Impugnazione del diniego di autotutela

Nel processo tributario il sindacato sull’atto di diniego dell’amministrazione finanziaria di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustifichino l’esercizio di tale potere.
Tale potere, del resto, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente.

La Corte di Cassazione si è ancora espressa sui profili di impugnazione del diniego di autotutela.

 

Diniego di autotutela su comunicazione di irregolarità IVA

impugnazione diniego autotutelaNel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che, nell’ambito di una controversia su impugnazione di rigetto di riesame in autotutela di una comunicazione di irregolarità per la detrazione di un credito IVA, aveva accolto l’appello proposto dalla società contribuente.

La CTR aveva riformato la decisione di primo grado sul presupposto che la tardività della dichiarazione presentata per l’anno precedente non precludesse comunque alla contribuente di portare in detrazione il credito IVA nella dichiarazione presentata per l’anno successivo.

L’Agenzia delle Entrate deduceva quindi, davanti alla Corte, la violazione dell’art. 19 del Dlgs. 31 dicembre 1992 n. 546, per avere questa, a suo avviso erroneamente, ritenuto l’ammissibilità dell’impugnazione del diniego di autotutela sul disconoscimento del credito IVA.

Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato.

 

NdR: Potrebbe interessarti anche…Quando è possibile ricorrere contro il diniego di autotutela? – Diario Quotidiano del 28 Luglio 2020

 

Il parere della Cassazione

Evidenziano i giudici di legittimità che, secondo l’orientamento già espresso più volte dalla Cassazione, nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione finanziaria di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustifichino l’esercizio di tale potere.

Potere che, del resto, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente (in termini: Cass., Sez. 5, 24 agosto 2018, n. 21146; Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2019, n. 4937; Cass., Sez. 5, 26 settembre 2019, n. 24032).

L’annullamento in autotutela non è peraltro concepibile rispetto ad un atto endoprocedimentale (Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2020, n. 22891), quale doveva essere considerato quello in esame.

E tale orientamento, afferma la Corte, è destinato a rimanere fermo anche a fronte dell’orientamento per cui anche la comunicazione d’irregolarità ex art. 36 bis, comma 3, del Dpr. 29 settembre 1973 n. 600 (c.d. avviso bonario) è immediatamente impugnabile dal contribuente dinanzi al giudice tributario, trattandosi di atto adottato dall’ente impositore che porta, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria (tra le altre: Cass., Sez. 5, 19 febbraio 2016, n. 3315).

Infatti, come detto, la Cassazione ha più volte affermato che il diniego dell’annullamento di un atto impositivo, richiesto sollecitando il potere di autotutela dell’ente impositore, può essere impugnato dal contribuente solo per motivi riguardanti la legittimità del rifiuto e non già per contestare la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa, o comunque un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (Cass., Sez. 6, 2 dicembre 2014, n. 255249; Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2015, n. 3442; Cass., Sez. 6, 17 maggio 2017, n. 12491; Cass., Sez. 6, 9 aprile 2018, n. 8626).

Pertanto, la sentenza impugnata, prescindendo da ogni valutazione di interesse pubblico e sindacando il merito della pretesa impositiva al fine di riconoscere la detrazione del credito IVA in carenza dei requisiti formali per avvalersene, aveva fatto malgoverno del principio enunciato.

Tanto premesso in ordine allo specifico caso processuale, in termini più generali, giova anche evidenziare quanto segue.

 

La giurisprudenza della Cassazione sul diniego di autotela

In forza di giurisprudenza ormai costante, come visto (tra le molte, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 21146 del 24/08/2018; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24032 del 26/09/2019; Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 7616 del 28/03/2018), nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’Amministrazione Finanziaria di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non la legittimità della pretesa tributaria, e ciò può avvenire comunque solo in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 181 del 2017, si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali.

Il sindacato del giudice tributario sul provvedimento di diniego dell’annullamento dell’atto divenuto definitivo è consentito peraltro solo nei limiti dell’accertamento della ricorrenza di ragioni, originarie o sopravvenute, di rilevante interesse generale dell’Amministrazione finanziaria alla rimozione dell’atto stesso, dovendo escludersi che il contribuente possa contestare vizi dell’atto impositivo che avrebbe potuto e dovuto far valere in sede di impugnazione, prima che questo divenisse definitivo.

Vero è che l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 del Dlgs. n. 546 del 1992, tenuto conto dell’ampliamento della giurisdizione tributaria attuato mediante la legge n. 448 del 2001, deve essere interpretata alla luce delle norme costituzionali di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost) e di tutela del contribuente (art. 24 e 53 Cost.), dovendosi quindi riconoscere la impugnabilità innanzi al giudice tributario di tutti gli atti dell’Ente impositore che portino a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria.

E vero è che l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del Dlgs. n. 546 del 1992 è pertanto suscettibile di un’interpretazione estensiva, dovendo riconoscersi al contribuente la possibilità di ricorrere alla tutela assicurata dal giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’Ente impositore, e dunque anche in caso di provvedimenti di diniego di autotutela, ancorché l’originario provvedimento sia divenuto già definitivo, essendo tali provvedimenti idonei ad incidere sul rapporto tributario.

La valutazione però circa la sussistenza del presupposto dell’esercizio dell’autotutela dipende comunque dal contemperamento tra l’esigenza di tutelare l’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi e l’interesse, altrettanto pubblicistico, alla stabilità dei rapporti giuridici.

E’ dunque in tali casi necessario un bilanciamento degli interessi in gioco, secondo il meccanismo proprio della valutazione comparativa (cfr., vedi la citata Corte Cost., sent. 13.07.2017, n. 181).

L’istanza di autotutela del contribuente, come più volte ribadito dalla Cassazione, non determina quindi per l’Amministrazione alcun obbligo giuridico di provvedere e, tanto meno, di agire nel senso prospettato dal contribuente stesso, potendo comunque, come detto, esercitarsi il sindacato nelle sole forme ammesse sugli atti discrezionali e cioè sulla legittimità del rifiuto e non sulla fondatezza della pretesa.

Come già riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione (Cassazione, n. 22253 del 30.10.2015), non può infatti escludersi che, trattandosi di attività procedimentalizzata, anche il provvedimento di diniego di autotutela possa essere affetto dai vizi di legittimità propri degli atti amministrativi, vizi che non possono però sovrapporsi ai vizi di merito, da far (eventualmente) valere con i motivi del ricorso, laddove, altrimenti, si consentirebbe l’aggiramento del termine di decadenza.

 

Fonte: Ordinanza Cassazione n. 12440 dell’11/05/2021

 

E’ possibile approfondire ancora nel seguente articolo:

Diniego di autotutela, non impugnabile

Autotutela: l’atto definitivo resta comunque definitivo

 

A cura di Giovambattista Palumbo

Martedì 25 maggio 2021