Uno degli aspetti più critici della chiusura del bilancio è quello della corretta valutazione delle rimanenze di magazzino. In questo articolo proponiamo un ripasso delle metodologie di valutazioni civilistiche ed i possbili riflessi fiscali.
Bilancio 2020: perché valutare il magazzino?
Il motivo per cui occorre procedere alla valutazione delle rimanenze di magazzino va ricercato nella necessità di rispettare la disposizione codicistica della redazione del bilancio secondo un criterio di competenza.
L’articolo 2423-bis, comma 1, numero 3) del Codice civile sancisce che:
«si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento».
Corollario fondamentale per il rispetto del principio della competenza economica è il principio della correlazione fra ricavi e costi.
Si badi: i costi devono essere correlati ai ricavi, e non viceversa.
Quindi se i ricavi sono realizzati[1] in un dato esercizio, vanno ad essi correlati i rispettivi costi di competenza, eventualmente anche solo stimati.
Viceversa, se sono stati sostenuti dei costi per realizzare costi ancora da realizzare, non è possibile «anticipare» i ricavi solo stimati (previsti, eventuali, comunque incerti), ma occorre piuttosto «sospendere» il costo.
Questo concetto può essere espresso con un esempio numerico.
EsempioUn’azienda, per realizzare penne da vendere, acquista la plastica, l’inchiostro e la mano d’opera per realizzare il prodotto finito. Nell’esercizio X acquista:
Il prezzo di vendita delle penne è pari a 5 per ciascuna unità. Nell’esercizio è stata venduta una sola penna. Quindi:
Potremmo dire che si tratta di un’azienda con buone prospettive di realizzare utili? Ci si chiede: qual è il risultato di bilancio dell’esercizio X?Se rispondessimo « -295 » non avremmo tenuto conto dei prodotti finali realizzati. Il che significa che considereremmo di competenza costi per 300, i quali – però – non sono correlati ai ricavi, che sono per la maggior parte ancora da realizzare. Quindi, dobbiamo «sospendere» i costi, ossia rinviarli agli esercizi futuri nei quali verranno realizzati i ricavi, ai quali i costi sono correlati. Per rinviare al futuro esercizio i costi «sospesi» valorizziamo le rimanenze finali. Queste ultime, quindi, non rappresentano ricavi, ma costi sospesi. In conclusione, mentre durante l’esercizio registriamo nella contabilità aziendali gli acquisti effettuati sulla base dei documenti originari (le fatture di acquisto), a fine anno dobbiamo rettificare i costi registrati in modo che i costi di competenza non siano quelli relativi ai beni acquistati, bensì ai beni utilizzati. I costi di competenza, quindi, sono quelli «consumati» per realizzare gli effettivi ricavi. Ed invero, per conoscere il margine di ogni penna venduta, dovremmo confrontare:
con
In altre parole, il costo del venduto che, come ci fa comprendere l’espressione, rappresenta i costi utilizzati per vendere, va correlato ad ogni vendita. Nel nostro esempio, avendo venduto solo una penna prodotta, il risultato d’esercizio dovrebbe essere così rappresentato:
Ricavi: + 5 Rimanenze finali: + 297 Costi per acquisto di beni: – 300 Risultato d’esercizio: + 2
Il risultato (+ 2) è dato proprio dalla differenza tra i ricavi effettivamente realizzati (5) e il costo del venduto (3). Comprendiamo che il costo del venduto può essere calcolato in questo modo: esistenze iniziali + acquisti – rimanenze finali Senza la corretta valorizzazione delle rimanenze finali (che costituiscono le esistenze iniziali dell’esercizio successivo) non si potrebbe addivenire ad un corretto risultato di competenza. |
La valutazione delle rimanenze di esercizio risponde all’esigenza di ripartire i risultati in corso di formazione fra gli esercizi lungo i quali si dipanano le operazioni di acquisto, trasformazione e vendita dei beni (e dei servizi; in questo elaborato – per semplicità di ra