Il diritto di interpello all’Amministrazione Finanziaria: tipologie

In corso di verifica non è possibile esercitare il diritto di interpello. Questo è il parere n. 35 del 14 ottobre 2005 reso dal Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive. Il parere reso ci offre l’opportunità per fare una breve carrellata degli istituti di maggiore appeal a disposizione del contribuente per interrogare l’Amministrazione finanziaria.

Con parere n. 35, deliberato il 14 ottobre 2005, il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, interpellato da una società di capitali in ordine alla deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse tra imprese residenti e imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori non appartenenti all’Unione Europea, aventi regimi fiscali privilegiati, ha ritento precluso il diritto di interpello, in quanto la competente Direzione regionale delle Entrate ha in corso una verifica fiscale per il periodo d’imposta interessato dalla fattispecie sopradescritta.

Il parere reso ci offre l’opportunità per fare una breve carrellata degli istituti di maggiore appeal a disposizione del contribuente per interrogare l’Amministrazione finanziaria.

L’INTERPELLO ANTIELUSIVO EX ART. 21 DELLA LEGGE N. 413/1991

 L’art. 21 della legge 30 dicembre 1991 n. 413 consente al contribuente di conoscere preventivamente il parere in merito ad alcune specifiche operazioni che potrebbero essere considerate elusive.

I casi oggetto del presente interpello sono i seguenti:

  • 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, relativamente al comportamento inopponibile alla A.F. riguardante atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, nell’ambito del quale siano utilizzate una o più operazioni di trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili; conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende o di complessi aziendali; cessioni di crediti; cessioni di eccedenze di imposta; operazioni di cui al D.Lgs. 30.12.1992, n. 544, ovvero fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo, scambi di azioni; operazioni da chiunque effettuate, incluse le valutazioni, aventi ad oggetto i beni ed i rapporti di cui alle plusvalenze da cessioni di partecipazioni ed altri titoli;
  • 37, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, secondo cui in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio, sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona;
  • 108, comma 2, del T.U. n. 917/1986, in ordine alla qualificazione delle spese sostenute dal contribuente tra quelle di pubblicità e di propaganda ovvero tra quelle di rappresentanza;
  • 110, comma 7-bis del T.U. n. 917/1986, secondo cui non sono ammesse in deduzione le spese e gli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni infragruppo intercorse tra imprese residenti e società domiciliate fiscalmente in Stati non appartenenti alla Comunità economica europea aventi regime fiscale privilegiato (cd. paradisi fiscali). Tale disposizione, peraltro, per effetto del successivo comma 7-ter, del citato art. 110, non trova applicazione qualora l’impresa residente fornisca la prova che la società estera svolga prevalentemente una attività commerciale effettiva ovvero che le operazioni poste in essere rispondano ad un effettivo interesse economico e che le stesse abbiano avuto concreta esecuzione;
  • 3, comma 3, lett.a), del D.Lgs. n. 446/1997, relativamente alla applicazione delle disposizioni ivi previste con riferimento ai conferimenti in danaro provenienti da soggetti non residenti, se controllati da soggetti residenti.

 

Il procedimento, come abbiamo già visto, rimane precluso sia nel caso in cui sia già intervenuto l’accertamento sia quando sia stata già avviata l’attività di controllo, con l’effettuazione di atti istruttori aventi rilevanza esterna.

La richiesta di parere, rivolta all’Agenzia delle Entrate, e spedita in plico raccomandato r.r., alla Direzione Regionale competente in relazione al domicilio fiscale del richiedente, deve contenere i dati identificativi del contribuente o del suo legale rappresentante e delle altre parti interessate, e la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante. La richiesta di parere deve essere corredata da una dettagliata esposizione del caso concreto, nonché della soluzione interpretativa prospettata.

La Direzione Regionale competente trasmette alla Direzione centrale la richiesta non oltre il quindicesimo giorno ( prorogabili sino a 30) dalla sua ricezione, unitamente al proprio parere.

Trascorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere senza che l’Agenzia delle Entrate si sia espressa, oppure in caso di parere negativo, il contribuente può rivolgersi al Comitato consultivo per ottenere il parere circa la applicazione delle norme antielusive.

Diversamente da quanto previsto per l’inerzia del Comitato Consultivo, non è previsto – in questo caso – che il silenzio possa assumere valore di silenzio-assenso.

Le modalità di presentazione ed il contenuto della richiesta al Comitato consultivo sono identiche a quelle viste prima.

 

L’ISTANZA PER LA DISAPPLICAZIONE DI NORME ANTIELUSIVE

 Il comma 8, dell’art. 37-bis, del D.P.R. n. 600/1973, introdotto dal D. Lgs. n. 358 dell’8 ottobre 1997, contiene una autonoma ipotesi di disapplicazione di talune norme specifiche, che, per finalità elusive, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario.

Il legislatore consente, quindi, la disapplicazione di tali disposizioni antielusive qualora il contribuente dimostri che gli effetti elusivi non potevano verificarsi nel caso di specie.

Possono formare oggetto di istanza :

  • l’indeducibilità ovvero il differimento della deducibilità di taluni componenti negativi di reddito;
  • il mancato riconoscimento di alcune detrazioni;
  • la mancata concessione di crediti d’imposta;
  • il mancato riconoscimento di specifiche posizioni soggettive ordinariamente ammesse.

L’istanza va spedita con raccomandata a/r all’ufficio finanziario del domicilio fiscale del contribuente, che provvede ad inoltrarla al Direttore regionale, unitamente al proprio parere, entro 30 giorni.

Se le motivazioni addotte dal contribuente sono plausibili, la Direzione regionale provvede a disporre la disapplicazione oggetto dell’istanza entro 90 giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’ufficio periferico.

Con riferimento a tali istanze si rileva che il documento di prassi del 2005 – n. 23/E del 16 maggio 2005 -, nel confermare le direttive impartite con circolare n. 99/E del 18 maggio 2000, ribadisce la necessità di acquisire il preventivo parere della Direzione centrale Normativa e contenzioso, per le questioni di maggiore complessità   e delicatezza e, in ogni caso, ai fini della concreta individuazione delle norme suscettibili in astratto di disapplicazione.

La predetta circolare prevede, altresì, che una copia delle decisioni adottate dai Direttori  regionali venga  tempestivamente  trasmessa alla Direzione Centrale.

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LA CONSULENZA GIURIDICA

 Con la citata circolare 18 maggio 2000, n. 99/E, l’allora Ministero delle Finanze ha istituito il servizio di consulenza giuridica – che non richiede la sussistenza delle obiettive condizioni di incertezza della norma – articolato su tre livelli, e ripartito in relazione alla diversa tipologia dei quesiti avanzati, nonché alla diversa rilevanza dei soggetti interessati:

  • ufficio locale territorialmente competente ( per ogni tipo di quesito per il quale sia sufficiente la consultazione della norma o per casi già risolti ufficialmente);
  • Direzioni regionali delle entrate ( che forniscono risposte a quelli ricevuti da amministrazioni od enti di rilevanza regionale o da imprese con ricavi annui superiori ai 50 miliardi di vecchie lire);
  • Direzione centrale ( cui si potranno rivolgere direttamente le amministrazioni pubbliche centrali, le associazioni sindacali e di categoria, i consigli nazionali degli ordini professionali e gli enti con interessi di rilevanza generale).

Le strutture interpellate rispondono entro un termine normalmente non superiore a novanta giorni dalla data di ricezione della richiesta. L’istanza deve contenere l’indicazione di tutti gli elementi di fatto nonché, possibilmente, delle norme o degli altri dati ritenuti rilevanti o applicabili al caso specifico, ipotizzando la soluzione ritenuta corretta.

 

L’INTERPELLO DELLO STATUTO DEL CONTRIBUENTE

statuto del contribuente e diritti dei contribuenti Il primo comma dell’art. 11 della legge n. 212/2000 consente a ciascun contribuente, di inoltrare per iscritto all’amministrazione finanziaria circostanziate e specifiche istanze d’interpello concernenti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta applicazione delle norme.

E’ operante il principio del silenzio assenso: infatti qualora la risposta non pervenga al contribuente entro 120 giorni dalla richiesta di parere, si intende che il Fisco concordi con l’interpretazione o il comportamento prospettato dal contribuente.

Le Direzioni regionali sono gli uffici presso i quali è gestito il servizio di risposta alle istanze di interpello ( in deroga a tale disposizione è stato previsto che i contribuenti di grandi dimensioni – qui da intendere come aziende con ricavi superiore a 500 miliardi di vecchie lire – presentano le istanze direttamente alla Direzione centrale normativa e contenzioso dell’Agenzia delle Entrate. A questa speciale disciplina devono conformarsi anche le amministrazioni centrali dello Stato e gli enti pubblici a rilevanza nazionale).

L’istanza può essere solo preventiva, cioè può essere inoltrata solo prima che il contribuente abbia posto in essere il comportamento ovvero prima che il contribuente abbia dato attuazione alla norma oggetto di interpello.

L’istanza di interpello deve contenere, a pena di inammissibilità :

  • i dati identificativi del contribuente ed eventualmente del suo rappresentante, specificando nome e cognome o ragione o denominazione sociale, domicilio fiscale e codice fiscale;
  • la descrizione, circostanziata e specifica, del caso concreto e personale da sottoporre all’attenzione, sul quale sussistono concrete condizioni di incertezza;
  • l’indicazione del domicilio del contribuente o dell’eventuale domiciliatario presso il quale devono essere effettuate le comunicazioni dell’Amministrazione finanziaria;
  • la sottoscrizione del contribuente o del suo legale rappresentante.

 

L’istanza deve contenere, altresì, l’esposizione, del comportamento e della soluzione interpretativa, sul piano giuridico, che si intende adottare.

La risposta, scritta e motivata, da parte dell’Agenzia delle Entrate, è notificata o comunicata al contribuente mediante il servizio postale a mezzo raccomandata RR. ( in alternativa, anche via e – mail ).

Qualora l’istanza sia presentata ad ufficio incompetente ( che deve provvedere a trasmetterla all’ufficio competente ), il termine dei 120 giorni decorre dalla data di ricezione dell’istanza da parte di quest’ultimo ufficio .

In ordine alla documentazione che l’amministrazione fiscale può richiedere al contribuente nel corso dell’iter di esame dell’istanza di interpello, è stato espressamente previsto che la richiesta di ulteriore documentazione possa essere fatta una sola volta, con relativa sospensione del termine ai fini della formazione del silenzio – assenso.

 

L’INTERPELLO CFC (CONTROLLED FOREIGN COMPANIES)

L’istituto permette ai soggetti residenti nel territorio nazionale, in possesso di partecipazioni di controllo o di collegamento in imprese estere residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, di richiedere la disapplicazione delle norme contenute negli artt. 167 e 168 del T.U. n. 917/1986.

Tale interpello, inoltre, può riguardare i soggetti interessati dalla participation exemption di cui all’art. 87, comma 1, lett. c), del T.U. n. 917/1986.

L’istanza del soggetto controllante/collegato va presentata presso la Direzione Centrale Normativa e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate, per il tramite della competente Direzione regionale.

I termini di risposta variano a secondo se l’interpellante operi o meno nei territori a regime fiscale privilegiato ( 120 o 180 giorni). In assenza di risposta vale il principio del silenzio assenso.

La circolare n. 18/E del 12 febbraio 2002 – al punto 3.8. – evidenziava che nel caso in cui un soggetto residente consegue il controllo di una partecipazione estera per la quale sia stato già ottenuto l’assenso dell’Agenzia alla disapplicazione, il nuovo controllante, per poter beneficiare del parere favorevole, dovrà notificare tale circostanza all’Agenzia delle Entrate, indicando gli estremi identificativi della controllata estera e del   soggetto residente che  aveva  precedentemente presentato l’istanza di interpello.

In tale circostanza, sulla base delle indicazioni offerte dalla circolare n. 23/E del 16 maggio 2005, qualora il nuovo controllante presenti tale documentazione presso la Direzione regionale, la stessa  avrà cura  di trasmetterla tempestivamente alla Direzione centrale.

Leggi anche: Guida pratica all’interpello: interpelli antielusivi, consulenza generale, CFC

L’INTERPELLO SUL CONSOLIDATO NAZIONALE

 In forza dell’art. 124 del T.U. n. 917/1986 è consentito nelle operazioni di fusione della società o ente controllante con società o enti non appartenente al consolidato di interpellare, attraverso l’esercizio dell’art. 11 della legge n. 212/2000, l’Amministrazione finanziaria per la continuazione del consolidato.

L’INTERPELLO SUL CONSOLIDATO MONDIALE

L’art. 132, comma 3, del T.U. n. 917/1986 permette alla società controllante di verificare la sussistenza dei requisiti per il valido esercizio dell’opzione, sempre attraverso l’interpello di cui all’art. 11 della citata legge n. 212/2000.

L’istanza di interpello deve contenere:

  • la qualificazione soggettiva del soggetto controllante all’esercizio dell’opzione ai sensi dell’art. 130, comma 2, del T.U. n. 917/1986;
  • la descrizione precisa della struttura societaria estera del gruppo, con l’indicazione di tutte le società controllate;
  • la denominazione, la sede sociale, l’attività svolta, l’ultimo bilancio disponibile di tutte le controllate non residenti nonché la quota di partecipazione agli utili riferita alla controllante e alle controllate, l’eventuale diversa durata dell’esercizio sociale e le ragioni che richiedono tale diversità;
  • la denominazione dei soggetti cui è stato attribuito l’incarico per la revisione dei bilanci e le conferme dell’avvenuta accettazione di tali incarichi;
  • l’elenco delle imposte relativamente alle quali verrà presumibilmente richiesto il credito di cui all’art. 165.

Inoltre, possono essere richieste ulteriori semplificazioni per la determinazione del reddito imponibile, fra le quali anche l’esclusione dalle società controllate di dimensioni non rilevanti residenti in uno Stato o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato di cui all’art. 167, comma 4, del T.U. citato.

IL RULING INTERNAZIONALE

 L’art. 8 del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito in legge n. 326 del 24 novembre 2003, ha disciplinato l’interpello “ estero” che consente alle imprese con attività internazionale di accedere ad una particolare procedura di ruling di standard internazionale.

In forza della norma sopra richiamata, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto – nella generalità dei casi 2004 – le imprese con attività internazionale possono negoziare e stipulare un accordo con l’Agenzia delle Entrate, con principale riferimento al regime dei prezzi di trasferimento, degli interessi, dei dividendi e delle royalties.

La richiesta di ruling va presentata al competente ufficio, di Milano o di Roma, dell’Agenzia delle Entrate.

L’accordo concluso vincola le parti per il periodo d’imposta nel corso del quale l’accordo è stipulato e per i due periodi d’imposta successivi.

Sulla base della normativa comunitaria, il Fisco italiano trasmette copia dell’accordo sottoscritto all’autorità fiscale competente degli Stati di residenza o di stabilimento delle imprese con i quali i contribuenti pongono in essere le relative operazioni.

La stipula dell’accordo inibirà all’Amministrazione finanziaria i poteri previsti dagli artt.32 e seguenti del D.P.R. n. 600/1973 per le questioni oggetto di ruling, restando salva la possibilità di esercizio dei poteri per questioni diverse da quelle oggetto dell’accordo.

Dalla generica ma al contempo ampia formulazione legislativa – per le questioni oggetto di interpello – sembrano inibiti sia i poteri di controllo che di accertamento.

Resta salva – come già anticipato – la possibilità per gli organi di verifica e per gli uffici di effettuare controlli e accertamenti per “ poste contabili” diverse ( di fatto il contribuente potrà essere oggetto, ad esempio, di una verifica generale, ma i verificatori non potranno controllare quella determinata questione già oggetto di accordo preliminare).

 

L’INTERPELLO SPECIALE PER GLI INVESTITORI NON RESIDENTI

 In considerazione dell’esigenza di favorire gli investimenti in Italia, è stato istituito un particolare servizio di interpello per i soggetti non residenti che intendono effettuare operazioni di investimento nell’ambito del territorio nazionale, allo scopo di fornire una privilegiata, qualificata e tempestiva consulenza giuridica, anche attraverso la prospettazione delle connesse agevolazioni fiscali previste dall’ordinamento.

Pertanto, i soggetti in questione, anche per il tramite di propri rappresentanti o incaricati, potranno indirizzare i suddetti quesiti direttamente alla Direzione   Centrale,   che provvederà a fornire tempestivamente i chiarimenti richiesti.

 

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Augusta, 14 gennaio 2006

Gianfranco Antico

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