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Qualora non sia esaurientemente giustificata la “particolare urgenza”, l’atto deve essere considerato nullo
Non accenna a placarsi la querelle giurisprudenziale sull’accertamento anticipato, con pronunzie contraddittorie che – spesso – concordano nel ritenere che il procedimento accertativo svolto prima dello spirare dei sessanta giorni dall’ispezione (e, quindi, l’atto che lo estrinseca) è nullo nel caso in cui l’amministrazione non motivi le ragioni di particolare urgenza per le quali si è reso necessario o opportuno anticiparne la notifica.
A tali conclusioni arriva l’ultima pronunzia, in ordine di tempo, della Corte di Cassazione (sent. n. 11347 del 05.07.2012, che richiama le sentenze n. 10381/2001, n. 22320/2010 e n. 5652/2011) che “valorizzando le considerazioni espresse dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 244/2009, ha affermato che la sanzione della nullità dell’avviso di accertamento va ricollegata all’assenza di motivazione in ordine all’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione”. In tal modo, i giudici di legittimità censurano la decisione della CTR di Bolzano che aveva accolto l’appello del contribuente, annullando gli esiti dell’attività accertativa, precisando che il collegio di merito “ricollegando l’illegittimità dell’accertamento alla mera inosservanza del termine, previsto dal citato articolo 12, sembra aver fatto malgoverno del principio affermato con le richiamate pronunce”.
Com’è noto, l’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000 dispone che “nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.
La norma muove dall’assunto che, durante la verifica o subito dopo la sua conclusione, il contribuente deve avere modo di valutare con serenità i rilievi mossi ed eventualmente poter contraddire con l’amministrazione, estrinsecando osservazioni e richieste, in modo che si giunga ad un atto accertativo più ponderato nella sostanza; il legislatore, pertanto, pospone l’esercizio dell’attività d’accertamento di 60 giorni, decorrenti dalla data di notifica del verbale, fatti salvi casi di particolare e motivata urgenza.
La disposizione in parola si inserisce a pieno titolo nel ridisegnato rapporto fisco-contribuente, con l’intento di riequilibrare con incisività tale rapporto valorizzando il contraddittorio fra le due parti del rapporto tributario, vera carta vincente nel nuovo assetto delineato dallo Statuto che ne anticipa l’instaurazione già alla fase di svolgimento della verifica (e, dunque, ben prima dell’emissione dell’atto di accertamento), durante e dopo la quale dovranno essere valutate con attenzione ed obiettività le argomentazioni e gli elementi di valutazione dei fatti forniti dal contribuente il quale, quindi, assume una posizione attiva nel procedimento accertativo, collaborando all’eventuale rivalutazione del fatto impositivo. D’altro canto, la regola del contraddittorio attua il principio costituzionale del diritto alla difesa, il quale mira a garantire non solo l’uguaglianza delle parti, ma soprattutto il diritto di esporre e far valere le proprie ragioni e di conoscere le ragioni dell’altra parte, in modo da potervi controbattere ed influire sull’esito della controversia.
La pronunzia in commento si inserisce nel solco tracciato dall’ordinanza n. 244/2009 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, c. 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, confermando un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma che legittima la dichiarazione di nullità dell’atto (solo) nei casi in cui l’ufficio finanziario non abbia esplicitato le ragioni di “particolare e motivata urgenza” che lo abbiano determinato, costituendo tale inosservanza una violazione dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi di cui alla legge n. 241/1990 e, come tale, sanzionata in termini di invalidità dell’atto.
In precedenza, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19875 del 18 luglio 2008, aveva affrontato la medesima questione ed osservato che la notifica dell’accertamento prima del termine stabilito dall’art. 12, c. 7, della L. n. 212 del 2000 “non ne determina ipso iure la nullità stante la natura vincolata dell’atto rispetto al p.v.c. sul quale si fonda, in mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, perché resta comunque garantito al contribuente il diritto di difesa in via amministrativa (autotutela) e giudiziaria (ricorso alla Commissione tributaria)”. Tale intervento aveva offerto un’interpretazione rigorosamente letterale del dettato normativo, valorizzando il principio per cui ubi lex voluit dixit e facendo rimarcare l’assenza di qualunque previsione di nullità degli atti emessi in violazione delle disposizioni contenute nel comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto.
In altre parole, la sentenza aveva confermato il principio di carattere generale, peraltro ormai codificato1, che il provvedimento amministrativo può considerarsi assolutamente nullo o inesistente solo nelle ipotesi in cui esso sia espressamente qualificato tale dalla legge, oppure manchi dei connotati essenziali dell'atto amministrativo, necessario ex lege a costituirlo, quali possono essere la radicale carenza di potere da parte dell’autorità procedente, ovvero il difetto della forma, della volontà, dell’oggetto o del destinatario.
Il giudice delle leggi (ma anche l’ultima pronuncia della Corte di Cassazione) richiama l’attenzione sulla necessità che la “particolare urgenza” venga evidenziata e descritta nella motivazione dell’avviso di accertamento emesso prima del temine di legge, non potendo la stessa essere spiegata con considerazioni di carattere generale, atteso che la deroga introdotta dal legislatore riguarda esclusivamente i “casi di particolare e motivata urgenza”.
La complessa problematica dell’accertamento anticipato di cui all’art. 12, c. 7, della L. n. 212/2000 ha dato luogo a soluzioni difformi nella giurisprudenza della sezione Tributaria della Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 7318 del 12 maggio 2012, ha rimesso gli atti al primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alla Sezioni Unite. Come riepiloga l’ordinanza di rimessione, secondo un primo orientamento (sentenze 19875/2008 e 3988/2011), l’accertamento “anticipato” non può essere dichiarato nullo in quanto la tutela del contribuente è garantita sia mediante l’autotutela ordinaria sia all’interno della fase contenziosa.
A tale orientamento si contrappone l’ordinanza n. 6088/2011 che, sul rilievo della corrispondenza fra il termine di emissione dell’avviso e quello concesso al contribuente per comunicare le proprie osservazioni e richieste, afferma che la disposizione “è intesa a garantire al contribuente la possibilità di interagire con l’amministrazione prima che questa pervenga all’emissione di un avviso di accertamento e, da tale assunto, trae la conseguenza che il mancato rispetto di detto termine, sacrificando un diritto riconosciuto dalla legge al contribuente, non può che comportare l’illegittimità dell’accertamento, senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito”.
Infine, un terzo - e, per certi versi, intermedio - filone giurisprudenziale, rappresentato dalle sentenze n. 22320/2010 e n. 10381/201 ed allineato alla richiamata pronuncia della Corte Costituzionale n. 244/2009, ritiene che la nullità può essere dichiarata solo se l’ufficio, nella parte motiva dell’accertamento, non abbia specificato le ragioni di “particolare e motivata” urgenza che hanno dato origine all’emanazione dell’accertamento in via anticipata. La sanzione di nullità viene quindi collegata alle generali previsioni della legge n. 241/1990 e, con specifico riferimento all’accertamento in materia di imposte dirette ed IVA agli artt. 42, cc. 2 e 3, del DPR n. 600/1973 e 56, c. 5, del DPR n. 633/1972 i quali stabiliscono che l’avviso di accertamento “deve essere motivato, a pena di nullità, in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato”.
Per completezza, non vanno trascurate ulteriori pronunce sul tema controverso, rappresentate dalla sentenza n. 18966/2011 che si richiama e si allinea all’intervento della Corte Costituzionale pur “assumendo il canone della salvaguardia dell’unità dell’interpretazione … che non nella piena condivisione delle argomentazioni sottese a detto orientamento” e la sentenza n. 21103/2011 che, per contro, “si contrappone al secondo e terzo degli orientamenti sopra delineati, riaffermando che la notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di sessanta giorni dalla conclusione della verifica fiscale non ne determina in assoluto la nullità”.
Così sommariamente ricostruito lo stato della giurisprudenza e confidando che le Sezioni Unite intervengano sull’importante questione, osserviamo che la sentenza in commento assume un particolare significato in quanto rivaluta - ancora una volta - la funzione della motivazione dell’atto di accertamento, intesa come elemento essenziale del provvedimento amministrativo, con la conseguenza che, qualora non sia esaurientemente giustificata la “particolare urgenza”, l’atto deve essere considerato nullo.
29 settembre 2012
Valeria Fusconi
1L'articolo 21 septies della legge 11 febbraio 2005, n. 15, recante modifiche ed integrazioni alla legge n. 241/1990, concernenti norme generali sull'azione amministrativa recita “È nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”.