Sulle sponsorizzazioni antieconomiche: quando ha ragione il contribuente

Pubblicato il 4 febbraio 2017

spesso il Fisco contesta l'antieconomicità delle sponsorizzazioni erogate alle associazioni sportive ma a volte tale contestazione è semplicistica e apodittica; segnaliamo una utilissima recente sentenza della CTR di Bologna che analizza il problema e che risolve il caso a favore del contribuente (a cura Maria Teresa Piccinnu)

fiscus-stadioNegli ultimi anni l’ondata di controlli su sponsorizzazioni ad associazioni sportive ha travolto molte imprese riprendendo a tassazione materia imponibile sotto il profilo della “parziale antieconomicità” di tali costi.

Il fisco ha ritenuto di incidere sulla deducibilità accertando tali costi se superiori al 20% o 30% dell’utile conseguito.

I riflessi sulle associazioni sono stati pesanti, allontanando importanti risorse dal terzo settore.

I giudici di appello regione Emilia Romagna hanno ribaltato questo orientamento.

Nello specifico hanno affermato che tali spese sono da considerare costi di pubblicità se non superano i 200.000€ , devono rispettare il principio di inerenza e di competenza e, rispettati questi criteri (nonché tutte le condizioni ex art. 90 L. 289/2002) hanno affrontato il rilievo della parziale antieconomicità.

Hanno confermato la tesi del ricorrente: un costo non può essere inerente sotto il profilo qualitativo e, solo parzialmente, sotto quello quantitativo. A meno che non intervenga una norma che lo regoli.

Ancorarlo inoltre ad un valore non meglio definibile quali l’utile d’esercizio non è corretto, meglio sarebbe valutare le circostanze alla luce del fatturato aziendale. L’imprenditore non può valutare ex post la bontà di un investimento su situazioni e condizioni ex ante.

Semplicistica è la posizione dell’agenzia delle entrate che fà affermazioni apodittiche senza neanche raffronti con altre situazioni similari.

Stà di fatto che quest’ondata di controlli potrebbe trovare, a livello nazionale, il suo limite proprio nell’aver voluto incidere sulla deducibilità di questi costi in maniera “percentuale” sostituendosi, di fatto, al legislatore.

L’intento è stato quello di colpire comportamenti illeciti legati al mondo delle sponsorizzazioni e, per velocizzare il lavoro, hanno raccolto indiscriminatamente tutte le erbe in un unico fascio, evitando così una cernita delle erbe buone rispetto alle erbe cattive.

 

1 febbraio 2017

Maria Teresa Piccinnu

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