Il giudizio di ottemperanza nel processo tributario

Il presente approfondimento si propone l’obiettivo di analizzare e chiarire i dubbi relativi al giudizio di ottemperanza, che, come meglio si vedrà in seguito, rappresenta lo strumento diretto a garantire l’effettiva realizzazione dell’interesse sostanziale del contribuente, risultato vittorioso all’esito di una controversia avverso l’Amministrazione finanziaria, attraverso l’adempimento di un obbligo derivante da una sentenza tributaria.

Il giudizio di ottemperanza – Sommario

PREMESSA
1.1. ORIGINE ED EVOLUZIONE DEL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA
2. DISCIPLINA DEL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA
2.1. Ambito di applicazione
2.2. Presupposti processuali e le sentenze oggetto di ottemperanza
2.3. Legittimazione attiva e passiva
2.4. Il giudice competente
3. ATTO DI MESSA IN MORA
4. IL RICORSO IN OTTEMPERANZA
4.1. Il procedimento
4.2. Udienza di trattazione e fase decisoria
4.3. Il Commissario ad acta
4.4. L’impugnazione
5. SCHEDA DI SINTESI
6. FORMULARIO
6.1. Atto di messa in mora
6.2. Ricorso in ottemperanza

 

***

Disciplina del giudizio di ottemperanza

giudizio di ottemperanzaNel processo tributario il giudizio di ottemperanza è stato introdotto con l’art. 70 del D. Lgs. n. 546/1992 (aggiornato successivamente dal D. Lgs. n. 156/2015 che ne ha modificato diverse parti).

Dalla lettura dell’articolo si evince che, in ambito tributario, il giudizio di ottemperanza costituisce lo strumento che permette al contribuente di chiedere alla Corte di Giustizia Tributaria, che ha pronunciato la sentenza di cui si richiede l’esecuzione coattiva, di emettere tutti i provvedimenti necessari ad ottenere l’adempimento di quanto disposto nella sentenza stessa[1].

Inoltre, i giudici di legittimità si sono espressi sul punto con la recente ordinanza n. 12847 del 22 aprile 2022, chiarendo che:

“(…) può essere attivato il giudizio di ottemperanza non solo nel caso in cui l’amministrazione finanziaria abbia omesso di adottare qualunque atto con il quale dia effettiva statuizione al comando contenuto nella sentenza, ma anche qualora l’atto posto in essere non sia adeguato al contenuto precettivo della sentenza”[2].

È chiaro, dunque, che l’istituto in parola ha l’obiettivo di assicurare al contribuente una tutela di tipo sostanziale, in linea con il principio di effettività della tutela giurisdizionale[3].

Aspetto fondamentale che si intende sottolineare è che il giudizio di ottemperanza, nell’attuale formulazione dell’art. 70 D. Lgs. n. 546/1992, costituisce l’unico mezzo a disposizione del contribuente in materia di esecuzione coattiva delle sentenze tributarie.

Infatti, fino al 2015, ovvero fino all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, il contribuente, al termine di un contenzioso tributario che lo vedeva vittorioso, poteva ricorrere a due strumenti per chiedere l’esecuzione forzata della sentenza del giudice tributario:

  1. l’azione esecutiva, esperibile secondo le modalità previste dall’art. 479 ss. c.p.c., nell’eventualità in cui l’Amministrazione fosse risultata soccombente e fosse stata condannata al pagamento di una somma di denaro;
     
  2. o il giudizio di ottemperanza, ai sensi dell’art. 70 del D. Lgs. n. 546/1992.

Questa duplice scelta era disciplinata dallo stesso art. 70 del D. Lgs. n. 546/1992, che, nella sua formulazione originaria, al primo comma affermava espressamente:

“salvo quanto previsto dalle norme del c.p.c. per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo”.

Fu proprio questa disposizione a generare un ampio dibattito giurisprudenziale in merito all’alternatività, complementarietà o cumulabilità dei due istituti appena menzionati, poiché non disciplinava espressamente il nesso tra esecuzione ordinaria, disciplinata dal codice di procedura civile, ed il giudizio di ottemperanza.

Tale dibattito ha dato adito a diverse interpretazioni dottrinali qui di seguito esposte.

  1. Secondo un primo orientamento, i predetti procedimenti dovevano essere considerati come alternativi, nel senso che il ricorso ad uno escludeva la possibilità di ricorrere all’altro, limitando l’esperibilità del ricorso in ottemperanza alle sole pronunce per cui non poteva attuarsi il procedimento ordinario di esecuzione forzata.
    In particolare, secondo tale orientamento, il rimedio dell’ottemperanza non era esperibile nei casi in cui non fosse stata preventivamente tentata, con esito negativo, l’esecuzione ordinaria nei confronti della Pubblica Amministrazione inadempiente[4];
     
  2. in base ad un secondo orientamento, al contrario, i due procedimenti potevano essere considerati complementari.
    Secondo tale indirizzo, dunque, il giudizio di ottemperanza era da ritenersi complementare all’esecuzione forzata disciplinata dal codice di procedura civile, e non era ipotizzata alcuna antiteticità pregiudiziale del procedimento esecutivo rispetto al rimedio dell’ottemperanza[5];
     
  3. la dottrina maggioritaria, invece, riteneva che fosse possibile la cumulabilità dei due rimedi[6].

Sul punto si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 1299 del 9 marzo 1981, dichiarando l’esperibilità dei due rimedi sopra menzionati nella maniera che tutela maggiormente il contribuente.

In particolare, in tale pronuncia si legge:

“(…) la parte interessata, oltre alla possibilità di instaurare il giudizio di ottemperanza ai sensi del citato art. 70, avrà pure, a sua scelta, la possibilità di esperire, in via concorrente e alternativa o cumulativamente e integrativamente, la via dell’esecuzione forzata regolata dal c.p.c., fermo ovviamente il limite del pieno conseguimento satisfattivo, nell’una o nell’altra via, della pretesa creditoria, che determina l’immediata cessazione di qualsivoglia alternativa o cumulo”[7].

Sicché, risulta evidente che l’opinione maggioritaria affermava la coesistenza dei due istituti[8].

Tuttavia, dato che la norma non si esprimeva a favore dell’uno o dell’altro orientamento, la questione è stata risolta tenendo in considerazione gli interessi coinvolti, scegliendo, dunque, l’interpretazione che consentisse di soddisfare tali interessi in maniera migliore[9].

Successivamente, con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, dall’art. 70  del D. Lgs. n. 546/1992 è stata soppressa la frase “salvo quanto previsto dalle norme del c.p.c. per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo”, con la conseguente impossibilità di esperire un giudizio esecutivo ordinario a norma del codice di procedura civile in alternativa all’ottemperanza tributaria.

Sicché, dopo la riforma, il contribuente che ha interesse all’esecuzione coattiva di una sentenza tributaria può esperire esclusivamente il rimedio dell’ottemperanza.

La scelta di dare esclusività a tale rimedio è stata chiarita nella relazione illustrativa del D. Lgs. n. 156/2015, nella quale si spiega che tale scelta è dettata da tre ragioni:

  • dalla peculiarità delle sentenze tributarie;
     
  • dalla particolare efficacia del rimedio dell’ottemperanza che consente l’adempimento della sentenza in tempi brevi;
     
  • e dal fatto che la procedura esecutiva ordinaria non consente un’adeguata tutela e soddisfacimento dell’interesse del contribuente.

L’esclusività del rimedio dell’ottemperanza per l’adempimento di sentenze tributarie è stato di recente confermato da una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 11908 del 12 aprile 2022), in cui i giudici di legittimità hanno chiarito che:

“a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156 del 2015 (recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario in attuazione della legge delega n. 23 del 2014), e l’eliminazione della possibilità, originariamente prevista, per il contribuente di ricorrere al processo di esecuzione forzata regolato dal codice di procedura civile, il giudizio di ottemperanza costituisce l’unico rimedio per l’attuazione delle sentenze tributarie nel caso di inadempimento dell’Amministrazione[10].  

 

Ambito di applicazione

Come già ampiamente detto, attraverso il giudizio di ottemperanza il contribuente chiede alla Corte di Giustizia Tributaria, che ha pronunciato la sentenza, di emettere i provvedimenti necessari per l’esecuzione coattiva della sentenza stessa.

Tuttavia, in passato vi sono stati dubbi interpretativi relativi ai diversi tipi di sentenze di cui si richiede l’esecuzione con il rimedio dell’ottemperanza e al comando in queste contenuto.

Infatti, il comando contenuto nelle sentenze può essere:

  1. di annullamento totale o parziale dell’atto impugnato;
  2. di condanna al versamento delle somme a seguito di un’istanza di rimborso.

A tal riguardo è opportuno citare la sentenza n. 23374 del 30 ottobre 2006, in cui la Corte di Cassazione ha affermato che:

“la mancanza di un espresso comando non esclude l’obbligo dello stesso giudice investito dell’ottemperanza di rendere effettivo il comando (…) concernente [nella specie] il diritto della contribuente di fruire degli specifici benefici fiscali alla stessa riconosciuti”[11].

Partendo da tale principio, si può, dunque, affermare che il giudizio di ottemperanza è ammissibile per l’esecuzione:

  1. di una sentenza che si limita ad accogliere il ricorso relativo all’impugnazione di un diniego di rimborso IRAP[12];
     
  2. di una sentenza di annullamento del provvedimento con il quale è stato sospeso il rimborso IVA chiesto ai sensi dell’art. 39-bis del D.P.R. n. 633/1972[13];
     
  3. del capo della sentenza sulla liquidazione delle spese;
     
  4. dei capi della sentenza non censurati e, quindi, coperti dal giudicato interno[14].

Pertanto, come già ampiamente detto in precedenza, con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, vi è stato un ampliamento dell’ambito di applicabilità del giudizio di ottemperanza, prevendo che tale rimedio possa essere esperito, oltre che per le sentenze passate in giudicato, anche per le sentenze non definitive[15]

 

Presupposti processuali e le sentenze oggetto di ottemperanza

 Il giudizio di ottemperanza può essere proposto dal contribuente per chiedere l’esecuzione della sentenza a lui favorevole allorquando si verifichino specifici presupposti.I presupposti previsti dall’art. 70 del D. Lgs. n. 546 del 1992 sono:

  1. l’inutile decorrenza del termine previsto dalla legge per l’adempimento dell’obbligo posto dalla sentenza a carico dell’Amministrazione finanziaria o, in mancanza, l’inutile decorrenza del termine di trenta giorni dalla sua messa in mora ad opera del contribuente;
     
  2. una sentenza la cui esecuzione richieda una specifica attività non posta in essere dall’Ufficio soccombente. In altre parole, è necessario che l’Amministrazione finanziaria sia inadempiente agli obblighi derivanti dalla pronuncia favorevole al contribuente.

Per quanto riguarda il significato da attribuire all’inadempimento, inizialmente veniva considerato tale l’espresso rifiuto della Pubblica Amministrazione di dare attuazione al giudicato e, solo in secondo tempo, si è esteso fino a ricomprendere ipotesi di assoluta o parziale inerzia.

Occorre, inoltre, sottolineare che il ricorso in ottemperanza è esperibile fino a che l’obbligo non sia estinto, con la conseguenza che sia un adempimento parziale sia il compimento di atti preparatori all’adempimento offrono al contribuente la possibilità di azionare tale rimedio[16].

Inoltre, è importante precisare che, nonostante l’art. 70 D. Lgs. n. 546/1992 prescriva, quale ulteriore requisito, il passaggio in giudicato della sentenza, dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, il rimedio dell’ottemperanza può essere esperito anche per richiedere l’esecuzione di sentenze non definitive, ai sensi del combinato disposto degli artt. 67 bis, 68 e 69 D. Lgs. n. 546/1992.

Sul punto, si cita l’art. 67 bis D. Lgs. n. 546/1992, il quale dispone che: le sentenze emesse dalle commissioni tributarie sono esecutive secondo quanto previsto dal presente capo”, riconoscendo, in tal modo, l’esecutività immediata delle pronunce delle Commissioni Tributarie, oggi denominate Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado.

I successivi artt. 68 e 69 D. Lgs. n. 546/1992 disciplinano l’ipotesi in cui si richiede l’esecuzione di sentenze tributarie favorevoli al contribuente, seppur non ancora definitive.[17]

Più precisamente, l’art. 68 D. Lgs. n. 546/1992, nella sua attuale formulazione, chiarisce che il passaggio in giudicato della sentenza non costituisce più condizione di procedibilità per esperire il giudizio di ottemperanza.

In particolare, al citato articolo è stato aggiunto, a seguito della riforma attuata con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 156/2015, il seguente periodo:

“In caso di mancata esecuzione del rimborso il contribuente può richiedere l’ottemperanza a norma dell’art. 70 alla commissione provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla commissione tributaria regionale”.

Della stessa portata è anche la nuova formulazione dell’art. 69 D. Lgs. n. 546/1992, che enuncia il principio secondo cui le sentenze emesse in senso favorevole al contribuente sono immediatamente esecutive, anche se soggette a impugnazione.

Quanto appena detto trova espressa conferma nella citata ordinanza n. 12847 del 22 aprile 2022, nella quale i giudici di legittimità hanno così statuito:

“(…) sebbene la norma preveda che il giudizio di ottemperanza presupponga che il ricorso si riferisca ad una sentenza passata in giudicato, la giurisprudenza di questa Corte ha, sul punto, precisato che l’art. 69, comma 1, d. lgs. n- 546/1992, che prevede l’immediata esecutività delle sentenze del Giudice tributario, ha natura immediatamente precettiva a prescindere dall’emanazione dei decreti ministeriali d’attuazione, e che quindi, anche secondo una pluralità di riferimenti normativi (D. Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9; D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68; D. L.gs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 18 e 19; art. 282 c.p.c., richiamato dal D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 1), le sentenze delle Commissioni tributarie concernenti atti impositivi sono immediatamente efficaci. (…)

Va, invero, osservato che la possibilità per il contribuente di potere accedere al giudizio di ottemperanza anche ai fini dell’attuazione della sentenza non ancora passata in giudicato, ma immediatamente precettiva, va configurata alla luce dell’interesse del contribuente di rendere effettiva la tutela che gli è stata riconosciuta dalla suddetta pronuncia, quindi trova specifica giustificazione nell’inerzia ovvero nel non corretto adeguamento dell’amministrazione finanziaria al precetto contenuto nella statuizione esecutiva”[18].

Pertanto, è chiaro che, ai sensi della nuova normativa, il giudizio di ottemperanza può essere promosso per chiedere l’esecuzione coattiva sia di una sentenza passata in giudicato sia di una sentenza ancora soggetta ad impugnazione ma favorevole al contribuente.

Sul punto, si è espressa la Suprema Corte con la recente sentenza n. 11908 del 12 aprile 2022, nella quale ha chiarito che:

“Per effetto delle modifiche introdotte dalla novella del 2015, entrambe le disposizioni ora richiamate (art. 68, comma 2 e art. 69, comma 5), inoltre, riconoscono al contribuente, nel caso di mancata esecuzione della sentenza, la possibilità di chiedere l’ottemperanza ai sensi dell’art.70, d.lgs. n. 546 del 1992 (art. 68, comma 2 e art. 69, comma 5).

Se ne deve desumere che il giudizio di ottemperanza è esperibile, oltre che nei confronti di sentenze passate in giudicato, ai sensi dell’art. 70, anche in relazione alle sentenze di cui agli artt. 68 e 69, d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 18 e 19, d.lgs. n. 472 del 1997 (che richiamano l’art. 68)”[19].

Inoltre, il citato D. Lgs. n. 156/2015 prevede la possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza anche per l’esecuzione provvisoria dei seguenti provvedimenti:

  • sentenza non definitiva di condanna al pagamento di somme, comprese le spese processuali, in favore del contribuente (a decorrere dal 1° giugno 2016);
     
  • sentenza non definitiva relativa ad operazioni catastali parzialmente o totalmente favorevoli al contribuente (a decorrere dal 1° giugno 2016);
     
  • la sentenza non definitiva relativa ad atti impositivi che comportano, ex art. 68, comma 2, il rimborso al contribuente del tributo e relativi interessi e sanzioni, corrisposti in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza a lui favorevole (a decorrere dal 1° giugno 2016);
     
  • ordinanza di liquidazione delle spese processuali in caso di rinuncia al ricorso, ex art. 44, comma 2, D. Lgs. n. 546/1992.Si intende evidenziare, come espressamente disposto dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21678 dell’8 ottobre 2020, che:

“(…) anche a fronte di comandi privi dei caratteri di puntualità e precisione (…) è comunque ammissibile il ricorso al giudice dell’ottemperanza (…); tale giudizio presenta, quindi, connotati del tutto diversi rispetto al corrispondente giudizio esecutivo civile, dal quale si differenzia, perché’ il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, quanto piuttosto quello di dare concreta attuazione a quel comando, anche se questo non contenga un precetto dotato dei caratteri propri del titolo esecutivo (Cass. n. 646 del 18/1/2012; Cass. n. 4126 del 1/3/2004; Cass. n. 20202 del 24/9/2010), compiendo gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della sentenza”[20].

La Suprema Corte si è espressa negli stessi termini anche con l’ordinanza n. 16569 del 20 giugno 2019, nella quale ha disposto che il giudizio di ottemperanza:

“è ammissibile anche in presenza di comandi privi dei caratteri di puntualità e precisione propri del titolo esecutivo in quanto scopo di tale giudizio non è di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione, come si verifica nel corrispondente giudizio esecutivo civile da cui si differenzia, ma di rendere effettivo quel comando, compiendo un’attività cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza ormai definitiva, che non è, invece, consentita nel giudizio esecutivo civile”[21].

 

L’articolo è un estratto dell’e-book “IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA – ART. 70 D.LGS. N. 546/1992″…⇓⇓⇓

Il giudizio di ottemperanza (Art. 70 D.lgs. n. 646/1992)

– con formulario –

giudizio di ottemperanzaA cura di: Maurizio Villani e Marta Zizzari
Formato: PDF
N. pagine: 59
Pubblicazione: Ottobre 2022

L’eBook illustra dettagliatamente l’origine e la disciplina del giudizio di ottemperanza e include un formulario dell’atto di messa in mora e del ricorso in ottemperanza, ovvero degli atti necessari ad ottenere l’esecuzione del giudicato nel processo tributario.

Dossier in PDF di 59 pagine a firma Maurizio Villani e Marta Zizzari. Ottobre 2022.

SCOPRI DI PIU’ >

 

NdR: Potrebbe interessarti anche…

La prova testimoniale nel processo tributario: evoluzione normativa e giurisprudenziale

Il difensore antistatario può esperire il giudizio di ottemperanza senza necessità di formale costituzione in mora?

Il giudicato tributario e il giudizio di ottemperanza

 

A cura di Avv. Maurizio Villani e Marta Zizzari

Sabato 29 ottobre 2022

***

NOTE

[1] GLENDI C., “Giudizio di ottemperanza (dir.trib.), in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. XV, Roma, 1999, pag. 16.

[2] Cass., Sezione Tributaria, ord. n. 12847 del 22 aprile 2022.

[3] M. VILLANI, G.DIRETTO, I. LAMORGESE, I. PANSARSI, A. RIZZELLI, A. VILLANI, “I gradi di giudizio nel nuovo processo tributario”, cit., pag. 185; V. GLENDI C., “Giudizio di ottemperanza (dir.trib.), cit., pag. 2.

[4] Commissione Tributaria Regionale Lazio (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per il Lazio), sez. XXVII, n. 98 del 28 marzo 2000 (“E’ inammissibile il ricorso diretto a ottenere il giudizio di ottemperanza di cui all’art. 70 D. Lgs. n. 546/1992 quando non sia stata preventivamente esperita, con esito negativo, l’esecuzione ordinaria nei confronti della Pubblica Amministrazione inadempiente”).

[5] Cass., Sezioni Unite, n.1593 del 1994.

[6] Cons. di Stato, Ad. Plen., n. 1 del 9 marzo 1973.

[7] Cass., Sezioni Unite, n. 1299 del 9 marzo 1981.

[8] M. C. PARLATO, “Contributo allo studio del giudizio di ottemperanza nel processo tributario”, cit., pagg. 87 – 89.

[9] Ibidem.

[10] Cass., Sezione Tributaria, n. 11908 del 12 aprile 2022.

[11] Cass., Sezione Tributaria, n. 23374 del 30 ottobre 2006.

[12] In tal senso C.T.P. di Parma (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Parma), n. 10 del 16 giugno 2004.

[13] In tal senso C.T.P. di  Bolzano (oggi denominata Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Bolzano),  n. 22 del 2 dicembre 2003.

[14] M. VILLANI, G. DIRETTO, I. LAMORGESE, I. PANSARDI, A. RIZZELLI, A. VILLANI , “I gradi di giudizio nel nuovo processo tributario”, cit., pagg. 200-201.

[15] Sul punto vedi paragrafo successivo.

[16] M. C. PARLATO, “Contributo allo studio del giudizio di ottemperanza nel processo tributario”, cit., pag. 71.

[17] A. GINEX, “ Manuale del Difensore Tributario”, Primiceri Editore, 2019, pag. 461.

[18] Cass., Sezione Tributaria, ord. n. 12847 del 22 aprile 2022.

[19] Cass. Sezione Tributaria n. 11908 del 12 aprile 2022.

[20] Cass., Sezione Tributaria, ord. n. 21678 dell’8 ottobre 2020.

[21] Cass., Sezione Tributaria, ord. n. 16569 del 20 giugno 2019.

 

A cura di Avv. Maurizio Villani e Dott.ssa Marta Zizzari

Sabato 29 ottobre 2022