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L’autore del reato, pertanto, potrà essere soggetto alla confisca di beni e della propria liquidità anche quando non sia possibile sottoporre a sequestro la merce introdotta illegalmente nel territorio dello Stato.
In caso di contrabbando ammessa la confisca per equivalente
Il legislatore ha stabilito che, quando non sia possibile procedere alla confisca diretta sui beni importati, possono essere oggetto di confisca, per un valore equivalente, somme di denaro, beni oltre utilità di cui il soggetto ha la disponibilità, anche per interposta persona, intensificando così le misure di prevenzione nelle ipotesi di contrabbando.
L’insorgere di un eventuale procedimento penale potrebbe comportare, pertanto, anche una confisca dei beni dell’importatore, con importanti ripercussioni sulla sua attività economica.
Il reato di contrabbando
Il reato di contrabbando si configura quando un soggetto sottrae, o tenta di sottrarre, merci di origine estera al pagamento dei diritti di confine (artt. 282 e ss. Tuld).
Il Tuld disciplina diverse fattispecie criminose che vanno dal trasporto di beni attraverso il confine di terra in violazione della vigilanza doganale negli spazi doganali, alla movimentazione di prodotti tramite laghi di confine, per via aerea o per mare in assenza di autorizzazioni obbligatorie, oppure il caso di merci movimentate nelle zone extra – doganali.
Sono, inoltre, punite, tutte le condotte relative alla movimentazione di beni sottoposti a regimi speciali, come le merci importate con agevolazioni doganali, conservate in depositi doganali, ammesse ad importazioni o esportazioni temporanee.
È possibile distinguere, inoltre, tra due tipologie di contrabbando: “extraispettivo” e “intraispettivo”.
Il primo si configura nel caso in cui le merci non siano sottoposte ai controlli che precedono l’introduzione della merce oltre un confine doganale; il secondo si realizza nel caso in cui, nonostante la merce sia sottoposta alle procedure doganali normalmente previste, si rilevi un’incongruenza tra i dati dichiarati e quelli accertati, da cui concretamente derivi l’evasione dei diritti di confine.
Le novità in materia di D.Lgs. n. 231/2001
Con il decreto legislativo n. 156/2022 il legislatore corregge e integra il decreto legislativo 75/2020, di attuazione della direttiva UE 2017/1371 (nota come direttiva PIF), relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale.
Com’è noto, il c.d. decreto depenalizzazione (d.lgs. 8/2016) aveva trasformato i reati doganali puniti con la sola sanzione della multa o ammenda (come il contrabbando semplice) in illeciti amministrativi, con l’eccezione di alcune condotte penalmente rilevanti, come il reato di contrabbando aggravato.
Successivamente, il d.lgs. 75/2020 ha previsto la ri-criminalizzazione delle condotte che integrano il reato di contrabbando “semplice” quando l’ammontare dei diritti di confine dovuti superi la soglia dei 10.000 euro e ha incluso gli illeciti di contrabbando nel novero dei “reati presupposto” ai fini dell’accertamento della responsabilità amministrativa dipendente da reato.
Il d.lgs. 231/2001 disciplina la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi e contempla una serie di presidi da utilizzare per ridurre il coinvolgimento dell’ente nel caso di condotte illecite dai dipendenti dell’azienda, di conseguenza la disciplina del contrabbando è rilevante ai fini dell’aggiornamento del modello 231 delle aziende.
Con l’emanazione del d.lgs. 156/2022 è stata aggiornata la disciplina del d.lgs. 231/2001, infatti sono stati ricompresi nelle ipotesi di responsabilità amministrativa degli enti anche i reati commessi al fine di evadere l’Iva nell'ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato membro, da cui possa derivare un danno complessivo pari o superiore a dieci milioni di euro.
A cura di Sara Armella
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