Proponiamo un’analisi delle problematiche fiscali che riguardano il contratto di affitto d’azienda: il problema della gestione degli ammortamenti, l’affitto dell’unica azienda, il caso dell’imprenditore individuale, il problema dell’abuso di diritto…
Affitto d’azienda: aspetti generali
Sotto il profilo civilistico, l’affitto di azienda è un contratto consensuale, sinallagmatico e ad esecuzione continuata, tramite il quale un soggetto (concedente) concede a un altro soggetto (conduttore) la disponibilità e il godimento di un complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’attività produttiva (cioè di un’azienda: cfr. art. 2555 c.c.).
Quest’ultima può essere trasferita a terzi a titolo oneroso sia mediante cessione, sia attraverso un contratto di affitto, che ne consente la gestione da parte di un terzo non proprietario.
L’azienda si configura come un complesso unitario idoneo all’esercizio dell’impresa, con un vincolo comune di destinazione: solamente se il trasferimento riguarda il complesso idoneo al funzionamento, esso può qualificarsi come trasferimento (o affitto) dell’azienda.
Norme di base
Secondo quanto previsto dagli artt. 2561 e 2562 del codice civile, l’affittuario è tenuto a gestire l’azienda e a conservarne l’efficienza; al termine del rapporto, la differenza tra le consistenze d’inventario all’inizio e al termine di esso dovrà essere regolato in denaro (art. 2561, quarto comma, c.c.).
Al contratto in esame sono pure applicabili talune norme civilistiche riguardanti l’affitto (artt. 1615 – 1654 del codice civile).
Quanto sia all’affitto che alla cessione, è utile guardare anche ad altre disposizioni civilistiche in materia, e in particolare agli articoli:
- 2558, relativo alla successione nei contratti;
- 2559, relativo al trasferimento dei crediti dell’azienda ceduta;
- 2560, relativo al trasferimento dei debiti dell’azienda ceduta;
- 2565, relativo al trasferimento della ditta.
“Ammortamento” dell’affittuario
L’ammortamento fiscalmente valido dei beni strumentali dell’azienda è regolato:
- relativamente ai beni materiali, dall’art. 102 del TUIR;
- rispetto ai beni immateriali, dall’art. 103 dello stesso testo Unico.
Ai sensi dell’art. 14, comma 1, del D.P.R. 04.02.1988 n. 42 (disposizioni di coordinamento del TUIR), nell’affitto e nell’usufrutto d’azienda l’ammortamento dei beni compete ordinariamente all’affittuario e all’usufruttuario.
Il comma 2 dello stesso articolo dispone che tale regola non va applicata in caso di deroga convenzionale alle norme dell’art. 2561 del codice civile, concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili.
Misura della deduzione
L’art. 14 del citato D.P.R. n. 42/1988 permette la deducibilità degli ammortamenti in capo all’affittuario, sulla base del costo originario risultante al concedente; se quest’ultimo però non ha regolarmente tenuto il registro dei beni ammortizzabili, si considera già dedotto il 50% degli ammortamenti relativi al periodo decorso.
La possibilità di deduzione delle quote è subordinata all’imputazione a conto economico di un fondo di ammortamento, mentre i beni vanno iscritti tra i conti d’ordine, similmente a quanto avviene per quelli acquisiti in leasing.
Tale trattamento, con la deducibilità che compete all’affittuario, è la regola, mentre l’eccezione è rappresentata dal mantenimento degli ammortamenti (e pertanto dell’obbligo di conservazione dei beni aziendali) in capo al locatore.
Natura del fondo
L’obbligo a carico dell’affittuario di conservare il valore dei beni strumentali dell’azienda ricevuta in affitto, ovvero di rifondere il locatore per l’eventuale riduzione di valore, comporta che l’affittuario medesimo deve addebitare annualmente a co