Il dopo sentenza Italgomme

Con la sentenza Italgomme, la Corte Edu, rilevato il carattere sistemico della violazione dell’art. 8 CEDU, in materia di autorizzazioni necessarie per accedere ai locali adibiti ad attività commerciali e professionali, aveva ritenuto opportuno dare indicazioni allo Stato italiano su come intervenire per evitare il protrarsi delle violazioni. Gli interventi legislativi, sia quelli proposti che, in ultimo quelli attuati, appaiono insufficienti e non soddisfano quanto richiesto dalla Corte.

La sentenza Italgomme e le indicazioni allo Stato italiano

sentenza italgommeCon la sentenza 6 febbraio 2025, Italgomme Pneumatici vs Italia, n. 36617/18, meglio nota come la sentenza Italgomme, la Corte EDU era stata chiamata ad esaminare la normativa italiana, in tema di autorizzazioni necessarie per accedere ai locali adibiti ad attività commerciali e professionali.

In sentenza, la Corte constata la violazione dell’articolo 8 come avente un carattere sistemico, dal contenuto del diritto interno pertinente, come interpretato e applicato dai giudici nazionali; pertanto ha ritenuto opportuno fornire alcune indicazioni allo Stato italiano su come evitare violazioni di questo tipo in futuro.

In primo luogo, il quadro giuridico interno, secondo la Corte, dovrebbe indicare chiaramente sia le circostanze che le condizioni in cui i verificatori sono autorizzati ad accedere ai locali e a effettuare verifiche in loco e i controlli fiscali sui locali commerciali e sui locali adibiti ad attività professionali

Poiché i controlli e le verifiche possono andare oltre la mera verifica della contabilità obbligatoria, la Corte ritiene che dovrebbero essere stabilite garanzie per evitare l’accesso indiscriminato o almeno la conservazione e l’uso di documenti e oggetti non connessi con l’obiettivo della misura in questione.

Il contribuente, al più tardi al momento dell’avvio della verifica, deve avere il diritto di essere informato dei motivi che giustificano la verifica e della sua portata, del suo diritto di essere assistito da un professionista e delle conseguenze del rifiuto di autorizzare la verifica.

In secondo luogo, il quadro giuridico interno dovrebbe chiaramente prevedere un controllo giurisdizionale effettivo del rispetto dei criteri e delle restrizioni riguardanti le condizioni che giustificano l’accesso e la sua portata.

Sul punto occorre tenere presente che nella sentenza Italgomme la Corte ritiene che l’esistenza e la disponibilità di mezzi di impugnazione non debbano essere subordinate al fatto che una misura abbia portato all’emissione di un avviso di accertamento, né dovrebbero essere disponibili solo una volta concluso il procedimento di accertamento.

La Corte EDU ritiene infatti che qualora in sede di controllo non vi siano azioni o comportamenti conformi alla legge dovrebbe essere disponibile una qualche forma di controllo intermedio e vincolante semplificato prima che la verifica sia completata.

Le risposte dello Stato italiano

Il disegno di Legge 1376

Presentato in Senato all’indomani della pubblicazione della sentenza Italgomme, il disegno di Legge 1376, purtroppo, non centrava l’obbiettivo.

Era previsto infatti un intervento sull’ art. 52, DPR 633/1972 nella parte in cui è già prevista l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica per l’accesso ai locali che siano adibiti anche ad abitazione, o destinati solo ad abitazione, nonché per le perquisizioni personali e apertura coattiva di pieghi, prevedendo che detta autorizzazione fosse motivata in ragione delle risultanze acquisite allo stato della verifica tributaria condotta dagli uffici dell’imposta sul valore aggiunto.

In primo luogo, la Corte nelle sue indicazioni aveva chiesto di intervenire sulle autorizzazioni per accedere ai locali adibiti ad attività commerciali e professionali; pertanto, l’intervento legislativo appariva decisamente fuori contesto rispetto a quanto chiesto dalla Corte.

Criticabile appariva poi la formulazione in ordine alla motivazione, non in linea con le indicazioni della Corte, che non imponeva alcun obbligo circa la chiarezza e puntualità delle motivazioni sull’accesso, il che avrebbe prestato il fianco a formule di rito volte ad eludere l’obbligo.

Il disegno di Legge prevedeva poi l’introduzione di un nuovo articolo nel DPR 600, il 52 bis, rubricato “Tutela giurisdizionale in materia di accessi domiciliari e acquisizioni documentali”.

Pensato in coerenza con le modifiche all’art. 52 cit., anche questa volta non ci si occupava degli accessi ai locali dove si svolge l’attività, eludendo così ancora le richieste della Corte Edu.

In ogni caso, sebbene il contribuente potesse adire la Corte di giustizia tributaria di secondo grado per chiedere l’annullamento dell’autorizzazione rilasciata dall’autorità giudiziaria competente, il giudice avrebbe potuto dichiarare l’inutilizzabilità della documentazione, non la cessazione dell’attività o la distruzione del materiale, che sebbene inutilizzabile, rimaneva comunque acquisito.

L’art. 13 bis, introdotto in conv. al D.L 84/2025

Preso atto delle critiche al disegno di Legge 1376, il 15 luglio 2025 la Commissione Finanze della Camera dei Deputati ha introdotto un emendamento in sede di conversione al D.L. 84/2025 inserendo l’art. 13 bis che modifica l’articolo 12 dello Statuto del contribuente.

L’intervento ha il dichiarato intento di adeguare la normativa alle indicazioni della Corte Edu espresse nella sentenza Italgomme.

La norma, in vigore dal 2 agosto 2025 si veda la L. 108/2025, inserita nell’articolo 12, comma 1, L. 212/2000 dopo il primo periodo, prevede che negli atti di autorizzazione e nei processi verbali devono essere espressamente e adeguatamente indicate e motivate le circostanze e le condizioni che hanno giustificato l’accesso.

Per espressa previsione normativa, la disposizione introdotta si applica con riferimento agli atti di autorizzazione e ai processi verbali di accesso redatti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Restano infatti comunque validi gli atti e i provvedimenti adottati, e sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti sorti sulla base delle disposizioni vigenti antecedentemente.

L’art. 13 bis, inserito in sede di conv. al D.L. 84/2025, ha “il pregio” rispetto al precedente intervento proposto di riguardare gli accessi nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, finalmente quello di cui si era occupata la Corte e su cui aveva sollecitato il Legislatore.

L’intervento, tuttavia, è quantomeno blando, perché si limita semplicemente a prevedere l’obbligo di motivazione degli accessi, ma non individua alcun parametro obiettivo in merito alle condizioni che giustificano l’accesso, né all’ ampiezza dei poteri esercitabili dai verificatori nel corso dell’accesso.

Sparisce, inoltre, ogni riferimento ad un controllo giurisdizionale, contravvenendo apertamente a quanto richiesto dalla Corte e che in qualche modo era stato comunque inserito nel disegno di Legge 1376.

Si ricorda che la Corte in sentenza aveva esaminato i rimedi offerti dall’Ordinamento, ed ha ritenuto non adeguato il controllo giurisdizionale ex post, chiedendo che debba sussistere indipendentemente dall’emissione di un avviso di accertamento (aveva ritenuto inadeguato anche il Garante del contribuente, figura tra l’altro depotenziata dalla riforma) e chiedendo che vi fosse un controllo vincolante prima che la verifica fosse completata.

La norma, in ultimo, però prevede, “casualmente”, la validità degli atti e dei provvedimenti adottati sulla base delle disposizioni vigenti antecedentemente alla data di entrata in vigore della norma di cui sono fatti salvi gli effetti prodotti e i rapporti sorti.

Se è facile comprendere il perché di quanto inserito, pur non giustificandolo in punto di diritto, viste le chiare indicazioni fornite dalla Corte, il Legislatore avrebbe dovuto fare ben di più.

NdR: sentenza Italgomme: ne abbiamo parlato anche su Blast, leggi l’approfondimento di Alberto Calzolari

 

Le nostre considerazioni

In conclusione, se si esaminano le indicazioni della Corte nella sentenza Italgomme appare evidente che il Legislatore debba nuovamente intervenire sulla materia degli accessi ai locali adibiti ad attività commerciali e professionali.

Quello che è stato fatto è un piccolo passo, ma la Corte aveva chiesto ben di più, dopo aver rilevato il carattere sistemico della violazione dell’art. 8 CEDU.

Il ritardare gli interventi normativi richiesti, quindi, potrà portare unicamente all’aumento del contenzioso, anche in sede sovrannazionale.

 

NdR: potrebbe interessarti anche…Corte CEDU e verifiche fiscali: il D.L. n. 84/2025 è inutile ed incompleto

 

Valeria Nicoletti

Mercoledì 3 Settembre 2025