Le nuove regole per l’accertamento basato sugli studi di settore

La normativa per l’accertamento basato sugli studi di settore è stata pesantemente modificata nel corso del 2011: presentiamo un riassunto delle modifiche e delle tempistiche della loro applicazione

Come è noto, la cd. Manovra di ferragosto – D.L. 13 agosto 2011, n. 138, art. 2, c. 35, – ha integrato l’ultimo periodo del comma 4 bis dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, norma che si occupa delle modalità di utilizzazione degli studi di settore in fase di accertamento.

 

La regola originaria

Gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui all’articolo 62-sexies del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con periodo d’imposta pari a dodici mesi e, qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi.

L’utilizzo di tale strumento, in fase accertativa, non si applica nei confronti dei contribuenti:

a) che hanno dichiarato ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c – d – e, o compensi di cui all’articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale; tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro;

b) che hanno iniziato o cessato l’attività nel periodo d’imposta; la disposizione di cui al comma 1 si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell’attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l’attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti1;

c) che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell’attività.

 

Ai sensi del comma 4-bis, dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui all’articolo 39, comma 1, lettera d, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54, comma 2, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all’articolo 10-bis, comma 2, della legge n.146/1998, qualora l’ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati.

Il comma 4-bis, prevede, quindi, nella sua versione originaria, prima della modifica apportata dalla cd. Manovra di ferragosto, che nei confronti dei contribuenti che risultino “congrui” rispetto alle risultanze degli studi di settore (anche per adeguamento in dichiarazione) l’accertamento di tipo presuntivo previsto all’art. 39, comma 1, lettera d, secondo periodo, del D.P.R. n. 600 del 1973, e all’art. 54, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972, possa essere effettuato solo al verificarsi di una delle seguenti condizioni:

  • l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione di tipo presuntivo, sia superiore al 40% dell’ammontare dei ricavi/compensi dichiarati;

  • l’ammontare delle attività non dichiarate, derivante dalla ricostruzione presuntiva, superi, in valore assoluto, 50.000 euro.

 

Sul punto il documento di prassi n. 31/2007 richiama quanto già esplicitato precedentemente con la circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007: “la previsione del limite dei 50 mila euro e del 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati non costituisce in alcun modo una franchigia. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’ammontare accertabile in base alle presunzioni semplici qualificate sia superiore ai predetti limiti, la rettifica dei ricavi e/o dei compensi sarà effettuata nella misura complessiva”.

La preclusione accertativa non trova applicazione per i contribuenti nei cui confronti sussistono le condizioni per l’irrogazione di sanzioni per omessa o infedele comunicazione dei dati rilevanti per gli studi di settore, previste dall’art. 1, c. 2-bis, e dall’art. 5, c. 4-bis, del D.Lgs. n. 471/97, nonché dall’art. 32, c. 2-bis, del D.Lgs. n. 446/97.

In pratica, la preclusione è sottoposta alla condizione che le informazioni indicate dal contribuente nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore non siano viziate da irregolarità tali da rendere applicabili le ulteriori sanzioni previste e introdotte con la Finanziaria 2007 (per superare la preclusione in sede di accertamento, non è necessario che sia intervenuta l’effettiva irrogazione della sanzione, ma piuttosto che risultino verificati i presupposti oggettivi posti a base della norma sanzionatoria. In tal caso, nelle specifiche motivazioni dell’atto di accertamento andrà inclusa anche quella relative alla sussistenza delle condizioni per l’applicazione delle citate sanzioni).

 

La manovra di ferragosto

Per effetto della cd. Manovra di ferragosto, la preclusione accertativa, si applica si applica, oltre che nell’ipotesi in cui non siano irrogabili le sanzioni di cui ai commi 2-bis e 4-bis rispettivamente degli articoli 1 e 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nonché al comma 2-bis dell’articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, alla ulteriore condizione che i contribuenti interessati risultino congrui allerisultanze degli studi di settore, anche a seguito di adeguamento, inrelazione al periodo d’imposta precedente.

Quindi, doppia condizione:

  • non applicabilità delle sanzioni per cd. taroccamento dei dati;

  • congruità rispetto al periodo d’imposta precedente.

 

Si ricorda che l’art. 23, c. 28, del D.L. n.98 del 6 luglio 2011, convertito, con modificazioni, in L. n. 111/2011, aveva già modificato l’art. 10 della legge n. 146 del 1998, cassando l’inciso che obbligava l’ufficio, in caso di rettifica, di indicare nella motivazione dell’atto le ragioni che lo hanno indotto a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.

 

La manovra di Natale

Il D.L. n.201 del 6 dicembre 2011, convertito, con modificazioni, in legge n. 214 del 22 dicembre 2011 – art. 10, c. 9 -, è intervenuto, ancora una volta sul procedimento di accertamento a mezzo studi di settore.

In pratica, nei confronti dei contribuenti soggetti agli studi di settore:

  • sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all’art. 39, c. 1, lett. d, p. 2, del D.P.R. n. 600/1973, e all’art. 54, c. 2, u.p., del D.P.R. n. 633/1972 (accertamenti analitici-induttivi);

  • sono ridotti di un anno i termini di decadenza per l’attività di accertamento previsti dall’art. 43, c. 1, del D.P.R. n.600/73, e dall’art. 57, c. 1, del D.P.R. n. 600/1973; la disposizione non si applica in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74. Ricordiamo, comunque, che per effetto di quanto previsto dall’art. 10, c. 6, della legge n. 146 dell’8 maggio 1998, la determinazione dei maggiori ricavi, corrispettivi e compensi, conseguenti all’applicazione degli accertamenti effettuati dagli uffici, mediante l’applicazione degli studi di settore, ovvero dichiarati per effetto di adeguamento, non è rilevante ai fini della comunicazione di reato, essendo stato escluso l’obbligo della trasmissione, all’autorità giudiziaria competente, della notizia di reato d’ufficio, ai sensi dell’art. 331 del c.p.p. ;

  • la determinazione sintetica del reddito complessivo di cui all’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973, è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello ordinario (la regola generale, invece, è del 20%).

Le norme introdotte si applicano sempre che sussistano le seguenti condizioni:

a) il contribuente abbia assolto fedelmente agli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;

b) sulla base dei dati sopra indicati il contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

 

Inoltre, il comma 11, dell’articolo 10, della Manovra di Natale, per i soggetti non congrui e coerenti, che evidenziano ricavi o compensi comunque inferiori rispetto a quanto determinabile sulla base degli strumenti presuntivi, ha previsto che una parte della capacità operativa dell’Agenzia delle entrate e della Guardia di Finanza vada destinata a specifici controlli, articolati su tutto il territorio in modo proporzionato alla numerosità dei contribuenti interessati e basati su specifiche analisi del rischio di evasione che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione dell’anagrafe tributaria di cui all’art.7, c. 6, del D.P.R. n.605/73, utilizzando, prioritariamente, le indagini finanziarie.

Il comma 12, della Manovra di fine anno ha abrogato pure il comma 4-bis dell’articolo 10 e l’articolo 10-ter della legge 8 maggio 1998, n. 146.

Secondo quanto previsto dal comma 4-bis dell’articolo 10 della L. 146/1998, gli accertamenti di tipo analitico-induttivo restavano preclusi qualora l’ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, era pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati.

Quindi, la preclusione agli accertamenti analitico-induttivi nei predetti limiti di ammontare e percentuali viene abrogata.

Mentre, l’art. 10-ter, della legge n.146/98 prevedeva che, in caso di adesione agli inviti a comparire, di cui all’art. 5, c. 1-bis del D.Lgs. n. 218/97, relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi, gli ulteriori accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all’art. 39, comma 1, lett. d, p. 2, del D.P.R. n.600/73 e all’art. 54, c. 2, u.p., del D.P.R. n. 633/72, non potevano essere effettuati qualora l’ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di 50.000 euro, era pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi definiti (tale disposizione si applicava a condizione che non erano irrogabili, per l’annualità oggetto dell’invito, le sanzioni di cui ai commi 2-bis e 4-bis, rispettivamente degliarticoli 1e 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nonché al comma 2-bis, dell’articolo 32, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446).

Tuttavia, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria, possono essere differenziati i termini di accesso alla disciplina di cui al presente articolo tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente. Con lo stesso provvedimento sono dettate le relative disposizioni di attuazione.

Le disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10 si applicano con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 ed a quelle successive.

Per le attività di accertamento effettuate in relazione alle annualità antecedenti il 2011 continua, invece, ad applicarsi quanto previsto dal previgente comma 4-bis dell’articolo 10 e dall’articolo 10-ter della legge 8 maggio 1998, n. 146.

 

1 febbraio 2012

Francesco Buetto

1) La cessazione ed il successivo inizio dell’attività non determinano causa di esclusione dall’applicazione degli studi di settore qualora ricorrano contestualmente i tre seguenti requisiti:

  • che l’attività iniziata venga svolta dallo stesso soggetto che precedentemente aveva cessato l’attività (ciò comporta necessariamente che vi sia identità tra il soggetto che ha cessato l’attività e quello che la inizia nuovamente entro il termine dei sei mesi (cfr. circolare n. 31/2007;
  • che l’attività venga nuovamente iniziata entro il termine di sei mesi dalla sua cessazione (il requisito del termine dei sei mesi ricorre sia nel caso in cui il periodo di cessazione dell’attività ricada per intero nell’ambito dello stesso periodo d’imposta, sia qualora la cessazione e l’inizio entro i sei mesi siano avvenuti a cavallo di due periodi d’imposta consecutivi;
  • che l’attività presenti il carattere della “omogeneità” rispetto a quella preesistente (come rilevato dalla circolare n. 11/E del 2006, il requisito della omogeneità dell’attività rispetto a quella preesistente sussiste se le attività sono contraddistinte da un medesimo codice attività, ovvero i codici attività sono compresi nel medesimo studio di settore).

In ordine alla previsione relativa alla mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti, come già chiarito con circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007, la fattispecie si verifica quando l’attività presenta il carattere della novità unicamente sotto l’aspetto formale, ma che viene svolta, ancorché da un altro soggetto, in sostanziale continuità: acquisto o affitto d’azienda; successione o donazione d’azienda; operazioni di trasformazione. Anche per l’ipotesi di “mera prosecuzione”, andrà verificata la sussistenza delrequisito dell’omogeneità dell’attività rispetto a quella preesistente. In modo particolare, in ipotesi diverse dalle precedenti (i.e. quale quella del conferimento d’azienda), occorre riscontrare gli estremi della “prosecuzione dell’attività”, con riguardo al contesto generale in cui la nuova attività viene esercitata.