Contabilizzazione della rivalutazione dei beni e rilevazione nel bilancio d’esercizio

di Annamaria Bettagno Giancarlo Modolo

Pubblicato il 14 aprile 2021

Analisi dei metodi di rappresentazione della rivalutazione dei beni nel rispetto del valore netto contabile da ripartire lungo la vita utile dell’immobilizzazione. In questo articolo illustriamo, con tanti esempi pratici, le scritture contabili post rivalutazione

La contabilizzazione della rivalutazione dei beni: aspetti generali

contabilizzazione rivalutazione beni L’opportunità di procedere alla rivalutazione dei beni delle imprese, disciplinata dall’art. 110, commi da 1 a 7, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, consente la possibilità di accrescere il patrimonio netto e, nel medesimo tempo, di fare fronte a eventuali perdite che risultano già maturate o in corso di formazione, anche quale conseguenza della pandemia.

Per effetto della rivalutazione, che riguarda:

  • i beni materiali e immateriali iscritti in bilancio al 31 dicembre 2019, con esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa;
     
  • le partecipazioni in società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, non iscritte nell’attivo circolante;

sussiste la possibilità per l’impresa di contabilizzare nel rispetto dei principi contabili nazionali n. 16-Immobilizzazioni materiali e n. 28-Patrimonio netto:

  • il maggior valore dei beni rivalutati nell’attivo dello stato patrimoniale a fronte dell’iscrizione, in contropartita, del corrispondente saldo in una voce di patrimonio netto;
     
  • il saldo attivo da rivalutazione al capitale o accantonato in una speciale riserva;

mentre il debito inerente alle imposte sostitutive, che devono essere corrisposte in un massimo di tre rate di pari importo, deve necessariamente essere iscritto e valutato, a norma del principio contabile Oic n. 19, anche con il criterio dell’attualizzazione se l’effetto della medesima esplica effetti di tipo rilevante, nel qual caso la rilevazione deve avvenire nella voce di patrimonio netto in cui sono state imputate le rivalutazioni eseguite.

In ogni caso, è opportuno porre in risalto che l’entità massima della rivalutazione deve essere individuata nei valori effettivamente attribuibili ai beni con riferimento:
  • alla loro consistenza;
  • alla loro capacità produttiva;
  • all’effettiva possibilità economica di utilizzazione nell’impresa;
  • ai valori correnti e alle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri.

Ne deriva, di conseguenza, che ai fini dell’individuazione del valore costituente il limite massimo alla rivalutazione, può risultare utilizzato il criterio sia del valore d’uso, sia del valore di mercato.

Nell’ipotesi dei beni ammortizzabili materiali e immateriali, l’impresa ha la possibilità di eseguire la rivalutazione adottando tre distinte modalità:
  1. rivalutazione del costo storico (valore lordo) e del relativo fondo ammortamento;
  2. rivalutazione del solo costo storico (valore lordo);
  3. riduzione del fondo ammortamento;

tenendo in considerazione che:

  • l’applicazione di ognuno di tali metodi deve necessariamente determinare l’iscrizione in bilancio del medesimo valore netto contabile, che deve risultare ripartito lungo la vita utile dell’immobilizzazione, valutando, ovviamente, le disposizioni dei principi contabili nazionali di riferimento che possono espressamente prevedere l’aggiornamento della stima della medesima nelle situazioni in cui si concretizza un mutamento delle condizioni originarie di stima;
     
  • nel bilancio dell’esercizio in cui viene eseguita la rivalutazione, gli ammortamenti devono essere determinati in relazione ai valori non rivalutati, in quanto l’operazione in argomento deve essere ritenuta successiva e, quindi, le quote di ammortamento di tali maggiori valori deve risultare eseguito a partire dall’esercizio seguente alla loro iscrizione;
     
  • nel documento interpretativo n. 7 della Fondazione Oic del 31 marzo 2021, viene specificamente affermato che “in ogni caso l’applicazione di ognuno di questi metodi porta all’iscrizione in bilancio dello stesso valore netto contabile che va poi ripartito lungo la vita utile dell’immobilizzazione.

 

Sull'argomento segnaliamo altri interventi tra cui:

La rivalutazione generale dei beni d’impresa

Aspetti contabili della rivalutazione dei beni d’impresa

La rivalutazione dei beni d’impresa in bilancio al 31 dicembre 2019

La rivalutazione dei beni d’impresa prevista dal D.L. Agosto

 

Rivalutazione dei beni riconosciuta o meno ai fini fiscali

Il comma 4 dell’art. 110 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, stabilisce che il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere riconosciuto ai fini:

  • delle imposte sui redditi;
  • dell'Irap-imposta regionale sulle attività produttive;

con decorrenza dall'esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, mediante il versamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 3% per i beni ammortizzabili e non ammortizzabili.

Per la predetta finalità, l’impresa è tenuta a corrispondere l’imposta sostitutiva per ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio, tenendo presente che la medesima deve risultare imputata a riduzione della voce di patrimonio netto in cui sono state imputate le rivalutazioni eseguite.

Ne deriva, conseguentemente, che:

  • i maggiori valori iscritti nell’attivo vengono riconosciuti anche ai fini fiscali e, quindi, l’impresa non deve iscrivere imposte differite nel bilancio d’esercizio in cui viene eseguita la rivalutazione;
     
  • nei bilanci seguenti, l’impresa deve procedere a rilevare la fiscalità differita ai sensi del principio contabile nazionale n. 25, se, ovviamente, si generano differenze temporanee (es.: nell’ipotesi in cui la “vita utile stimata” determina l’imputazione di una quota di ammortamento nel bilancio d’esercizio di entità eccedente la quota fiscalmente deducibile nel periodo d’imposta di riferimento in relazione alle norme fiscali che si rendono applicabili;
     
  • il saldo attivo della rivalutazione, ai fini fiscali, può anche essere affrancato in tutto o in parte, tramite la corresponsione una specifica imposta sostitutiva, in quanto, in assenza dell’affrancamento si è in presenza di una “riserva in sospensione di imposta” che sarà soggetta a tassazione solamente in caso di distribuzione della stessa ai soci (le “imposte differite” inerenti alla riserva in argomento possono non essere contabilizzate se sussistono ridotte probabilità di procedere alla distribuzione ai soci).
Nell’ipotesi, invece, in cui i maggiori valori iscritti nell’attivo non siano riconosciuti ai fini fiscali, la rivalutazione dei beni consente di individuare l’insorgenza di una particolare differenza temporanea tra il valore contabile dei beni rivalutati e il loro valore.

Ne deriva, pertanto, che:

  • alla data della rivalutazione dei beni, l’impresa deve necessariamente procedere all’iscrizione delle imposte differite ai fini Ires e Irap, direttamente a riduzione della riserva iscritta nel patrimonio netto;
     
  • nei periodi d’imposta successivi, le imposte differite, devono risultare riversate a conto economico nell’entità corrispondente al realizzo del maggior valore (attraverso ammortamento, cessione del bene, successiva riduzione per perdita o svalutazione del valore).

 

Esemplificazione applicativa dei diversi metodi di imputazione della rivalutazione

Da quanto accennato, si deduce che la rivalutazione può risultare posta in essere, oltre che ai fini fiscali, anche solamente in relazione al valore civilistico del bene, nel qual caso non sussiste la