Chiusura agevolata liti tributarie: ne beneficiano solo le liti aventi ad oggetto atti impositivi

di Isabella Buscema

Pubblicato il 26 ottobre 2018

Il DL fiscale 119 /2018 prevede il beneficio della chiusura agevolata solo per le liti aventi ad oggetto atti impositivi. Per atto impositivo si intende qualsiasi atto o provvedimento che, a prescindere dalla sua denominazione, spieghi efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo accertando o dichiarando il debito di imposta, avendo l’ufficio l’alternativa tra imporre e non imporre. La ratio della chiusura in parola risponde alla finalità di ridurre il contenzioso esistente nonché, evidentemente, ad esigenze di cassa per l’erario

Il D.L. fiscale n. 119 /2018 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale nella serie generale n. 247 del 23 ottobre 2018 ed entrato in vigore il 24 ottobre 2018) prevede il beneficio della chiusura agevolata solo per le liti “aventi ad oggetto atti impositivi”.

Per “atto impositivo” si intende qualsiasi atto o provvedimento che, a prescindere dalla sua denominazione, spieghi efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo accertando o dichiarando il debito di imposta, avendo l’ufficio l’alternativa tra imporre e non imporre.

La chiusura agevolata delle solo le liti «aventi ad oggetto atti impositivi» presenta connotati interessanti e limiti  d’appetibilità e di azionabilità.

La ratio della chiusura in parola risponde alla finalità di ridurre il contenzioso esistente nonché, evidentemente, ad esigenze di cassa per l’erario.

Non si può ignorare che il dubbio interpretativo sul concetto liti «aventi ad oggetto atti impositivi» deve essere risolto dall’interprete nel senso più conforme ai principi dello Statuto quali il principio affidamento, il principio  di collaborazione e buona fede.

Possono usufruire [1] della chiusura agevolata solo le liti «aventi ad oggetto atti impositivi».

Non possono rientrare nella nuova disciplina gli atti che hanno natura meramente liquidatoria.

Non rileva il nomen iuris dell’atto poiché occorre appurare in concreto la portata della pretesa; se essa si sostanzia in una rettifica dei dati comunicati dal contribuente trattasi di atto impositivo, altrimenti occorre qualificare l’atto con funzione liquidatoria.

La cartella di pagamento emessa in base all'articolo 36 bis del Dpr 600/73, per recuperare imposte dichiarate e non versate ovvero per correggere errori commessi dal contribuente (ad esempio, erronea indicazione degli acconti versati) non ha natura impositiva [2]e dunque non può essere definita.

Viceversa, la cartella emessa sempre in base al medesimo articolo 36 bis, quando rettifica la dichiarazione di parte disconoscendone in taluni punti il contenuto, i