Società di comodo e interpello: le conseguenze pratiche del cambio di natura da disapplicativo a probatorio

Come è cambiato nel tempo l’interpello in tema di società di comodo? Ricordiamo che, secondo la precedente versione normativa, in caso di interpello in tema di società di comodo, il Fisco poteva validamente rispondere anche oltre i termini previsti dalla legge

società di comodo e interpelloCome è noto, i soggetti che si qualificano come società di comodo, non operative o in perdita sistemica, possono disapplicare la relativa disciplina in presenza di alcune, tassative, cause di esclusione.

In mancanza di esse o di disapplicazione automatica, è possibile presentare apposita istanza di interpello, in base a quanto disposto dall’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212, che disciplina il c.d. interpello probatorio.

Tale interpello si sostanzia in una richiesta all’Amministrazione finanziaria tesa ad ottenere un parere circa la sussistenza delle situazioni oggettive che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi e del reddito minimi, da presentarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione, fatto salvo il termine dei successivi 120 giorni entro cui l’Agenzia delle Entrate fornisce la risposta o, in mancanza, vale la regola del silenzio-assenso. In tal senso, la stessa lettera della norma (secondo periodo del comma 3 dell’articolo 11 suddetto).

Tuttavia, in merito alla configurabilità del silenzio-assenso, la situazione non è così da sempre, ma solo da quando l’interpello che una volta era di tipo “disapplicativo” è divenuto “probatorio”.

Approfondisci qui: Società di comodo e situazioni oggettive di disapplicazione

 

Società di comodo e interpello: la posizione della Cassazione

In tal senso, la recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 20011 del 14 luglio 2021, che infatti ha ritenuto legittimo l’accertamento sulla società di comodo, anche se l’Agenzia delle entrate ha risposto tardivamente all’istanza di interpello (disapplicativo) presentata dalla contribuente.

È esclusa, infatti, continua la Cassazione, la formazione del silenzio assenso perché l’istituto si riferisce solo ai procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi a carattere autorizzatorio.

Ciò in quanto la norma allora vigente sull’interpello disapplicativo della disciplina delle società di comodo, faceva riferimento a un’istanza volta non già al rilascio di un provvedimento autorizzativo, bensì alla disapplicazione delle norme tributarie antielusive, comprese quelle della disciplina delle società non operative o in perdita sistematica.

In tema di interpelli, la disciplina allora vigente faceva salva la specificità dell’interpello disapplicativo di cui all’ articolo 37-bis del Dpr n. 600/1973, in quanto non si rinviene un’ipotesi di silenzio assenso in caso di mancata risposta dell’amministrazione nel termine previsto dall’articolo 1 del Dm n. 259/1998, a differenza di quanto invece era previsto in tema di interpello ordinario dall’articolo 11 dello statuto del contribuente.

L’articolo 11, comma 6, allora vigente, faceva infatti salvo quanto previsto dall’articolo 21 della legge n. 413/1991, relativo all’interpello rivolto all’amministrazione finanziaria da parte dei contribuenti, nel caso di richiesta di parere in ordine all’applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 37, comma terzo, e 37-bis del Dpr n. 600/1973.

 

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A cura di Danilo Sciuto

Mercoledì 15 Settembre 2021