I costi di impianto e di ampliamento

Analisi dei costi d’impianto e di avviamento.

I costi d’impianto e di ampliamento nella prassi contabile, si considerano un investimento in fattori produttivi preliminari, necessari per rendere operativa l’impresa in termini di assetto organizzativo.

Si tratta di un investimento di tipo irreversibile, dato che queste componenti strutturali hanno la peculiarità di non poter essere dimesse fino a che non siano esaurite in termini di utilità.

I costi classificabili quali spese di impianto e di ampliamento sono molti e sensibilmente diversi tra di loro.

Alcuni sono soggetti ad Iva, altri invece no.

Costi di impianto

Tra i costi di impianto, confluiscono tutti i costi sopportati dall’azienda nella fase di costituzione e quindi:

  • le spese notarili,
  • imposte e tasse per la registrazione,
  • iscrizione dell’atto costitutivo,
  • le consulenze e gli adempimenti professionali,
  • le spese per la stampa dei certificati azionari,
  • le spese di organizzazione interna,
  • le spese per adattamento dei locali,
  • spese relative a studi e progetti,
  • spese per studi di fattibilità,
  • spese per ricerca e addestramento del personale,
  • avviamento impianti e produzione,
  • allacciamento dei servizi.

 

Costi di ampliamento

I costi di ampliamento sono invece  rappresentati da tutti i costi, sostenuti in un momento successivo alla costituzione dell’azienda e contrattualmente e giuridicamente a suo carico, indispensabili per il potenziamento dell’attività o finalizzati all’incremento delle capacità operative dell’impresa.

Si tratta ad esempio:

  • delle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto,
  • dell’aumento di capitale,
  • della fusione, scissione e trasformazione,
  • del conferimento,
  • della ristrutturazione interna,
  • dell’ avvio di nuovi processi produttivi,
  • dell’ ammodernamento locali,
  • della sistemazione piazzali.

Tali costi sebbene sostenuti durante il normale funzionamento dell’impresa, hanno sempre il requisito della durata nel tempo, essendo riferiti a servizi che esplicano la loro attività in diversi esercizi.

A titolo di esempio, possiamo prendere a base di riferimento la base di start- up di una società a responsabilità limitata (o chiaramente di una qualsiasi società di capitali).

In tale contesto ci troveremo di fronte costi di impianto di tipo fiscale, giuridico, nonché organizzativo.

Supponiamo che la società abbia ricevuto la fattura dal commercialista che ha curato le procedure di costituzione, comprensiva di:

  •      Parcella E. 1.000,00;
  •      Imposte di registro E. 300,00;
  •      Imposte e tasse deducibili E. 500,00.

 

In partita doppia avremo le seguenti scritture:

Al momento della liquidazione della fattura

 

 

diversi

a

Debiti v/so fornitori

2.000,00

 

 

Spese di costituzione e impianto

1.800,00

 

 

Iva a credito

200,00

 

 

 

 

 

 

 

Al momento del pagamento della fattura e della ritenuta fiscale

 

 

 

 

 

 

Debiti v/so fornitori

a

diversi

 

2.000,00

 

 

a

Banca c/c

1.800,00

 

 

 

a

Erario c/ritenute redd. Lav.auton.

200,00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Erario c/ritenute redd. Lav.auton.

a

Cassa

 

200,00

 

 

 

 

 

Il mantenimento nell’attivo dello stato patrimoniale dei costi di impianto e ampliamento è subordinato alle condizioni che regolano in generale le poste dell’attivo, cioè:

  • il permanere della utilità futura;
  • l’ammontare capitalizzato non può essere superiore al valore stimato dell’utilità futura attesa. A tal proposito giova ricordare che il primo comma dell’art. 2424 bis del codice civile,, prescrive esplicitamente che sono iscritti tra le immobilizzazioni, gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati in forma durevole nell’attività di impresa.

 

La definizione di “ elementi patrimoniali “ è sufficientemente vasta da ricomprendere elementi materiali e immateriali del patrimonio aziendale, ma la norma è tassativa sul principio della destinazione all’interno dell’impresa.

È necessario quindi che i beni siano durevolmente destinati allo scopo cui sono prefissati, ma secondo logiche e finalità di tipo prettamente aziendale; ogni elemento attivo del patrimonio con durata d’utilizzo e scadenza di realizzo superiore all’esercizio costituisce immobilizzazione, cioè attività pluriennale destinata a trasformarsi in forma di cash – flow ( liquidità ) oltre l’esercizio.

Le immobilizzazioni hanno, infatti un contenuto patrimoniale idoneo a produrre effetti reddituali futuri, rappresentando elementi a fecondità ripetuta.

Infatti qualora l’utilità futura attesa fosse venuta meno, o se ne attendesse il venir meno, il valore capitalizzato deve essere svalutato proporzionalmente alla riduzione dell’utilità attesa.

Essendo complesso valutare l’utilità attesa, soprattutto se il costo di impianto o di ampliamento non si riferisce a progetti specificatamente identificabili dell’impresa, è opportuno prestare attenzione nelle ipotesi di riduzione degli utili e di perdite d’esercizio.

L’ammortamento dei costi di impianto e di ampliamento, è disciplinato dall’art.   2426, lettera 5, del Codice Civile, ai sensi del quale

“l’ammortamento dei costi di impianto e di ampliamento deve esaurirsi in un periodo non più grande di 5 anni“.

L’OIC n. 24 specifica altresì che questa limitazione temporale è puramente convenzionale, ed è motivata dal principio di prudenza, corollario per la redazione del bilancio d’esercizio.

 

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giugno 2006