L'applicazione delle percentuali di ricarico

quando in un accertamento induttivo i ricavi “in nero” vengono presunti utilizzando le percentuali di ricarico: quali sono le percentuali considerate congrue?

Percentuali di ricarico come base per l’accertamento fiscale

Con una recente pronuncia la Corte di Cassazione si è occupata delle cd.percentuali di ricarico. Analizziamo, quindi, le indicazioni espresse dai massimi giudici.

 

 

L’ordinanza n. 26055 del 5 dicembre 2011 (ud. 8 novembre 2011)

La questione trae origine dal ricorso proposto dalla contribuente, che lamenta l’omessa motivazione e violazione di legge della sentenza impugnata, quanto all’epoca di rilevamento dei prezzi di acquisto e vendita, alla omessa valutazione di sconti ed al ricorso, quanto alle percentuali di ricarico, alla media semplice piuttosto che a quella ponderata.

La Corte, innanzitutto, dichiara inammissibile quella relativa all’epoca di rilevamento dei prezzi di acquisto e vendita, trattandosi di questione di mero fatto.

Inoltre, ritiene infondato

“il mezzo per quanto concerne gli sconti e le vendite a stock, in difetto della prova – gravante sul contribuente, come correttamente ritenuto dal giudice di merito – dell’esistenza di detti sconti”.

 

L’unico motivo, invece, ritenuto fondato è quello relativo all’utilizzo della media semplice invece di quella ponderata.

“Questa Corte ha, infatti, affermato che, nell’accertamento tributario fondato sulle percentuali di ricarico della mene venduta, la scelta tra il criterio della media aritmetica semplice e della media ponderale dipende, rispettivamente, dalla natura omogenea o disomogenea degli articoli e dei ricarichi – circostante la valutazione costituisce appressamento di merito, incensurabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge – assume il criterio della media medica semplice valenza indiziaria, al fine di ricostruire i margini di guadagno realizzati sulle vendite effettuate a nero, quando il contribuente non provi, ovvero non risulti in punto di fatto, che l’attività sottoposta ad accertamento ha ad oggetto prodotti con notevole differenza di valore e che quelli maggiormente venduti presentano una percentuale di ricarico molto inferiore a quello risultante dal ricarico medio (Cass. 26312/09).

Nella specie risulta dallo stesso accertamento, riportato testualmente in ricorso, la differenza, talvolta notevole, della percentuale di ricarico delle diverse merci vendute e d’altro canto la sentenza è priva di qualsiasi motivazione riguardo alle ragioni per le quali il criterio della media aritmetica semplice è stato comunque ritenuto affidabile”.

 

 

L’applicazione delle percentuali di ricarico – Brevi riflessioni

La percentuale di ricarico non è altro che

“la maggiorazione che l’impresa applica al prezzo di acquisto per determinare il prezzo di vendita”1.

Se

“a prima vista il calcolo sembra semplice … è però molto complicato in aziende che trattano una grande tipologia di merci diverse … e si complica ancora per le imprese che operano con carattere di stagionalità, ed hanno periodi di saldi e liquidazioni, in cui i margini di ricarico sono notevolmente inferiori. Quando ci sono questi sbalzi occorre che le percentuali di ricarico siano ponderate, cioè tengano conto delle diverse quantità di beni venduti ed eventualmente delle diverse fasce di prezzo praticate nel corso dell’anno, a seconda dell’esistenza o meno di periodi di liquidazione…

In concreto i calcoli suddetti possono dare luogo a difficoltà, che inducono talvolta gli uffici finanziari a prendere scorciatoie, calcolando medie aritmetiche semplici tra percentuali di ricarico relative a beni venduti in quantità diverse od incorrendo in altri vizi metodologici che spesso provocano l’annullamento dell’accertamento in sede contenziosa”2.

È

“nel calcolo di tale percentuale di ricarico che si dovrà porre la massima attenzione affinchè i dati fattuali assunti a base della presunzione siano incontrovertibili: le componenti di costo (cioè tutte quelle misurabili) siano tenute in considerazione, i prezzi di vendita e di acquisto di tali componenti siano riferibili almeno alla medesima annualità verificata, le eventuali incertezze estimative siano risolte in contraddittorio con il contribuente, il riferimento a valori medi e statistici sia ridotto al minimo, le condizioni personali del contribuente siano prese in considerazione”3.

 

Di recente, con sentenza n. 26312 del 16 dicembre 2009 (ud. del 21 ottobre 2009), la Corte di Cassazione, in ordine alla problematica delle percentuali di ricarico, ha sostenuto che

“l’affermazione di principio, formulata in termini assoluti, secondo la quale la presunzione formulata in base alla media semplice e non in base alla media ponderata non ha i requisiti di gravità precisione e concordanza, e quindi non può essere utilizzata ai fini dell’accertamento è in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è motivo di discostarsi, secondo la quale il ricorso al sistema della media semplice, anzichè a quello della media ponderale, non è legittimo quando tra i vari tipi di merce esiste una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentano una percentuale di ricarico molto inferiore a quello risultante dal ricarico medio (Cass. n. 979/2003).

In altri termini, non si può escludere a priori la valenza indiziaria del ricarico medio, in relazione alle vendite effettuate a nero, al fine ricostruire i margini di guadagno realizzato su queste ultime, a meno che il contribuente non eccepisca, o comunque non risulti in punto di fatto, che l’attività commerciale sottoposta ad accertamento abbia ad oggetto prodotti con notevole differenza di valore e che quelli maggiormente venduti presentano una percentuale di ricarico molto inferiore a quello risultante dal ricarico medio. In mancanza di questo presupposto, che nella specie non risulta invocato o eccepito, la presunzione che la percentuale di ricarico applicata sulla merce venduta in evasione di imposta sia uguale a quella applicata sulla merce commercializzata ufficialmente è del tutto legittima, a meno che non sia il contribuente a farsi carico di dimostrare di avere venduto a prezzi inferiori le merci non documentate.

Se così non fosse, il contribuente che produce e/o commercializza a nero e vende prodotti omogenei, beneficerebbe di un bonus fiscale per cui anche quando viene accertata l’attività clandestina non sarebbe possibile quantificare l’imposta dovuta. Una sorta di premio per aver operato illegalmente, che, oltretutto, vanificherebbe ogni accertamento che porti alla luce attività occulte.

D’altra parte, a fronte della presunzione che anche la merce commercializzata a nero sia stata oggetto del medesimo ricarico di quella commercializzata ufficialmente, non sono stati prospettati validi argomenti di segno contrario, se non quello generico e non pertinente, per carenza del presupposto, della necessità di fare riferimento alla media ponderale.

Quindi, nell’accertamento tributario fondato sulle percentuali di ricarico della merce venduta, il ricorso al criterio della media aritmetica semplice, in luogo della media ponderale è consentito quando risulti l’omogeneità della merce (circostanza la cui valutazione costituisce apprezzamento di merito, incensurabile in sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge) o non sia eccepita la disomogeneità (v. Cass. n. 14328/2009). Sul piano dell’onere della prova, il presupposto della disomogeneità della merce, in relazione al quale è richiesta una prova più rigorose ed elaborata, deve essere provato, e prima ancora eccepito, dal contribuente”.

 

In definitiva, i principi espressi dalla Corte di Cassazione nella sentenza che si annota sono i seguenti:

a) gli sconti e le vendite a stock devono essere provati dal contribuente;

b) la percentuale di ricarico semplice è utilizzabile, in sostituzione della percentuale di ricarico ponderata, quando non ricorrono le condizioni di disomogeneità degli articoli e dei ricarichi, la cui prova è a carico del contribuente.

 

30 gennaio 2012

Roberta De Marchi

 

NOTE

1) Lupi, “Manuale giuridico professionale di diritto tributario”, pag. 559, III edizione, Milano.

2) LUPI, Manuale giuridico professionale di diritto tributario”, pag. 560, III edizione, Milano.

3) MANCA, Controlli sostanziali – Contabilità regolare e accertamento analitico-induttivo, “ il fisco”, n. 9/2001, pag. 3519.