La Corte di Cassazione ha legittimato la ricostruzione dei ricavi operata nei confronti di un ristorante sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati: si tratta della tecnica del cosiddetto “tovagliometro” sempre più utilizzata nelle verifiche fiscali nei confronti delle attività del settore ristorazione.
In questo pratico approfondimento affrontiamo anche le altre modalità utilizzate dall’Agenzia delle entrate quali il bottigliometro, il consumo di vino, delle materie prime, il personale in nero…
Cassazione: la Sentenza n. 8822/2019 e il “tovagliometro”
Con la sentenza n. 8822 del 29 marzo 2019, la Corte di Cassazione, dopo aver osservato che l’accertamento con metodo analitico induttivo, con il quale l’Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, è consentito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, in quanto la disposizione presuppone scritture regolarmente tenute, che tuttavia appaiano contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e della fedeltà della contabilità esaminata, sicché essa possa essere considerata nel suo complesso inattendibile (cfr. Cass. n. 20857/07; n. 26341/07; n. 5731/12)
Il caso in esame e il cd. tovagliometro nella sentenza n. 8822/2019
Nel caso di specie, si evince che i rilievi mossi alla contribuente consistevano, da un lato, nell’esistenza “di un esiguo reddito d’impresa pari ad 11.907,00 Euro a fronte di ricavi dichiarati per 441.057,00 Euro” e, dall’altro lato, nel riscontro “di omesse registrazioni di corrispettivi per i mesi di giugno, luglio ed agosto di quell’anno d’imposta, in correlazione con i calcoli desunti da dati certi quali le fatture incrociate per il lavaggio del notevole numero di tovaglioli utilizzati”.
Per la Corte:
“la complessiva inattendibilità della contabilità aziendale, desumibile dai rilievi suesposti, era pertanto certamente idonea a legittimare l’accertamento induttivo, correttamente espletato dall’Ufficio sulla base dei criteri già approvati da questa Corte in occasione di altre pronunce (Cass. n. 8643 del 06/04/2007; n. 16048 del 29/7/2005 e n. 9884 dell’8/7/2002): in particolare quello della determinazione induttiva dei ricavi imputabili ad esercenti attività di ristorazione mediante la quantificazione dei tovaglioli lavati, desunto dalle fatture emesse dalla lavanderia (c.d. tovagliometro)“.
Continua:
“Detto criterio si rivela invero il più valido per la ricostruzione indiretta dei ricavi, che non sia disgiunta da un attento esame dell’attività esercitata e dei dati contabili dichiarati, e comunque incentrata su presunzioni dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Le fatture emesse da parte della lavanderia documentano infatti in modo puntuale il numero minimo dei coperti serviti, ovvero dei pasti consumati nell’anno d’imposta”.
Infatti, la Corte:
“ha costantemente affermato (cfr. Cass. n. 9884/2002; n. 16048/2005; n. 20060/2014; n. 25129/2016) che in tema di accertamento presuntivo del reddito, ai sensi del D.