatta indicazione delle condizioni alle quali si accetta la definizione della causa.

Essa va proposta a mezzo deposito nella segreteria e successiva notificazione alle altre parti costituite entro dieci giorni liberi antecedenti la data di trattazione, ovvero oralmente in udienza se sono presenti tutte le parti costituite.

L’essenza contrattuale di questa proposta conciliativa, comporta che la stessa possa essere revocata fino al momento dell’incondizionata accettazione dell’altra parte.

Il tentativo di conciliazione può essere effettuato dal Collegio nel corso dell’udienza pubblica. Quest’attività del giudice tributario, che corrisponde a quella propria del giudice ordinario, prevista dall’articolo 183 C.p.c., presuppone la presenza in udienza di tutte le parti costituite o dei loro difensori debitamente autorizzati alla conciliazione ai sensi dell’articolo 12.

 

 

Il procedimento della conciliazione giudiziale

 Nel caso in cui la proposta di conciliazione, avanzata da una delle parti, non venga accolta nel corso dell’udienza pubblica, la Commissione può assegnare un termine non superiore a sessanta giorni, per il raggiungimento di un accordo conciliativo formato ai sensi del successivo comma 6. In tal caso le parti potranno depositare un accordo già concluso di cui il giudice dovrà valutare presupposti e condizioni di ammissibilità.

Ove, invece, la conciliazione si perfezioni al primo tentativo, viene redatto apposito verbale che costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute per imposte, sanzioni ed interessi da versare entro venti giorni dalla data dell’udienza secondo le modalità previste dall’articolo 5 del D.P.R. 28 settembre 1994, n. 592, salvo successive modifiche a mezzo di decreto del Ministro delle finanze.

Una volta raggiunto l’accordo delle parti, al Collegio non resta altro che prenderne atto e pronunciare con sentenza l’estinzione del processo per cessazione della materia del contendere.

La legge prevede la possibilità che le parti possano concordare, sulla base di una proposta dell’ufficio, una soluzione conciliativa formata in apposita istanza da depositarsi fino alla trattazione in camera di consiglio, ovvero sino alla discussione in pubblica udienza.

Procedimento.

Se la proposta è avanzata prima della fissazione della trattazione è il presidente della Sezione ad adottare, con decreto, i relativi provvedimenti:

  • dichiarazione di estinzione del processo nel caso di ammissibilità della proposta;
  • fissazione della data di trattazione nel caso di inammissibilità.

 

Nel primo caso, il decreto è comunicato alle parti a norma degli articoli 16 e 17 e dalla data di comunicazione decorrono i venti giorni per il versamento. Nel secondo, invece, il decreto è depositato in segreteria entro dieci giorni dalla data di presentazione della proposta.

Il mancato versamento delle somme indicate nella conciliazione giudiziale non comporta la revoca dell’ordinanza di estinzione del giudizio bensì la possibilità per l’Ufficio di agire esecutivamente nei confronti del contribuente per il pagamento delle somme indicate nell’atto conciliativo (così Commissione Tributaria Provinciale di Treviso sentenza n. 1/1/2000 del 18 gennaio 2000).

Sul punto risultano evidenti le lacune del disposto dell’articolo 48, che lascia qualche perplessità sulla procedura da seguire in caso di mancato versamento delle  imposte 3.

L’Amministrazione Finanziaria, nella circolare n. 98/E-1996, ha ribadito che se le somme dovute in base alla conciliazione non sono versate nei termini, le sanzioni amministrative sono dovute per il loro intero ammontare e l’ufficio iscrive a ruolo speciale, a titolo definitivo, tutte le somme ai sensi dell’articolo 14 del D.P.R. 602/73.

 

 

 

Cosa succede nella prassi della conciliazione

 Nella maggior parte dei casi, in pendenza di giudizio, una parte (quasi sempre il contribuente) propone all’altra (l’Amministrazione Finanziaria), la conciliazione totale o parziale della controversia con un’istanza che viene depositata presso l’ufficio competente.

L’ufficio impositore, una volta valutata la proposta, contatta il contribuente/professionista al quale formula in genere una controproposta, rideterminando l’imponibile e, di conseguenza, le somme dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni (ridotte ad un terzo).

Proposta e controproposta devono essere – ovviamente – adeguatamente motivate e corredate dai supporti documentali e probatori necessari a convincere la controparte sulla necessità di transigere la lite; andranno quindi riportati fatti oggettivi, prassi e giurisprudenza inerenti alla fattispecie trattata nella controversia, al fine di giustificare la conciliazione e fornire al funzionario tributario (e dunque all’amministrazione) gli elementi utili per ritenere accettabile la proposta.

La conciliazione prevede quindi la sottoscrizione del verbale, anche in questo caso adeguatamente redatto e motivato, prestando attenzione a che la delega conferita dal contribuente al difensore in giudizio contenga l’espressa autorizzazione a conciliare.

A questo punto, come previsto anche dall’articolo 48 D. Lgs. 546/92, l’Amministrazione Finanziaria deposita in Commissione Tributaria la proposta di conciliazione alla quale la parte contribuente ha previamente aderito. Se l’istanza è presentata prima della fissazione della data di trattazione, il presidente della Commissione, se ravvisa la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità, dichiara con decreto l’estinzione del giudizio.

Il decreto viene comunicato alle parti ed il versamento dell’intero importo o della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data della comunicazione. Nell’ipotesi in cui la conciliazione non sia ritenuta ammissibile il presidente della Commissione fissa la trattazione della controversia ed il giudizio prosegue.

 

 

Ti possono interessare anche:
Istituti deflattivi del contenzioso e regole di rateazione: accertamento con adesione, acquiescenza, conciliazione, mediazione e reclamo (2016)
La conciliazione e riflessi nelle liti su atti impositivi a società di persone (2018)
Mediazione e conciliazione dopo la Riforma della Giustizia Tributaria (2022)
Intoccabile la conciliazione già definita (2023)

 

 

gennaio 2006

di Massimo Conigliaro

 

 

NOTE

1 D. Lgs 31 dicembre 1992, n. 546

Art. 48

Conciliazione giudiziale

  1. Ciascuna delle parti con l’istanza prevista dall’art.33, può proporre all’altra parte la conciliazione totale o parziale della controversia.
  2. La conciliazione può avere luogo solo davanti alla commissione provinciale e non oltre la prima udienza, nella quale il tentativo di conciliazione può essere esperito d’ufficio anche dalla
  3. Se la conciliazione ha luogo, viene redatto apposito processo verbale nel quale sono indicate le somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e interessi. Il processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute mediante versamento diretto in un’unica soluzione ovvero in forma rateale, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero in un massimo di dodici rate trimestrali se le somme dovute superano i cento milioni di lire, previa prestazione di idonea garanzia secondo le modalità di cui all’art.38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.633. La conciliazione si perfeziona con il versamento, entro il termine di venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata e con la prestazione della predetta garanzia sull’importo delle rate successive, comprensivo degli interessi al saggio legale calcolati con riferimento alla stessa data, e per il periodo di rateazione di detto importo aumentato di un Per le modalità di versamento si applica l’art.5 del D.P.R. 28 settembre 1994, n.592. Le predette modalità possono essere modificate con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro.
  4. Qualora una delle parti abbia proposto la conciliazione e la stessa non abbia luogo nel corso della prima udienza, la commissione può assegnare un termine non superiore a sessanta giorni, per la formazione di una proposta ai sensi del comma 5.
  5. L’ufficio può, sino alla data di trattazione in camera di consiglio, ovvero fino alla discussione in pubblica udienza, depositare una proposta di conciliazione alla quale l’altra parte abbia previamente aderito. Se l’istanza è presentata prima della fissazione della data di trattazione, il presidente della commissione, se ravvisa la sussistenza dei presupposti e delle condizioni di ammissibilità, dichiara con decreto l’estinzione del La proposta di conciliazione ed il decreto tengono luogo del processo verbale di cui al comma 3. Il decreto è comunicato alle parti ed il versamento dell’intero importo o della prima rata deve essere effettuato entro venti giorni dalla data della comunicazione. Nell’ipotesi in cui la conciliazione non sia ritenuta ammissibile il presidente della commissione fissa la trattazione della controversia. Il provvedimento del presidente è depositato in segreteria entro dieci giorni dalla data di presentazione della proposta.
  6. In caso di avvenuta conciliazione le sanzioni amministrative si applicano nella misura di un terzo delle somme irrogabili in rapporto dell’ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

2 Cfr. anche CONIGLIARO – PETRUCCI , in “Il processo tributario” in AA.VV., Le Liti con il Fisco, Milano, 2000.

 

3 Sul punto ANTICO – CONIGLIARO, Conciliazione giudiziale: il mancato versamento delle somme dovute. Analisi di un caso pratico, in Consulenza (Buffetti), n. 14/2003.

Scarica il documento