L'accertamento analitico-induttivo non è sempre applicabile

Analizziamo i casi in cui non è possibile da parte dell’Agenzia delle entrate utilizzare lo strumento dell’accertamento analitico-induttivo; tale strumento è uno degli attuali cavalli di battaglia in fase di controllo ma l’articolo contiene spunti utilissimi per la difesa del contribuente

Tipologie di accertamento tributario

L’accertamento tributario rientra nel “procedimento amministrativo” disciplinato dal D.P.R. n. 600/1973, mediante il quale l’Agenzia delle Entrate determina l’imponibile e l’imposta del contribuente.

E’ possibile distinguere in conseguenza di tale previsione legislativa, varie tipologie di atti amministrativi o accertamenti che si differenziano in relazione alle modalità con cui vengono effettuati:

 

Accertamento analitico

(D.P.R. 600/73 art. 38 “rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche”, comma 1, 2 e 3) presuppone fonti di reddito non dichiarate, ovvero insussistenza o non spettanza di deduzioni dell’imponibile o detrazioni di imposta.

L’ufficio determina il reddito imponibile individuando le fonti di reddito del contribuente e le singole categorie di reddito;

 

Accertamento sintetico 

accertamento sintetico(D.P.R. 600/73 art. 38“rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche”, comma 4) ricalcola il reddito imponibile complessivo sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento e’ avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile (indici di capacità contributiva).

La determinazione sintetica puo’ essere altresi’ fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacita’ contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicita’ biennale.

In tale caso e’ fatta salva per il contribuente la prova contraria.

La ricostruzione del reddito e’ ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato.

 

Accertamento analitico-contabile

(D.P.R. 600/73 art. 39 “redditi determinati in base alle scritture contabili”, comma 1, lettera a,b,c) è utilizzato per rettificare il reddito d’impresa dichiarato.

Sulla base della contabilità, che l’Amministrazione considera attendibile, si procede alla rettifica delle singole componenti del reddito per la determinazione dell’imponibile;

 

Accertamento analitico-induttivo

(D.P.R. 600/73 art. 39 “redditi determinati in base alle scritture contabili”, comma 1, lettera d) che rettifica le singole componenti del reddito di impresa sulla base di

  1. presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti (presunzioni qualificate) ;

  2. gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta;

  3. studi di settore.

 

In questo caso, evidentemente, le scritture contabili sono utilizzate soltanto parzialmente, come avviene nel caso del c.d. tovagliometro, per cui partendo dal numero complessivo di tovaglioli consumati in un anno da un ristorante o da una pizzeria e` possibile ricostruire il volume d’affari del contribuente.

 

 

Accertamento induttivo-extracontabile

(D.P.R. 600/73 art. 39 “redditi determinati in base alle scritture contabili”, comma 2) adottato per l’accertamento del reddito d’impresa, quando la contabilità è considerata inattendibile nel suo complesso1.

Ricorre in alcune circostanze tassative

  • quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione;

  • c) quando dal verbale di ispezione redatto ai sensi dell’art. 33 risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all’ispezione una o piu’ delle scritture contabili prescritte dall’art. 14 ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore;

  • d) quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ai sensi del precedente comma ovvero le irregolarita’ formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono cosi’ gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilita’ sistematica. Le scritture ausiliarie di magazzino non si considerano irregolari se gli errori e le omissioni sono contenuti entro i normali limiti di tolleranza delle quantita’ annotate nel carico o nello scarico e dei costi specifici imputati nelle schede di lavorazione ai sensi della lettera d) del primo comma dell’art. 14 del presente decreto;

  • d-bis) quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numeri 3) e 4), del presente decreto o dell’articolo 51, secondo comma, numeri 3) e 4), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

  • d-ter) in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilita’ degli studi di settore non sussistenti, nonche’ di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati

 

In tale ipotesi, l’accertamento induttivo dell’Ufficio può fondarsi anche su presunzioni semplici non qualificate ovvero sprovviste dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, nonchè prescindere totalmente dalle scritture contabili stesse, che, proprio per la loro inattendibilità, non sono utilizzabili ai fini “ricostruttivi” della posizione fiscale.

La scelta del tipo di accertamento da effettuare, in sintesi, trova il suo fondamento nei comportamenti adottati dal contribuente: l’Amministrazione finanziaria ha un’ampia facoltà di scelta del modus operandi, che oscilla in un range che può graduarsi, a seconda dei casi, dall’accertamento analitico a quello induttivo.

 

 

 

Accertamento analitico induttivo: la posizione della giurisprudenza

accertamento induttivo basato sulle percentuali di ricaricoL’accertamento analitico-induttivo previsto dall’articolo 39, comma 1, lettera d), del Dpr 600/1973 riguarda i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili cui viene contestata un’evasione fiscale pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette.

Laddove vi siano incompletezze, falsita’ o inesattezze della dichiarazione dei redditi, riscontrate tramite ispezione delle scritture contabili o verifiche ovvero tramite il controllo della esattezza, veridicita’ e completezza delle registrazioni contabili 2 e consente all’ Amministrazione finanziaria di effettuare un accertamento.

La peculiarità di questa tipologia di accertamento, non direttamente rivolta alla rettifica di singole poste dichiarate dal contribuente, consiste nel fatto che la prova del comportamento scorretto adottato dal contribuente è ricavabile anche sulla base di presunzioni semplici ma qualificate, dotate dei requisiti di:

  1. gravità

  2. precisione

  3. concordanza

 

 

La presunzione semplice 

La presunzione semplice utilizzabile nel procedimento tributario altro non è che la figura disciplinata dall’art. 2729 codice civile3, il quale prevede che:

  • Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti.

  • Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni.

 

E’ pacifico in dottrina che la presunzione semplice sia una prova, e che su di essa possa fondarsi l’accertamento.

E’ necessario che l’Agenzia delle Entrate giunga al fatto da provare partendo da un fatto “noto”4, per desumere da esso attraverso una presunzione il fatto “ignoto” dell’evasione fiscale 5.

 

Le presunzioni devono essere

  1. gravi, qualora il grado e l’intensità della probabilità di trarre conclusioni dagli elementi presuntivi sia talmente elevato da rendere verosimili le conseguenze derivanti dal fatto noto;

  2. precise, se il fatto noto risulta indiscutibile e certo nella sua oggettività;

  3. concordanti, qualora gli indizi si muovono nella stessa direzione

 

Il ragionamento su cui si fonda un accertamento di questo tipo, non deve essere arbitrario o basato su semplici indizi o sospetti: bisogna valutare in modo globale tutti gli elementi certi.

Questo modo di determinare un maggiore reddito (e quindi più imposte) in via presuntiva, è largamente utilizzato dagli uffici.

L’Agenzia delle entrate può modificare l’imponibile sulla base delle proprie ipotesi in vari modi:

  • con le percentuali di ricarico;

  • con un controllo del magazzino;

  • sulla base del comportamento anti-economico dell’imprenditore;

  • ipotizzando una falsa fatturazione. 

 

L’Amministrazione finanziaria, in particolare, nel ricostruire i ricavi utilizza, sovente, la metodologia indiretta fondata sull’applicazione delle percentuali di ricarico al costo del venduto rilevato dalla contabilita aziendale, avvalendosi quindi, a tal fine del raffronto tra i prezzi di acquisto e di vendita desunti dalla documentazione contabile.

In tale tipo di controllo frequentemente si rilevano i prezzi correnti per poter determinare la percentuale media di ricarico e poi desumere i ricavi indirettamente accertabili sulla base del costo del venduto dell’anno pregresso oggetto di controllo.

La Corte di Cassazione, sez. trib. con sentenza n. 20132 del 20 giugno 2016, dep. il 7 ottobre2016 ha esaminato il caso di un accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate per il quale era stato effettuato l’accesso presso la sede del contribuente per la rilevazione dei prezzi. In dettaglio, erano stati rilevati i prezzi correnti nell’annualità di controllo, il 2007, mentre l’anno relativo all’accertamento era il 2004.

La ricostruzione era riconducibile ad un accertamento analitico-induttivo o misto, perche´ non vi erano i presupposti per poter ritenere totalmente inattendibile la contabilità.

La Cassazione ha stabilito che i giudici di merito avevano correttamente deciso l’annullamento dell’atto impositivo, atteso che con esso l’Ufficio aveva determinato la pretesa erariale prescindendo sostanzialmente dalla contabilita` aziendale del 2004; l’Amministrazione finanziaria, infatti, si era avvalsa per determinare la percentuale media di ricarico, dei prezzi del 2007, anno di controllo fiscale, piuttosto che di quelli del 2004, periodo d’imposta accertato e per il quale erano disponibili i dati.

Non essendo in presenza dei presupposti per procedere ad un accertamento induttivo puro, che avrebbe consentito di prescindere integralmente dalla contabilita` del contribuente, l’Ufficio a parere degli ermellini, avrebbe dovuto integrare o completare i dati contabili del contribuente relativi al periodo di imposta 2004, per determinare il maggior reddito e non avvalersi dei dati di un’altra annualità differente(2007) legittimati soltanto nel caso di indisponibilità.

Sulla stessa linea, la Corte di Cassazione, sez. trib. con altra sentenza n. 1119 del 5 dicembre 2016, dep. il 18 gennaio 2017, ha ribadito che nell’ambito dell’accertamento analitico-induttivo di cui all’art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600/1973, il principio secondo il quale l’Amministrazione finanziaria puo` determinare induttivamente il reddito del contribuente anche sulla base di presunzioni semplici, purche´ gravi, precise e concordanti.

Ne consegue che e`illegittimo l’accertamento analitico-induttivo fondato su fatture prive di precise indicazioni circa il prezzo dei macchinari venduti ed il costo della relativa manodopera, in quanto trattasi di documentazione di non univoca interpretazione.

Nello specifico, il recupero di imposta era fondato su fatture incomplete, emesse dalla societa` accertata, in quanto carenti dei precisi dati sul prezzo dei macchinari ceduti e della relativa manodopera, per le quali il contribuente non aveva fornito, al riguardo, le informazioni tecniche richieste.

I giudici di legittimità ripercorrono nella sentenza le affermazioni dei giudici di secondo grado, che affermano che il criterio di calcolo utilizzato dall’Ufficio per risalire al costo della manodopera puo` essere utile per individuare il ricavo della vendita dei servizi, ma non anche per determinare il costo della manodopera dei prodotti venduti, il cui valore e` determinato sulla base dei relativi fattori produttivi e dal mercato.

L’accertamento induttivo, conclude la Corte in linea con precedenti pronunce6, seppur legittimo in presenza di contabilità regolare, non deve essere fondato su elementi di natura valutativa, ma su eventi certi e non controversi che da un fatto notorio derivano un fatto ignoto.

Il processo logico applicato in concreto, che determina il fatto ignoto, non e` di per sé sindacabile in sede di legittimità ove sorretto da motivazione adeguata e non contraddittoria. La percentuale di incidenza sui ricavi del costo della manodopera non costituisce, però, un parametro fisso ed immutabile nel tempo, poiché l’ammontare dei ricavi ha natura variabile e dipende anche da molteplici altri fattori, cosı` come le percentuali di ricarico.

L’Amministrazione finanziaria accertando ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. 600/73 deve, comunque, adeguatamente dimostrare e motivare l’esistenza dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, fornendo prova di elementi e circostanze a suo avviso rivelatori dell’esistenza di un maggiore capacità reddituale ed impositiva.

 

Per ulteriori approfondimenti sulla materia, puoi leggere:
“Accertamenti fiscali ai parrucchieri”
“La valutazione equitativa non è ammessa nel giudizio tributario”

 

 

NOTE

1 In ambito Iva corrisponde all’articolo 55 del D.P.R. n. 633/1972.

2 Sulla scorta di fatture, atti, documenti nonche’ di notizie raccolte dall’ufficio.

3 Tale articolo si trova nel LIBRO VI (Della tutela dei diritti), TITOLO II (Delle prove), CAPO IV (Delle presunzioni).

4 Un fatto è noto se conosciuto e certo mentre è notorio se rientra nella normale conoscenza dell’uomo medio in un determinato luogo e periodo di tempo.

5 E’ diffusamente affermato in dottrina e giurisprudenza il divieto di presunzioni a catena (praesumptum de praesumpto), cioè di una inferenza che parte da un fatto accertato, a sua volta, per via di presunzione semplice. Infatti combinando due probabilità il fatto presunto finale non sarebbe ragionevolmente certo almeno in termini di elevata probabilità.

6 Corte di Cassazione sentenze n. 13468/2015 e n. 15038/2014.

 

27 marzo 2017

Cosimo Turrisi