E’ in arrivo (all’interno della riforma fiscale in genere) anche la riforma del sistema doganale. Ecco le principali novità previste dallo schema di Decreto Legislativo del 26 Marzo: la revisione delle sanzioni in base al principio di proporzionalità, il contrasto al contrabbando, IVA all’importazione e rappresentanza doganale, l’emanazione del Testo Unico delle Accise
Lo scorso 26 marzo è stato approvato lo schema di decreto legislativo per la riforma della normativa doganale. Sono molte le novità introdotte: l’integrale riscrittura dell’impianto sanzionatorio, il potenziamento dello Sportello unico doganale e dei controlli, nuove norme sulla rappresentanza doganale.
La legge delega e gli obiettivi della riforma doganale
Lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri è attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111.
L’obiettivo è quello di riformare le disposizioni in materia doganale, superando il testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, TULD) e il regio decreto 65/1896.
L’obsolescenza di tali provvedimenti normativi risultava, infatti, già evidente con l’entrata in vigore del codice doganale unionale (Reg. Ue 9 ottobre 2013, n. 952).
Lo schema di decreto legislativo si compone di 122 articoli che sostituiranno i 352 del TULD, allo scopo di disciplinare solo quanto non regolamentato già dalle norme doganali europee.
Gli obiettivi perseguiti con la riforma della normativa doganale sono molti. Nello specifico, la finalità è quella di completare la telematizzazione delle procedure, migliorare il coordinamento tra le autorità doganali e riformare il sistema sanzionatorio in materia doganale.
Tra gli obiettivi perseguiti rientra anche quello di attuare una revisione dell’istituto della controversia doganale e di potenziare lo Sportello unico doganale e dei controlli (SU.DO.CO).
Attuazione del principio di proporzionalità sulle sanzioni
Lo schema di decreto legislativo individua un nuovo sistema sanzionatorio, nel quale trova attuazione il principio di proporzionalità. In applicazione dell’art. 20, comma 3, lett. b) n. 2 e lettera c) della legge delega, la riforma interviene al fine di semplificare le condotte sanzionate e garantire maggiore proporzionalità delle sanzioni.
In particolare, l’art. 96, comma 14 delle Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione dispone l’applicazione di una sanzione amministrativa compresa tra l’80 e il 150% dei diritti di confine dovuti.
La riforma prevede, infatti, sanzioni notevolmente ridotte rispetto a quelle individuate nell’art. 303 TULD. L’art. 96 disciplina, inoltre, le attenuanti. Nello specifico, la sanzione è ridotta di un terzo quando i maggiori diritti di confine dovuti sono inferiori al 3% di quelli dichiarati.
La sanzione è pari a zero se l’ammontare dei diritti di confine complessivamente dichiarati è pari o superiore a quelli complessivamente accertati.
In materia procedurale, sarà compito dell’autorità giudiziaria stabilire se una fattispecie ha rilevanza penale.
Nello specifico, nei casi in cui l’ammontare dei diritti accertati sia superiore a 10.000 euro o nei casi in cui sussistano i presupposti del contrabbando aggravato, la Dogana dovrà trasmettere la notizia di reato all’autorità giudiziaria, la quale tratterrà il relativo fascicolo nel caso in cui ritenga sussistente l’elemento soggettivo del dolo.
Le violazioni colpose saranno, invece, inquadrate fra gli illeciti amministrativi.
Tale procedimento permetterà di dare piena attuazione al principio del “ne bis in idem”, in quanto non sarà possibile applicare ad una determinata fattispecie sia una sanzione penale che amministrativa.
Il contrabbando
Il nuovo schema di decreto legislativo individua due fattispecie generali: il contrabbando per omessa dichiarazione (art. 78) e il contrabbando per dichiarazione infedele (art. 79).
Nello specifico, l’art. 78 delle Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione prevede l’applicazione di una multa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti nei confronti di colui che, omettendo di presentare la dichiarazione doganale, fa circolare nel territorio doganale o sottrae alla vigilanza doganale merci non unionali o fa uscire a qualunque titolo dal territorio doganale merci unionali.
Anche l’art. 79 dispone l’applicazione di una multa dal 100 al 200% dei diritti di confine dovuti nei confronti di chi dichiara qualità, quantità, origine e valore delle merci, nonché ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti, in modo non corrispondente all’accertato.
L’art. 94 disciplina, invece, la confisca la quale viene disposta in tutti i casi di contrabbando.
In particolare, il provvedimento di confisca ha ad oggetto le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e le cose che ne sono l’oggetto, il profitto o il prodotto. Qualora non sia possibile procedere alla loro individuazione, è disposta la c.d. “confisca per equivalente”.
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IVA all’importazione e rappresentanza doganale
L’art. 27 delle Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione definisce i diritti doganali come quei diritti che l’Agenzia è tenuta a riscuotere in forza di vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea o da disposizioni di legge nazionali.
L’IVA all’importazione è, pertanto, inquadrata tra i diritti di confine fatta eccezione per il caso in cui le merci debbano essere immesse al consumo in un altro Stato membro o siano poste in un deposito Iva.
La riforma introduce espressamente con riferimento all’Iva all’importazione, la responsabilità dei rappresentanti doganali indiretti che, prima della riforma, non erano obbligati a versare la maggiore Iva oggetto di contestazione.
A tal proposito, la relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo chiarisce che l’espressa indicazione dell’Iva tra i diritti di confine ha come scopo quello di fornire una risposta normativa al principio enunciato dalla Corte di Giustizia Europea, 12 maggio 2022, causa C-714/20, con cui è stato affermato:
“L’articolo 201 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che non può essere riconosciuta la responsabilità del rappresentante doganale indiretto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione, in solido con l’importatore, in assenza di disposizioni nazionali che lo designino o lo riconoscano, in modo esplicito e inequivocabile, come debitore di tale imposta”.
L’art. 31 delle Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, infine, introduce l’obbligatorietà del rapporto di mandato scritto tra l’operatore e il rappresentante doganale diretto.
SU.DO.CO.
Altra novità importante riguarda il potenziamento dello Sportello Unico DOganale e dei COntrolli (SU.DO.CO.) attualmente operativo solo a La Spezia, Livorno e Ravenna.
La finalità perseguita è quella di ottimizzare le attività connesse ai controlli, con lo scopo di agevolare il coordinamento tra Agenzia delle dogane e dei monopoli, gli enti pubblici e gli operatori.
L’art. 39 delle Disposizionali nazionali complementari al codice doganale dell’Unione prevede che l’Agenzia, nell’ambito dello Sportello Unico Doganale e dei Controlli, attua il coordinamento operativo delle amministrazioni che concorrono al controllo sulle merci in ingresso e uscita nel o dal territorio doganale dell’Unione europea.
In particolare, la relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo individua come obiettivo principale quello di attuare la completa digitalizzazione dei processi di importazione ed esportazione delle merci.
Le modifiche al TUA
Il decreto legislativo per la riforma doganale introduce anche alcune modifiche al Testo unico accise (TUA).
In particolare, è previsto il reato di sottrazione all’accertamento e al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati che viene punito con la pena detentiva da due a cinque anni (art. 40-bis TUA).
La sanzione penale non può essere irrogata nel caso in cui la violazione ha ad oggetto un quantitativo di tabacco lavorato inferiore ai 15 kg convenzionali e se non risultano applicabili le circostanze aggravanti disciplinate nel nuovo art. 40-ter TUA.
In tal caso, la violazione è punita con una sanzione amministrativa che può variare dai 500 euro ai 1.000 euro in base al quantitativo di tabacco sottratto all’accertamento.
La sanzione amministrativa sarà compresa tra i 3.000 e i 30.000 euro nel caso in cui il quantitativo di tabacchi lavorati sottratti al pagamento dell’accisa non sia stato definito.
Anche al consumatore potrà essere irrogata una pena compresa tra i 5.000 e i 10.000 euro e potrà essere disposto l’arresto, se il quantitativo di tabacco lavorato è superiore ai limiti individuati dalla normativa (art. 40-quinquies TUA).
Potrà, infine, essere disposta la chiusura dell’attività o la sospensione della licenza nei confronti del soggetto che vende tabacchi lavorati senza autorizzazione.
Fonte: Comunicato stampa relativo al Consiglio dei Ministri del 26/03/2024.
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Sara Armella e Tatiana Salvi
Lunedì 8 aprile 2024
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