Occorre escludere dal novero degli atti impugnabili il diniego di disapplicazione della disciplina in materia di società di comodo?
L‘interpello disapplicativo non può essere assimilato all'avviso di accertamento, siccome si basa sugli elementi offerti dal contribuente e, quindi, non può ritenersi immediatamente lesivo della sfera giuridica del contribuente?
La tassatività degli atti tributari impugnabili non impedisce al contribuente d’impugnarne altri?
In tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti[1], ove con gli stessi l’Amministrazione porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche, siccome è possibile un’interpretazione estensiva delle disposizioni in materia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Costituzione) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Costituzione).
Sussiste la libera facoltà del contribuente di impugnare il diniego dell’Ufficio in tema di interpello disapplicativo per le società di comodo.
Tale assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione.
Il caso all'esame della Cassazione: rigetto di istanza di interpello disapplicativo per le società di comodo
Una società di capitale ha presentato istanza di interpello, chiedendo la disapplicazione della disciplina in materia di società di comodo; la richiesta è stata però rigettata dal fisco.
La società ha impugnato tale diniego dinnanzi al giudice tributario di prima istanza, il quale ha dichiarato inammissibile il ricorso.
Il giudice del gravame ha accolto invece l’appello della società.
Ha proposto ricorso per Cassazione il fisco, lamentando la violazione dell’art. 19, d.lgs. n. 546/1992.
La pronuncia di Cassazione
Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno ribadito come il contribuente abbia piena facoltà [2]di impugnare il diniego di disapplicazione di norme antielusive (ex art. 37-bis, comma 8, del d.P.R. n. 600/1973) “atteso che lo stesso non è atto rientrante nelle tipologie elencate dall’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma provvedimento con cui l’Amministrazione porta a conoscenza del contribuente, pur senza efficacia vincolante per questi, il proprio convincimento in ordine ad un determinato rapporto tributario”.
Secondo i Giudici di Legittimità:
“la tassatività dell’elencazione degli atti di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 non esclude che il provvedimento di rigetto dell’istanza di interpello, avendo natura e contenuto di diniego definitivo della disapplicazione di norme antielu