Mediazione e conciliazione dopo la Riforma della Giustizia Tributaria

Vediamo come la riforma del processo tributario incide sugli istituti deflattivi del contenzioso; in particolare puntiamo il mouse sulla fase di reclamo e mediazione e sulla conciliazione in giudizio.

Modifiche agli istituti deflattivi della mediazione tributaria e della conciliazione

La fase di reclamo – mediazione e la conciliazione ante riforma

istituti deflattivi mediazione conciliazionePer mediazione tributaria, si intende una proposta di accordo che il contribuente inserisce nell’istanza di reclamo contro determinati atti emanati dall’Agenzia delle Entrate.

Lo scopo di tale mediazione è, pertanto, quello di evitare il ricorso alla giustizia tributaria per la risoluzione di quelle controversie risolvibili in sede amministrativa attraverso un esame volto ad anticipare l’esito ragionevolmente atteso del giudizio.

La mediazione tributaria inizialmente è stata applicata con riferimento agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1° aprile 2012 e precisamente gli atti ricevuti dal contribuente a decorrere da tale data.

L’art. 17-bis, inserito nel D.lgs n. 546/1992 dall’art. 39, comma 9 D.L. n. 98 del 6 luglio 2011(conv. con modificazioni dalla L. n. 111/2011) e modificato, altresì, dal D.L. n. 50 del 24 aprile 2017 (convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96) prevede come obbligatorio il ricorso alla mediazione tributaria se il valore della causa non è superiore a € 50.000.

Tale limite è stato variato rispetto al precedente di € 20.000 a seguito dell’entrata in vigore della c.d. Manovra correttiva di aprile 2017 (D.L n.50 del 24 aprile 2017, convertito con modificazioni dalla legge   21 giugno 2017, n. 96).

La modifica de qua è stata applicata agli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018.

In sintesi,  l’istituto del reclamo-mediazione in ambito tributario è una procedura, da esperire obbligatoriamente, a pena di improcedibilità, prima della costituzione in giudizio, per le controversie di valore non superiore ad € 50.000 (inteso come importo delle imposte, al netto di sanzioni e interessi) derivanti da atti di accertamento, avvisi di liquidazione, atti di irrogazione sanzioni (in tal caso, il valore della lite è dato dalle sole sanzioni), iscrizioni a ruolo (e, dunque, cartelle di pagamento a seguito di avvisi bonari), rifiuti espressi o taciti di rimborsi di tributi, sanzioni e interessi, dinieghi o revoche di agevolazioni.

Nello specifico, tale istituto deflattivo consiste nella presentazione, entro il termine di presentazione del ricorso (60 giorni dalla notifica dell’atto reclamabile), di un unico atto contenente sia il ricorso che l’istanza di mediazione all’Ufficio.

Trascorsi novanta giorni dal ricevimento del reclamo da parte dell’Ufficio, senza che sia stata conclusa la mediazione ovvero che sia intervenuto l’accoglimento, anche parziale, o il diniego dell’istanza, inizia a decorrere il termine di 30 giorni per l’eventuale costituzione in giudizio del contribuente.

A tal proposito, la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 38 del 15 febbraio 2017, è intervenuta sull’istituto in oggetto precisando che il legislatore ha perseguito l’interesse generale alla deflazione del contenzioso tributario in modo ragionevole, prevedendo il rinvio dell’accesso al giudice con riferimento alle liti (quelle nei confronti dell’Agenzia delle entrate) che, come è ben noto, rappresentano il numero più consistente delle controversie tributarie e, parimenti, a quelle  liti che comportano le minori conseguenze finanziarie sia per la parte privata che per quella pubblica.

Pertanto, a parere del Giudice delle Leggi, la predetta scelta legislativa è stata il risultato del corretto esercizio della discrezionalità legislativa, non censurabile né sul piano del diritto alla tutela giurisdizionale, né su quello del rispetto dei princìpi di uguaglianza e ragionevolezza.

Nonostante le pregevoli finalità deflattive dell’istituto del reclamo-mediazione, tuttavia, analizzando i recenti dati, emerge che l’istituto de quo ha assunto una mera veste formale.

Difatti, secondo i dati relativi all’anno 2021, a fronte di oltre 35.000 istanze presentate, soltanto il 6,7% si è chiusa con un accordo di mediazione e la questione è stata identica anche negli esercizi precedenti, sin dall’introduzione nel 2011.

In sostanza, sino ad oggi, tale procedimento è stato esclusivamente formale tanto dal lato dell’Agenzia delle Entrate, quanto del contribuente.

Tenuto conto della finalità deflattiva del contenzioso perseguita dall’istituto del reclamo-mediazione e anche al fine di incoraggiare un’adeguata istruttoria dei reclami pervenuti e una ponderata valutazione delle proposte di mediazione, la novella legislativa di cui all’art. 4, comma 1 lett. e) della L. n. 130/2022, ha aggiunto all’articolo 17-bis, il comma 9-bis, a norma del quale, nelle controversie in esame ex art. 17-bis cit., in caso di rigetto del reclamo o di mancato accoglimento della proposta di mediazione, la soccombenza di una delle parti, in accoglimento delle ragioni già espresse in sede di reclamo o mediazione, comporta, per la parte soccombente, la condanna al pagamento delle relative spese di giudizio (di questo ne daremo adeguata contezza di seguito).

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