Tovagliometro: valido metodo di accertamento analitico induttivo (e non solo analitico)

La constatazione di taluni dati reali quali indicatori delle dimensioni dell’attività svolta, può confutare quanto risultante dalle scritture contabili. In particolare, per un ristorante l’utilizzo di tovaglioli è un elemento di sicura affidabilità, in quanto centrale per tale tipologia di attività. Questa è l’interpretazione prevalente della Corte di Cassazione.

Le valutazioni della Cassazione su taluni indicatori dell’attività svolta: il tovagliometro

tovagliometro accertamento analitico induttivoPanorama giurisprudenziale molto corposo, quello di merito relativo agli elementi reali che possono contrastare le risultanze contabili.

Le commissioni tributarie e la Cassazione si sono occupate di “mineralometro” o “bottigliometro” (cfr Cassazione, n. 25129/2016 e n. 17408/2010), in cui il consumo di acqua minerale nei ristoranti era posta a base della ricostruzione; di “farinometro” (cfr Cassazione, n. 15580/2011), che aveva riguardo al consumo di farina del ristoratore; di “lenzuolometro” (cfr Cassazione n. 30402/2011), che aveva ad oggetto l’acquisto di biancheria dell’albergatore;  ma uno dei più noti è anche il c.d. tovagliometro, in riferimento al quale, da ultimo, è intervenuta recentemente la Corte di Cassazione.

 

Il caso in esame

Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate notificava a un ristorante una ripresa fiscale, motivata utilizzando il parametro del “costo medio di un pasto tipo”, depurato dell’Iva al 10%, nonché le risultanze di un’indagine fiscale, da cui erano emerse violazioni formali e sostanziali rinvenibili nelle ricevute, e i dati forniti dallo stesso contribuente (numero dei coperti dichiarati), raffrontati a quattro indicatori (tovaglioli lavati, caffè, acqua e vino consumati nell’anno).

L’imprenditore a sua difesa aveva eccepito con l’autoconsumo dei pasti asseritamente somministrati ai dipendenti.

Numerosa giurisprudenza passata (Cassazione nn. 8822/2019, 20060/2014, 13068/2011 nonché, per l’analogo rilievo presuntivo anche delle materie prime utilizzate per la preparazione di ciascun pasto, n. 51/1999) ha affermato che:

“costituisce un dato assolutamente normale quello secondo cui per ciascun pasto ogni cliente adoperi un solo tovagliolo e rappresentando, quindi, il numero di questi un fatto noto idoneo, anche di per sé solo, a lasciare presumere il numero dei pasti effettivamente consumati, pur dovendosi ragionevolmente sottrarre dal totale una certa percentuale di tovaglioli normalmente utilizzati per altri scopi, quali i pasti dei dipendenti, l’uso da parte dei camerieri e le evenienze più varie per le quali ciascun cliente può essere indotto ad utilizzare più tovaglioli”.

Le presunzioni non devono essere necessariamente plurime, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave (cfr Cassazione nn. 33604/2019, 7025/2018 e 30803/2017).

L’utilizzo di tovaglioli in un ristorante, in quanto centrale per tale tipologia di attività, costituisce dunque un elemento di sicura affidabilità.

Tutti i criteri emersi in giurisprudenza sono stati avallati proprio poiché si fondano su elementi incontrovertibilmente alla base delle diverse attività esercitate: prescindere da questi avrebbe significato generare un contrasto insanabile con il principio di ragionevolezza, che è alla base del nostro ordinamento giuridico.

 

Fonte: Corte di Cassazione – Ordinanza 11593 del 4 maggio 2021

 

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A cura di Danilo Sciuto

21/6/2021