La riforma del contenzioso tributario modifica le regole sulla compensazione delle spese di lite, introducendo maggiore flessibilità. Ora, oltre alla “soccombenza reciproca”, si considerano “gravi ed eccezionali ragioni” in presenza delle quali il ricorrente vittorioso non dovrà sopportare le spese di lite, o documenti decisivi prodotti in corso di giudizio. La Cassazione sottolinea che le motivazioni per derogare al principio di soccombenza devono essere logiche e ben argomentate.
Per la compensazione delle spese di lite il giudice tributario deve addurre le gravi ed eccezionali ragioni, in assenza delle quali il ricorrente, vittorioso in primo grado, non può sopportare il carico di tali spese, derogando la regola generale della soccombenza.
Secondo la Cassazione, pertanto, a fronte della totale soccombenza dell’ufficio finanziario, la compensazione deve disporsi unicamente in presenza delle “gravi ed eccezionali ragioni” che non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi un vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità.
Le spese di lite dopo la riforma del contenzioso tributario
In virtù delle nuove norme introdotte dal D.lgs. n. 220/2023, che hanno modificato il testo del comma 2 dell’art. 15 D Lgs n. 546/92, le spese di giudizio possono essere compensate in caso, non solo, “di soccombenza reciproca” o quando “ricorrono gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate”, ma anche…
…“quando la parte è risultata vittoriosa sulla base di documenti decisivi che la stessa ha prodotto solo nel corso del giudizio”.
Il citato art. 15, recante norme in materia di “Spese del giudizio”, come regola generale, recita che…
…“la parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza”.
Oltre al contributo unificato, le spese di giudizio comprendono gli onorari e i diritti del difensore, le spese generali e gli esborsi sostenuti, oltre il contributo previdenziali e l’IVA, se dovuti (comma 2-ter.
Le spese di giudizio devono essere sostenute effettivamente dalla parte vittoriosa per lo svolgimento delle proprie difese per cui la condanna non può essere disposta a favore della parte che è rimasta contumace.
Le finalità delle “nuove” spese del giudizio (in vigore dal 4/01/2024) sono quelle di anticipare i tempi del contenzioso e dall’altro prevenire la proposizione di ricorsi con la possibilità della negazione della rifusione delle spese di giudizio ovvero con la compensazione nel caso di soccombenza reciproca o da ultimo, se la causa è stata promossa senza produrre i documenti a supporto delle ragioni del contribuente prima dell’impugnazione dell’atto impositivo.
Un’altra importante novità è contenuta nel comma 2-nonies il quale prevede che:
“Nella liquidazione delle spese si tiene altresì conto del rispetto dei principi di sinteticità e chiarezza degli atti di parte”.
I requisiti di chiarezza e sinteticità dell’atto – diretti a garantire il principio di ragionevole durata del processo ex art. 111 Costituzione -, sono concetti da tenere distinti; un testo può definirsi “chiaro” per il racconto dei fatti e delle argomentazioni in diritto, che devono risultare comprensivi, senza contenere parti oscure, mentre il requisito di sinteticità deve rendere solo i fatti e le motivazioni in diritto, risultando necessario che gli atti espongano solo ciò che è rilevante per il giudizio.
Il caso in esame: spese compensate senza motivazione
Nel caso in esame la società contribuente ha impugnato due avvisi di accertamento notificati per Iva 2014 e 2015 con cui l’Agenzia delle entrate recuperava costi non deducibili in quanto derivanti da operazioni soggettivamente inesistenti.
I giudici di primo grado accoglievano il ricorso, mentre la CTR, ritenendo nel merito infondata la falsità soggettiva delle fatture e, quindi, la pretesa tributaria, diversamente dal primo grado, compensavano le spese di giudizio.
La società ha proposto ricorso per Cassazione eccependo la violazione dell’art. 15 D. Lgs n. 546/92 per avere il giudice dell’appello erroneamente disposto la compensazione delle spese, senza indicare le gravi ed eccezionali ragioni che tale statuizione giustificavano e motivando in modo apparente,
La Corte ha ritenuto che i giudici di appello, dapprima hanno riconosciuto, diversamente dai giudici di primo grado, la corretta motivazione degli atti impugnati; nondimeno, confermando la pronuncia di primo grado, hanno escluso la debenza dei maggiori tributi richiesti dall’Ufficio.
Tale situazione non rappresenta soccombenza reciproca dal momento che l’intera pretesa tributaria è stata annullata; detta soccombenza poteva sussistere nel caso, ad esempio, l’Ufficio finanziario avesse formulato più rilievi e solo alcuni di essi fossero stati ritenuti illegittimi e quindi infondati detti singoli recuperi di imposta, residuando però anche secondo il giudice delle pretese per maggiori tributi ritenute legittime e dovute
Essendoci stata la totale soccombenza dell’amministrazione finanziaria, la compensazione poteva sussistere solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni” le quali non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi un vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità dinanzi alla Cassazione (cfr. Cassazione n. 2206/2019).
Dal contenuto della sentenza di merito, secondo la Corte, non sono emerse dette ragioni per la soluzione della controversia, né sono sopraggiunte decisioni della Corte Costituzionale o della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, o altre circostanze idonee a giustificare la deroga al generale principio della soccombenza.
In tale contesto non rileva neppure l’aver la sentenza riconosciuto la corretta motivazione degli atti annullati, dal momento che è il contenuto decisorio della sentenza che conta, non le ragioni in forza delle quali l’Amministrazione è rimasta soccombente a giustificarne l’addebito delle spese di lite.
Pertanto, la fattispecie in esame non può in alcun modo giustificare la deroga al generale criterio della soccombenza, che trova la sua ragione giustificativa nel principio di causalità, in forza del quale è tenuto a sopportare il carico delle spese del giudizio chi vi abbia dato luogo con il proprio comportamento contra legem.
Per quanto sopra i giudici di legittimità hanno cassato la sentenza rinviando la causa alla Corte di Giustizia di secondo grado, in diversa composizione.
La recente Giurisprudenza
La mancata specifica motivazione in ordine alle gravi ed eccezionali ragioni, che permettono la compensazione delle spese di lite, comporta un vizio di violazione di legge al quale consegue la cassazione della decisione impugnata.
Il giudice, infatti non può limitarsi ad affermare apoditticamente che, nonostante l’accoglimento totale della domanda della ricorrente, “le spese del giudizio si ritiene opportuno compensare”, ma deve esporre in modo argomentato le motivazioni che sorreggono la statuizione di compensazione delle spese, la quale è subordinata alla presenza di gravi ed eccezionali ragioni in virtù di quanto disposto dall’art. 92 codice procedura civile (Cassazione n. 26847/2023; cfr n. 1950/2022).
In tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta non consente la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore di quella soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, codice penale.
Ciò significa che la parte vincente la causa, anche solo di poco, non può essere condannata a pagare le spese processuali alla controparte, al massimo si può integrare la compensazione delle spese (Cassazione, SU n. 32061/2022)
La compensazione delle spese di lite può disporsi, oltre al caso della soccombenza reciproca, solo nel caso di assoluta novità della questione trattata o di cambiamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nei casi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la medesima gravità ed eccezionalità delle situazioni di cui all’art. 92, comma 2, codice procedura civile.
Le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono attenere a specifiche circostanze o aspetti della lite decisa, non potendosi ritenere sufficiente il solo riferimento alla “natura processuale della pronuncia”, che, in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento (Cassazione n. 21709/2022).
In tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, codice procedura civile. (Cassazione, SU n. 32061/2022).
La parte vittoriosa non deve sostenere, per legge, le spese collegate all’instaurazione del giudizio e alla registrazione della decisione giurisdizionale che ne ha dichiarate fondati i motivi, atteso che nelle spese di lite non l’onere tributario con l’instaurazione del giudizio.
Nel giudizio amministrativo, il regolamento delle spese di lite, affidato ad ampia discrezionalità giudiziale, riguarda solo quelle sostenute per la difesa tecnica, e non l’onere tributario connesso all’instaurazione del giudizio, che è invece posto a carico della parte soccombente (Consiglio di Stato n. 1495/2021).
Attesa la cessazione della materia del contendere per avere l’ufficio revocato il provvedimento di fermo, sussiste la soccombenza virtuale del medesimo ufficio, che ha revocato il proprio provvedimento in quanto ha riconosciuto la fondatezza della tesi della parte ricorrente.
Per tali motivi, alla soccombenza segue la condanna dell’ufficio al pagamento delle spese di lite, non ravvisando gli estremi della lite temeraria avendo la convenuta immediatamente risposto in giudizio con il riconoscimento della pretesa (CGT 1°gr Frosinone n. 442/2023).
Fonte: Corte di Cassazione, Ordinanza n. 6038 del 6 marzo 2024.
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Enzo e Martina Di Giacomo
Martedì 26 marzo 2024
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