Il reato di autoriciclaggio

Il reato di autoriciclaggio riguarda chi ricicla denaro o altre utilità provenienti da un reato commesso non da un altro soggetto (come avviene nel «tipico» riciclaggio), bensì in prima persona, sostituendo o trasferendo denaro, beni o altre utilità che ha ricavato commettendo egli stesso un altro delitto doloso.

Autoreciclaggio – Aspetti generali

reato di autoriciclaggioIl nuovo reato di autoriciclaggio è stato previsto attraverso l’inserimento nel codice penale del nuovo art. 648-ter 1, attraverso l’art. 3 della L. 15.12.2014, n. 186, vigente dal 1° gennaio 2015.

La sua introduzione accompagna quella della procedura di voluntary disclosure (VD), attraverso la quale i contribuenti – persone fisiche e società – possono far emergere beni e disponibilità finanziarie in giurisdizioni estere e in Italia, godendo di un consistente abbattimento delle sanzioni amministrative e di specifiche esimenti in sede penale.

La fattispecie penale colpisce chi ricicla denaro o altre utilità provenienti da un reato commesso non da un altro soggetto (come avviene nel «tipico» riciclaggio), bensì in prima persona, sostituendo o trasferendo denaro, beni o altre utilità che ha ricavato commettendo egli stesso un altro delitto doloso.

 

 

Le pene previste

A questa ipotesi si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da 5.000 a 25.000 euro. La pena detentiva è invece compresa tra uno e quattro anni se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale.

La pena è invece aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria, finanziaria o di altra attività professionale.

È infine prevista una diminuzione della pena fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

 

 

Ulteriori previsioni

Il reato di autoriciclaggio è stato inserito anche nella disciplina della confisca (art. 648-quater del codice penale1) nonché nella disciplina della responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001).

I limiti edittali della multa in materia di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita [artt. 648-bis e 648-ter del codice penale] sono stati contestualmente elevati nel minimo da 1.032 a 5.000 euro e nel massimo da 15.493 a 25.000 euro.

 

 

La segnalazione di operazioni sospette (SOS)

La nuova fattispecie di autoriciclaggio non consente di fissare adeguatamente i concetti di mera utilizzazione o godimento personale ai fini delle segnalazioni che si rendono necessarie nell’ambito della normativa antiriciclaggio.

Innanzi tutto, come stabilisce il primo comma del nuovo articolo del codice penale, commette autoriciclaggio

«chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa».

 

Alla luce di tale formulazione, l’acquisto di beni per l’utilità personale o familiare dovrebbe ritenersi privo di rilevanza penale, mentre altrettanto non potrebbe dirsi nel caso in cui l’utilizzo delle risorse provenienti dal reato in acquisti di «beni da investimento» (opere d’arte, gioielli, azioni).

Giacché l’autoriciclaggio è in sostanza una forma di riciclaggio, per esso valgono gli obblighi generici di segnalazione ma è dubbio se tale reato debba essere o meno segnalato nell’ambito di una procedura di VD.

È stato inoltre osservato che, in base all’art. 379 del codice penale (favoreggiamento reale),

«chiunque fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648, 648-bis, 648-ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da euro 51 a euro 1.032 se si tratta di contravvenzione».

 

Questa disposizione normativa non è stata integrata con il riferimento al nuovo reato di autoriciclaggio.

Potrebbe quindi essere accusato di favoreggiamento il professionista che, tramite l’omessa segnalazione di operazione sospetta, avesse inteso consapevolmente aiutare l’autore di autoriciclaggio (restando peraltro fermo il rischio che, nei casi più gravi, possa imputarsi il concorso in autoriciclaggio ex art. 110 del codice penale).

 

 

I rischi per gli intermediari bancari/finanziari

La pena per l’autoriciclaggio è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale e diminuita, fino alla metà, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto [art. 648-ter ,1 commi quinto e sesto, del codice penale].

Inoltre la norma istitutiva della nuova fattispecie di reato ha inciso anche sulla disciplina del D.Lgs. 8.6.2001, n. 231, includendola tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa delle società [nuovo art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001].

Questa inclusione può aprire la strada all’ingresso dei reati tributari nell’ambito della responsabilità amministrativa delle società: l’autoriciclaggio necessita, infatti, di un reato fonte e questo ben potrebbe essere una violazione fiscale.

Si osserva al riguardo che quindi la commissione del reato di autoriciclaggio nell’interesse o a vantaggio di un ente rileva ai fini della responsabilità societaria e rende applicabile:

  • la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengano da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni;

  • la sanzione pecuniaria da 400 a 1.000 quote nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengano da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione pari o superiore nel massimo a cinque anni.

 

In presenza delle condizioni richieste dall’art. 13 del medesimo D.Lgs. n. 231/2001, risultano inoltre applicabili all’ente, per una durata non superiore a due anni, anche le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, secondo comma (interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrattare con la PA; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi).

 

 

Autoriciclaggio e reati tributari

Relativamente alla possibilità di applicare le disposizioni in materia di autoriciclaggio anche in presenza di «reati presupposto» di tipo tributario, può essere utile l’esame della sentenza della Corte di Cassazione 7.1.2015, n. 245.

Nel contenzioso di merito era stata ritenuta applicabile, in presenza del reato di riciclaggio [art. 648-bis, c.p.] e di reati tributari, la disciplina del c.d. reato continuato ex art. 81 c.p., per cui chi, con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, è punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata fino al triplo.

Il motivo del ricorso in Cassazione riguardava il criterio con cui individuare quale fosse la violazione più grave da prendere come riferimento per stabilire la sanzione complessiva.

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di primo grado, che aveva utilizzato come pena base quella prevista per i reati tributari, adottando il criterio della valutazione in concreto della gravità della sanzione.

Le decisioni riconducibili a tale orientamento affermano che, ai fini della determinazione della pena base, la violazione più grave deve essere individuata con riferimento alla pena da infliggere in concreto per ciascuno dei reati, dopo la valutazione di ogni singola circostanza (e l’eventuale giudizio di comparazione tra queste di cui all’art. 69 c.p.), secondo i criteri indicati nell’art. 133 c.p., senza alcun riguardo al titolo e alle relative pene edittali.

Occorre tuttavia considerare l’opposto orientamento assunto dalle Sezioni Unite della Corte [sentenza n. 25939 del 13.6.2013], secondo il quale, in tema di determinazione della pena ai sensi dell’art. 81 c.p., deve aversi riguardo alla violazione considerata più grave in astratto – e quindi alla pena edittale – e non in concreto, senza che assumano rilevanza anche gli indici di determinazione della pena di cui all’art. 133 c.p.2

La sentenza qui brevemente commentata riprende l’interpretazione delle SSUU e statuisce che, se il giudice applica la continuazione fra il reato di riciclaggio e i reati tributari, il calcolo della pena detentiva deve avvenire sulla base di quella edittale prevista dall’art. 648-bis c.p., essendo questa in astratto sempre più grave di quella prevista per i reati di cui al DLgs. n. 74/2000.

 

 

L’orientamento del MEF sulle segnalazioni antiriciclaggio

L’assistenza fornita a un soggetto che presta adesione alla procedura di VD non esime il professionista dal rispetto di tutti gli obblighi antiriciclaggio, ivi incluso quello di segnalare alla UIF le operazioni sospette di riciclaggio secondo la definizione di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 231/2007, inclusiva delle condotte di autoriciclaggio.

Ciò ha precisato la nota 9.1.2015 del Dipartimento del Tesoro presso il MEF, contraddicendo l’orientamento di parte della dottrina che riteneva invocabile l’esclusione prevista dall’art. 12, secondo comma, del predetto decreto legislativo.

In base a questa disposizione normativa, l’obbligo in questione non si applica ai professionisti (ad esempio, avvocati e dottori commercialisti ed esperti contabili) per le informazioni che essi ricevono da un loro cliente o ottengono riguardo allo stesso, nel corso dell’esame della posizione giuridica del proprio cliente o dell’espletamento dei compiti di difesa o rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull’eventualità di intentare o evitare un procedimento, anche tramite una convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso.

Secondo la nota del MEF la procedura di VD non ha alcun impatto sull’applicazione delle sanzioni e dei presidi previsti dal D.Lgs. n. 231/2007 in materia di contrasto del riciclaggio e di finanziamento al terrorismo, che pone obblighi di collaborazione attiva strumentali alla prevenzione dei fenomeni di circuitazione di capitali di provenienza illecita.

Anche rispetto alle attività volontariamente dichiarate al fisco nell’ambito della procedura di VD, permane quindi immutato l’obbligo di attivare le procedure di adeguata verifica della clientela, assicurando l’identificazione del titolare effettivo e l’applicazione di misure rafforzate di verifica della clientela, nel caso di elevato rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

Ciò, anche con riferimento alle fattispecie di rimpatrio di capitali e beni detenuti in Paesi individuati dal GAFI3 come ad alto rischio e/o non cooperativi ovvero con lacune strategiche nei loro sistemi di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

Rimangono altresì fermi gli obblighi di registrazione e di SOS (segnalazione di operazioni sospette).

Si osserva che in tale situazione l’Autorità giudiziaria, che giungerebbe a conoscenza dell’operazione, non potrebbe agire né per i reati tributari, né per quelli di riciclaggio, di reimpiego e di autoriciclaggio, commessi in relazione ai primi, in quanto espressamente dichiarati non punibili a seguito della VD perfezionatasi.

 

 

Gli effetti penali della VD e l’autoriciclaggio

La procedura di VD prevede la non punibilità dei reati penali tributari previsti dal D.Lgs n. 74/2000. Si tratta delle fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele, dichiarazione omessa, omesso versamento di ritenute ed omesso versamento di Iva.

Inoltre, ai sensi dell’art. 5-quinquies, terzo comma, del D.L. n. 167/1990,

«limitatamente alle attività oggetto di collaborazione volontaria, le condotte previste dall’articolo 648-ter 1 del codice penale non sono punibili se commesse in relazione ai delitti di cui al comma 1, lettera a), del presente articolo sino alla data del 30 settembre 2015, entro la quale può essere attivata la procedura di collaborazione volontaria».

Ciò significa che, per le violazioni penali tributarie coperte dalla procedura di VD, non sono punibili le ipotesi di autoriciclaggio commesse fino al 30.9.2015.

 

Leggi anche:

Reato di autoriciclaggio e responsabilità dei professionisti fiscali

Criptovalute e reato di autoriciclaggio

Utilizzo dei proventi della truffa per acquisto di criptovalute: è autoriciclaggio

 

 

5 febbraio 2015

Fabio Carrirolo

 

NOTE

1Codice Penale [approvato con R.D. 19.10.1930, n. 1398], art. 648-quater: «Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persone estranee al reato.

Nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.

In relazione ai reati di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, il pubblico ministero può compiere, nel termine e ai fini di cui all’articolo 430 del codice di procedura penale, ogni attività di indagine che si renda necessaria circa i beni, il denaro o le altre utilità da sottoporre a confisca a norma dei commi precedenti».

2 Art. 133 codice penale: «Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta: 1. dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalita’ dell’azione; 2. dalla gravita’ del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3. dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta: 1. dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2. dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3. dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4. dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo».

3 Costituito nel 1989 in occasione del G7 di Parigi, il Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) o Financial Action Task Force (FATF) è un organismo intergovernativo che ha per scopo l’elaborazione e lo sviluppo di strategie di lotta al riciclaggio dei capitali di origine illecita e, dal 2001, anche di prevenzione del finanziamento al terrorismo. Nel 2008, il mandato del GAFI è stato esteso anche al contrasto del finanziamento della proliferazione di armi di distruzione di massa.