Nuove regole sull’abuso del diritto: in un recente atto di indirizzo, il MEF fissa principi e chiarisce confini tra risparmio lecito e abuso e offre spunti utili per evitare contestazioni. Quali comportamenti sono davvero a rischio? Tutto quello che contribuenti e professionisti devono sapere.
Abuso del diritto: il nuovo atto di indirizzo del MEF tra principi e prassi
In data 27.2.2025 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha diramato un atto di indirizzo in tema di abuso del diritto al fine di uniformare il comportamento dei vari Uffici.
Il documento risulta di sicuro interesse per gli operatori in quanto, pur non risolvendo tutti i dubbi sul tema e pur non affrontando tutte le casistiche controverse, offre interessanti spunti di riflessione e un inquadramento sistematico sul tema.
I principi cardine dell’abuso del diritto
Il documento ci ricorda che l’abuso del diritto è stato introdotto ad opera del D.Lgs. n. 128/2015 e riguarda tutti i tributi, diretti ed indiretti, armonizzati e non, erariali e locali.
Viene inoltre rilevata l’irrilevanza dell’abuso del diritto sul piano delle sanzioni penali.
Come avremo modo di illustrare, per configurare abuso del diritto, infatti, il risparmio d’imposta deve risultare indebito ma non illecito. Il comportamento che genera l’abuso può essere informalmente qualificato come “furbesco” ma non evasivo.
Viene inoltre ricordato che il comma 4 dell’art. 10 bis L. 212/2000 (cd statuto del contribuente) stabilisce espressamente che:
“resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali differenti offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”.
La distinzione tra risparmio illecito e risparmio indebito
L’atto di indirizzo chiarisce che il risparmio di imposta risulta illecito quando viene realizzato infrangendo una disposizione fiscale. Si tratta del banale caso di evasione fiscale che viene perseguito in quanto tale. L’abuso non genera un risparmio di imposta illecito, bensì indebito. Lo stesso viene ottenuto nel pieno rispetto della legge ma attraverso una strumentalizzazione della stessa che ne tradisce lo spirito.
In altre parole, il contribuente, pur nel formale rispetto della norma, ne tradisce la natura ottenendo un risultato che la norma stessa ammette ma che il sistema disapprova.
L’abuso presenta, quindi, un carattere residuale. L’atto di indirizzo chiarisce, inoltre, che rimangono estranei dall’abuso per rientrare nella vera e propria evasione i casi di simulazione e di frode che si caratterizzano per una manipolazione della realtà.
Viene precisato che:
“la simulazione identifica la fattispecie in cui il contribuente fa apparire una realtà diversa da quella effettiva o sotto il profilo soggettivo della titolarità del reddito o sotto il profilo oggettivo dell’esistenza del reddito, realizzando così un occultamento del reddito stesso; la frode identifica la fattispecie in cui il presupposto impositivo è occultato attraverso artifizi e raggiri.
L’abuso del diritto si concretizza non nella manipolazione della realtà, ma piuttosto, nell’utilizzo distorto degli strumenti giuridici effettivamente adottati dal contribuente, tradendone però la naturale funzione”.
Gli elementi costitutivi dell’abuso
Il comma 1 dell’art. 10 bis L. 212/2000 tratteggia gli elementi costitutivi dell’abuso stabilendo che:
“Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. [..]”
L’atto di indirizzo evidenzia come, per contestare l’abuso, l’Amministrazione Finanziaria debba dimostrare i tre seguenti elementi costitutivi dell’abuso:
- il conseguimento di vantaggi fiscali “indebiti”;
- l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o della sequenza di operazioni effettuate dal contribuente;
- l’essenzialità del vantaggio fiscale indebito.
Il punto di partenza è costituito dalla presenza del vantaggio fiscale indebito. Infatti, qualora il vantaggio rimanga nell’alveo del legittimo risparmio di imposta nessuna contestazione potrà essere sollevata al contribuente.
L’atto di indirizzo fornisce anche alcune indicazioni per meglio delineare i contorni del vantaggio fiscale.
Il vantaggio fiscale
L’atto di indirizzo precisa che il vantaggio fiscale si può configurare nelle seguenti casistiche:
- riduzione di imposte o i rimborsi;
- crediti d’imposta;
- maggiori perdite fiscalmente rilevanti;
- applicazione di regimi d’imposizione sostitutiva;
- deduzioni o detrazioni d’imposta.
Viene, inoltre, precisato il riferimento operato dal legislatore in relazione ai benefici “anche non immediati”. Potrebbero, Infatti, risultare indebiti…
…“anche i differimenti di imposizione, cioè le situazioni nelle quali il contribuente consegue un vantaggio finanziario, purché si tratti di un rinvio della tassazione sine die o significativamente posticipato, dunque non meramente temporaneo.”
Il riferimento al differimento sine die porta a ritenere che non possa rientrare nella casistica dell’abuso il differimento della tassazione sui dividendi a seguito di creazione della holding e distribuzione degli stessi alla holding con tassazione all’1,2%.
Senza voler scomodare le ragioni extrafiscali non marginali che possono giustificare una simile operazione, possiamo rilevare come il differimento della tassazione non possa essere considerato sine die in quanto la stessa interverrà in occasione della successiva distribuzione anche differita nel tempo dei dividendi dalla holding ai soci, magari anche a seguito di liquidazione o recesso[1].
Riteniamo di condividere l’osservazione secondo cui:
“Che in tali casi [ndr: nei casi di creazione della holding mediante conferimento] l’eventuale differimento possa considerarsi “per definizione”