Il conto “cassa” rappresenta la liquidità disponibile in azienda e non dovrebbe avere un saldo negativo. Tale anomalia può indicare omissione di ricavi, spese non giustificate o ricavi non documentati, che la Cassazione interpreta come presunzione di redditi occulti.
Questa situazione, magari figlia di disattenzione, è molto pericolosa in sede di verifica fiscale e, in quanto tale, giustifica un accertamento analitico-induttivo, poiché denota possibili irregolarità nelle scritture contabili.
Nel presente contributo, illustriamo la ultima giurisprudenza espressasi sul tema.
È noto come il conto cassa rappresenti il denaro (contante o assegni) disponibile fisicamente in un’azienda.
Attenzione al conto Cassa con saldo negativo!
Il saldo negativo (escludendo le mere dimenticanze di segno positivo, come una mancata registrazione di incasso di credito in contanti) è pertanto impossibile (non esistono banconote o assegni di importo negativo), così come è altrettanto impossibile (o per meglio dire inverosimile) che il conto cassa abbia un ingente saldo positivo e contemporaneamente vi sia una elevata negativa esposizione bancaria, per cui è evidente che tale eventualità può comportare diverse contestazioni.
La prima è senz’altro quella dell’omissione di ricavi che si potrebbe realizzare nel caso in cui l’azienda ometta di registrare o dichiarare una parte delle proprie entrate, nel caso in cui l’azienda abbia incassato denaro senza riportarlo ufficialmente in contabilità.
Un’altra potrebbe essere costituita da spese non giustificate: il saldo negativo potrebbe anche indicare che l’azienda ha registrato spese (non documentate o non giustificate correttamente) che non sono coperte dai flussi di cassa dichiarati, generando così una discrepanza.
Infine, si potrebbe avere una presunzione di ricavi non documentati (ovvero “in nero”): si potrebbe presumere che l’azienda stia utilizzando ricavi non dichiarati per coprire le uscite.
Cosa dice la Cassazione?
Sul tema, la recente Ordinanza n. 25627 del 25 settembre 2024 conferma quanto già ribadito da diverse altre pronunce di legittimità (Cassazione n. 25289/17 e 1530/17; Cassazione n. 11988/11; Cassazione n. 24509/09; Cassazione n. 27585/08), che appunto affermano che una chiusura di cassa con segno negativo denota l’omessa contabilizzazione di un’attività perlomeno equivalente al disavanzo.
La presunzione di maggior reddito occulto può essere superata soltanto fornendo la prova con elementi univoci atti a giustificare l’anomalia contabile individuata dall’Ufficio, come ad esempio la mancata registrazione di operazioni di pagamento in entrata.
A dispetto della giurisprudenza di merito, che a volte ha accolto i ricorsi dei contribuenti, quella di legittimità è dunque unanime nell’affermare il principio di diritto in base al quale:
“la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo”.
Attenzione al rischio di accertamento analitico – induttivo
Tale presunzione è di per sé grave, precisa e concordante, sicché legittima a pieno titolo l’accertamento analitico-induttivo; di più, poiché da tale irregolarità può essere desunta l’inattendibilità delle scritture contabili, sarà possibile altresì l’accertamento induttivo ex artt. 39, comma 2, lett. d) del DPR 600/73 e 55 del DPR 633/72, come sostenuto dalla citata recente Cassazione n. 25289/24.
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Mercoledì 6 novembre 2024