Un’analisi approfondita dei vari aspetti fiscali che coinvolgono gli impianti fotovoltaici.
Il Consiglio Nazionale del Notariato ha affrontato con alcuni studi la disciplina fiscale e giuridica della produzione di energie rinnovabili. Sembrerebbe che in particolare gli impianti fotovoltaici di maggiori dimensioni (potenza superiore da 20 KW) debbano essere classificati come beni immobili, inoltre questi non sconterebbero l’Ici per la parziale continuazione della produzione agricola e acquisizione della categoria D/10 o anche per la possibile funzione pubblica svolta, che permette l’attribuzione della categoria “E/3” al medesimo impianto.
Gli studi del Notariato sulla disciplina della produzione di energie rinnovabili
Alcuni studi del Consiglio Nazionale del Notariato hanno affrontato la disciplina fiscale e giuridica della produzione di energie rinnovabili.
Sembrerebbe che in particolare gli impianti fotovoltaici di maggiori dimensioni (potenza superiore da 20 KW) debbano essere classificati come beni immobili, inoltre questi non sconterebbero l’Ici per la parziale continuazione della produzione agricola e acquisizione della categoria D/10 o anche per la possibile funzione pubblica svolta, che permette l’attribuzione della categoria “E/3”.
Inquadramento civilistico del fotovoltaico
In un primo studio (n.221-2011/C), ci si sofferma sull’inquadramento civilistico dell’impianto fotovoltaico con riferimenti in particolare alla natura mobile o immobile del bene.
Nozione di bene immobile
La nozione di bene immobile, ci viene data dall’articolo 812 C.C., secondo il quale sono beni immobili:
🠆 il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni anche unite al suolo a scopo transitorio e in genere tutto ciò che è naturalmente o artificialmente incorporato al suolo. Sono, inoltre, reputati immobili, i mulini, o bagni e gli altri edifici galleggianti quanto sono saldamente assicurati a riva o all’alveo e sono destinati in modo permanente per la loro utilizzazione. Tutti gli altri sono beni mobili.
Momento dell’unione o incorporazione
Appare dunque fondamentale, al fine di individuare la concreta portata di tale definizione, stabilire quando si realizza l’unione anche transitoria o l’incorporazione artificiale, che costituisce il presupposto per reputare immobili sotto il profilo giuridico, beni che tali non sono sotto il profilo naturalistico.
OSSERVA
Nell’ambito del disposto dell’art. 812 c.c., infatti, mentre “il suolo, le sorgenti e i corsi d’acqua” sono ontologicamente e irreversibilmente immobili per effetto di fenomenologia naturale, tutti gli altri beni dell’elenco sono immobili in quanto sono uniti o incorporati al suolo per effetto o di fenomeno naturale o per opera dell’uomo.
Utilizzazione permanente o duratura
Sulla base di questa lettura, sembra che sia preferibile considerare immobili i beni suscettibili di utilizzazione permanente o almeno duratura nel luogo in cui si trovano. In conseguenza di tali, ma non uniche considerazioni effettuate nello studio, appare corretto classificare gli impianti fotovoltaici di grandi dimensioni (impianti con potenza superiori a 20 KW) nella categoria dei beni immobili. In quanto la messa in opera di un impianto di notevoli dimensioni lascia presupporre un collegamento con il luogo in cui lo stesso è impiantato per un utilizzo duraturo.
Impianti fotovoltaici natura mobiliare o immobiliare
Inquadramento degli impianti fotovoltaici
Gli impianti fotovoltaici, secondo la definizione dei decreti 19 febbraio 2007, 6 agosto 2010 e 5 maggio 2011, sono impianti di produzione di energia elettrica mediante conversione diretta della radiazione solare tramite l’effetto fotovoltaico, e sono composti principalmente da un insieme di moduli o pannelli fotovoltaici piani, uno o più gruppi di conversione della corrente continua in corrente alternata e altri componenti elettrici minori.
Il problema della loro qualificazione come beni mobili o immobili è stato affrontato diverse volte in sede di applicazione della normativa fiscale.
L’Agenzia del Territorio
L’Agenzia del Territorio, con risoluzione n. 3/2008 del 6 novembre 2008, nell’affrontare la questione della corretta classificazione e determinazione della rendita catastale delle centrali elettriche a pannelli fotovoltaici, ha ritenuto poter fare riferimento per analogia alla prassi – ormai consolidata e suffragata anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (con sentenza n. 16824 del 21 luglio 2006) – in merito alle turbine delle centrali elettriche, facendo pertanto rientrare anche questi impianti nella categoria D/1 – Opifici.
Impianti fotovoltaici di grande potenza
L’Agenzia del Territorio si riferisce in modo specifico agli impianti fotovoltaici di grande potenza (parchi fotovoltaici) realizzati allo scopo di produrre energia da immettere nella rete elettrica nazionale per la vendita.
Tali impianti, unitamente all’immobile su cui insistono, costituirebbero un’unità immobiliare a sé stante (pertanto autonomamente censita in catasto), per cui nella determinazione della rendita occorre tener conto anche dei pannelli fotovoltaici.
Impianti fotovoltaici di modesta potenza
Al contrario, non avrebbero autonoma rilevanza catastale, ma costituirebbero semplici pertinenze delle unità immobiliari, le porzioni di fabbricato ospitanti impianti di produzione di energia aventi modesta potenza e destinati prevalentemente ai consumi domestici.
Il parere diverso dell’ Agenzia delle Entrate
In senso diverso si era pronunciata l’Agenzia delle Entrate, secondo la quale un:
🠆 “impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce impianto infisso al suolo in quanto normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli fotovoltaici) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in un altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità”.
Inoltre, in una successiva circolare (11 aprile 2008, n. 38/E), la stessa Agenzia, interpretando l’art. 1, cc. da 271 a 279 della legge n. 296/2006, relativo al credito di imposta per l’acquisizione di beni strumentali nuovi in aree svantaggiate, ha estensivamente interpretato il riferimento normativo agli impianti e macchinari “diversi da quelli infissi al suolo”, facendovi rientrare “in conformità a quanto contenuto nella circolare 46/E del 19 luglio 2007, emanata in relazione agli incentivi fiscali per gli impianti fotovoltaici, gli impianti e i macchinari che possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità”.
Nella circolare è stato, poi, specificato che:
🠆 “ciò vale anche per i beni ‘stabilmente’ e ‘definitivamente’ incorporati al suolo, purché gli stessi possano essere rimossi e utilizzati per le medesime finalità senza ‘antieconomici’ interventi di adattamento”.
Circolare 23 giugno 2010 n. 38/E
L’Agenzia delle Entrate ha, infine, ribadito le proprie affermazioni nella circolare 23 giugno 2010 n. 38/E, specificando che “si è in presenza di beni immobili quando non è possibile separare il bene mobile dall’immobile (terreno o fabbricato) senza alterare la funzionalità dello stesso o quando per riutilizzare il bene in un altro contesto con le medesime finalità debbono essere effettuati antieconomici interventi di adattamento”.
Qualche ripensamento
Alcuni margini di ripensamento in merito all’impostazione più volte sostenuta dall’Agenzia delle Entrate e, pertanto, di avvicinamento alla posizione assunta dall’Agenzia del Territorio emergono indirettamente, dalla recente circolare 11 marzo 2011 n. 12, in tema di applicazione di imposta sostitutiva di cui all’art. 1, c. 16, della legge 220/2010 in presenza di contratti di leasing immobiliari in corso al 1° gennaio 2011, nell’ambito della quale l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che detta imposta si applica anche ai contratti di leasing stipulati per la realizzazione di impianti fotovoltaici.
Le conclusioni raggiunte nell’ambito della prassi ministeriale, non forniscono, pertanto, una chiave di lettura univoca della questione e, in ogni caso, devono essere verificate in ambito civilistico sulla base dei criteri interpretativi dell’art. 812 c.c. sopra enunciati.
Il lato urbanistico
Da un punto di vista urbanistico, l’art. 12 del d.lgs. 387/2003 prevede che
“la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle provincie delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico – artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico”.
Tale disciplina urbanistica, non sembra essere di aiuto a delineare l’impianto fotovoltaico, ma è evidente che la realizzazione di un impianto di notevole potenza configura un evento di trasformazione del territorio con la necessità del permesso di costruire, mentre per impianti di potenza più contenuta è richiesta la DIA o la SCIA .
Aspetti tributari del fotovoltaico
Lo studio del Notariato (35-2011/T) esamina i vari profili fiscali della contrattazione relativa agli impianti fotovoltaici e affronta la questione della natura immobiliare/mobiliare degli impianti, dando rilevanza alle regole catastali che influenzano la formazione degli atti autentici, ma che, di riflesso, incidono anche sui rapporti di leasing.
In riferimento ai terreni, lo studio valorizza il discrimine tra affitto e locazione per individuare il regime delle concessioni di diritti personali di godimento mentre per la costituzione e il trasferimento di diritti di superficie e proprietà superficiarie utilizza le disposizioni tributarie che qualificano la natura “edificabile” del suolo. Riguardo ai fabbricati, viene attribuita ai lastrici solari la stessa natura dell’edificio cui appartengano.
In materia di plusvalenze tassabili, equipara la negoziazione di diritti di superficie alla cessione di proprietà, piuttosto che a quella di usufrutto e non ritiene possibile assimilarla all’assunzione di obbligazioni di permettere (così avversando la tesi che vorrebbe applicare le regole del TUIR proprie di queste due fattispecie particolari).
Quanto all’imposta Ici, segnala la possibile assimilazione degli impianti a quelli di interesse pubblico, per i quali vale l’esenzione da detta imposta.
Problematiche tributarie
La qualificazione dell’impianto fotovoltaico quale bene mobile o immobile, oltre a porre le questioni civilistiche sopra accennate, presenta degli specifici aspetti di problematicità in campo tributario che, sono evidenziati da posizioni non uniformi assunte dall’Agenzia delle Entrate e dall’Agenzia del Territorio (già evidenziate).
L’Agenzia del Territorio ha ritenuto nella Ris. 6.11.2008 n. 3/T che gli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici si qualificano senza dubbio come unità immobiliari che devono essere accertate nella categoria “D/1-opifici”, equiparando gli stessi alle turbine delle centrali elettriche.
Al contrario, secondo la medesima Agenzia, non assumono autonoma rilevanza catastale, costituendo semplici pertinenze delle unità immobiliari cui accedono, le porzioni di fabbricato ospitanti impianti di produzione di energia aventi modesta potenza e destinati prevalentemente ai consumi domestici.
In senso ben diverso (come sopra accennato) si è pronunciata l’Agenzia delle Entrate che, fin dalla Circ. 19.7.2007 n. 46/E, ha ritenuto che
“l’impianto fotovoltaico situato su un terreno, non costituisce impianto infisso al suolo, in quanto normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità”.
Tuttavia con la circ. 11 marzo 2011 n. 12 in tema di applicazione di imposta sostitutiva di cui all’art. 1, comma 16, della legge 220/2010 in presenza di contratti di leasing immobiliari in corso al 1° gennaio 2011, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che l’imposta stessa si applichi anche ai contratti di leasing stipulati per la realizzazione di impianti fotovoltaici.
Con ciò, a quanto pare, considerando tali contratti dei leasing immobiliari e, pertanto, riconoscendo implicitamente la natura immobiliare dell’impianto.
Verso una posizione concorde
Tale ultimo orientamento di prassi amministrativa sembra dunque indicare un avvicinamento tra la posizione delle due Agenzie in ordine alla qualificazione degli impianti in questione, nel senso di una ormai concorde qualificazione immobiliare delle vere e proprie “centrali fotovoltaiche”, da accatastarsi, come sopra già accennato, in categoria D/1.
In virtù dei diversi orientamenti, la tendenza è quella che porta a distinguere:
Piccoli impianti domestici
🠆 i piccoli impianti fotovoltaici, destinati in prevalenza alla copertura dei consumi domestici, i quali, anche fiscalmente, non hanno una propria autonomia reddituale e non devono quindi essere autonomamente accatastati, potendo al limite solo incidere sulla rendita attribuibile al fabbricato di cui costituiscono pertinenza;
Centrali fotovoltaici
🠆 le centrali o parchi fotovoltaici, che sono destinati alla produzione di energia elettrica di fonte fotovoltaica destinata alla vendita, suscettibili, come tali, di un’autonoma redditività e, pertanto, soggetti ad accatastamento alla stregua di beni immobili.
Un criterio per operare la distinzione
A tali fini il criterio maggiormente utilizzato dagli interpreti per operare la distinzione tra le due fattispecie di cui sopra è quello relativo alla potenza dell’impianto stesso e il limite tra piccoli impianti e centrali fotovoltaiche è spesso individuato nei 20 Kw, limite entro il quale è possibile usufruire del servizio di scambio sul posto, mediante il quale il soggetto utilizza per il proprio fabbisogno l’energia prodotta, ma non può vendere l’energia prodotta in eccesso e immessa in rete.
Profili fiscali ai fini delle imposte dirette
Plusvalenze da cessione di terreni agricoli o edificabili
L’art. 67, lett. b) del Tuir prevede la tassabilità delle plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni fatta eccezione per gli immobili, terreni o fabbricati, acquisiti per successione e per le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
Sono invece sempre tassabili le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.
Tassazione delle plusvalenze speculative
In relazione alla tassazione delle plusvalenze immobiliari infraquinquennali è necessario evidenziare come il limite temporale posto, evidenzi la volontà del legislatore di tassare solo le plusvalenze aventi natura speculativa.
Plusvalenze per diritti reali o di godimento
Il trattamento fiscale della cessione a titolo oneroso del diritto di superficie su un terreno agricolo da parte di una persona fisica o di una società ad un’altra esercente l’attività di produzione di energia fotovoltaica, deve essere equiparato alla compravendita di un immobile in quanto comporta la costituzione o il trasferimento di un diritto reale di godimento di beni immobili.
OSSERVA
L’art. 9 del Tuir considera cessioni a titolo oneroso, anche la costituzione di diritti reali di godimento, quindi possono originare plusvalenze tassabili, ex art. 67, lett. b) del Tuir, se maturate da meno cinque anni al momento del realizzo, i corrispettivi percepiti per la costituzione di servitù prediali o diritti di superficie.
Pertanto, il corrispettivo percepito in caso di cessione di un diritto di superficie da parte di un soggetto persona fisica, entro il quinquennio dalla data dell’acquisto, può originare un reddito diverso ex art. 67 comma 1 lett. b) del Tuir.
Cessione del diritto di superficie
Se si tratta di una cessione del diritto di superficie da parte di persona fisica avvenuta nel quinquennio di un terreno acquistato a titolo derivativo, la plusvalenza sarà determinata ai sensi dell’art. 68 primo comma del Tuir.
Essa sarà pertanto costituita dalla differenza tra i corrispettivi percepiti ed il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di altri eventuali costi inerenti il bene.
In merito al calcolo della plusvalenza, si porrà il problema della determinazione della differenza tra i due valori in quanto solitamente il valore originario sarà costituito dal prezzo della piena proprietà del terreno. Si tratta evidentemente di due valori non omogenei ed in quanto tali difficilmente comparabili.
Il legislatore non prevede un criterio per la determinazione del diritto di superficie, pertanto per la corretta determinazione del valore originario si dovrà ridurre il valore della piena proprietà (ad es. del 50%).
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Plusvalenza tassabile
La differenza tra il valore di acquisto del terreno (ridotto al valore del diritto di superficie, al fine di renderlo omogeneo) e il corrispettivo della cessione del diritto di superficie costituirà la plusvalenza tassabile, sempre che il diritto di godimento sia trasferito nel quinquennio rispetto alla data di acquisto.
È necessario, altresì, precisare che nel caso in cui il pagamento della cessione del diritto di superficie avvenga mediante “canoni periodici” si applicherà l’art. 68 comma 7 lett. f) del d.p.r. 917/86.
Se invece si tratta di cessione di diritto di superficie su un terreno agricolo posseduto da più di cinque anni da parte di persona fisica, non si realizzerà, ai sensi dell’art. 67 comma 1 lett. b) del Tuir, alcuna plusvalenza imponibile.
Se il percettore è un soggetto che produce redditi d’impresa (persona fisica o giuridica), il corrispettivo percepito dal proprietario del terreno agricolo costituirà, invece, una plusvalenza imponibile ai sensi dell’articolo 86, comma 4, del Tuir.
Tipologia dei terreni
In merito alla natura agricola o edificabile dei terreni è opportuno chiarire che in caso di cessione di terreni o del diritto di superficie su cui verrà installato un impianto fotovoltaico si è in presenza solitamente di terreni agricoli e non di terreni edificabili.
Operazioni di conferimento: applicabilità dell’art.176 del Tuir
Se la cessione della partecipazione in società che operano nel settore delle energie rinnovabili avverrà mediante conferimento di azienda, il conferente ai sensi dell’art. 176 del Tuir non realizzerà alcuna plusvalenza fiscalmente rilevante a prescindere dal valore contabile attribuito alle partecipazioni ricevute, o dal valore contabile attribuito all’azienda nelle scritture contabili del conferitario.
Regime di esenzione
Si ricorda che per poter applicare il regime di esenzione è necessario che l’oggetto della cessione sia un’azienda e non un complesso di beni.
Imposta in misura fissa
Al conferimento d’azienda si applicheranno le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa.
L’ammortamento fiscale degli impianti di energie rinnovabili
Il problema della corretta qualificazione immobiliare o mobiliare degli impianti fotovoltaici crea ulteriori problemi in merito all’ammortamento. L’ammortamento dei terreni su cui insiste un fabbricato strumentale o un impianto utilizzato per l’esercizio dell’impresa non è fiscalmente deducibile ai sensi dell’art. 36, d.l. 223/2006.
Impianti beni immobili
Quindi, se consideriamo gli impianti fotovoltaici beni immobili, l’ammortamento dei terreni, non sarà fiscalmente deducibile.
Il costo del suolo, se acquistato insieme con il fabbricato strumentale o di un impianto (beni non distintamente acquistati e contabilizzati), dovrà essere determinato con una perizia giurata redatta da un tecnico iscritto all’albo e comunque in misura non inferiore al 20%, ovvero se fabbricati industriali al 30% del costo complessivo.
Il costo degli impianti su cui calcolare gli ammortamenti sarà, quindi, calcolato al netto del costo del suolo occupato dagli stessi e delle relative pertinenze. È escluso, altresì, anche il costo relativo all’acquisto del diritto di superficie su cui insiste un impianto strumentale per la produzione di energia rinnovabile.
Impianti beni mobili
Viceversa, se consideriamo gli impianti fotovoltaici beni mobili, saranno ammortizzati secondo il coefficiente previsto per detti beni.
Tuttavia, anche in merito al coefficiente di ammortamento degli impianti fotovoltaici, sorge qualche problema, tenuto conto che non è previsto nelle tabelle ministeriali un coefficiente specifico per le predette imprese.
È ormai pacifica la possibilità di applicare coefficienti relativi ai medesimi beni appartenenti ad una diversa tipologia di imprese/attività, in quanto la mancata previsione di un bene ammortizzabile nell’ambito di un gruppo, non ne esclude il carattere strumentale, quindi la possibilità di ammortamento ai fini fiscali.
L’orientamento dell’Agenzia
Secondo, l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, il periodo di ammortamento degli impianti fotovoltaici, quali beni mobili, detenuti in proprietà è pari ad undici anni con l’aliquota massima di ammortamento del 9%.
Se, invece, l’impianto sarà accatastato come opificio dovrà essere ammortizzato con l’aliquota del 4% prevista per i fabbricati utilizzati nell’ambito dell’industria termoelettrica.
È auspicabile un intervento legislativo che preveda i coefficienti di ammortamento per le specifiche tipologie d’impianti per la produzione di energie rinnovabili.
Il leasing di impianti fotovoltaici
Il leasing di impianti fotovoltaici è, come noto, una forma di finanziamento finalizzata all’acquisto dell’impianto da parte del locatario. L’utilizzo del leasing, non comporta particolari peculiarità in relazione alla deducibilità degli oneri finanziari rispetto ad altre forme di finanziamento, eccetto che per gli interessi passivi.
Metodo patrimoniale
Per le società utilizzatrici che redigono il proprio bilancio in base ai principi contabili nazionali la contabilizzazione avviene secondo il metodo patrimoniale, l’utilizzatore iscriverà al conto economico i canoni di leasing (capitale e interessi) tra i costi di godimento dei beni di terzi.
Nel bilancio delle società locatarie non risulterà, quindi, iscritto né il bene oggetto del leasing, né il debito.
Metodo finanziario
Diversamente per le società che utilizzano la metodologia di contabilizzazione secondo il metodo finanziario previsto dallo Ias 17 per il financial lease, la società utilizzatrice rileva il bene nel proprio attivo patrimoniale.
In tal modo i beni iscritti in bilancio saranno soggetti ad ammortamento, analogamente ai beni di proprietà, i beni oggetto di leasing saranno rilevati tra le attività e la società utilizzatrice contabilizzerà il debito nei confronti del locatore. I canoni verranno contabilizzati come quote di capitale rimborsato (passività dello stato patrimoniale) e quote di interessi (oneri finanziari del conto economico).
La qualificazione di mobiliare e immobiliare degli impianti fotovoltaici, assume un particolare rilievo per gli impianti in locazione finanziaria sotto molteplici aspetti.
Deduzione dei canoni da parte del locatario
In relazione alla durata minima del contratto di leasing di impianti fotovoltaici ai fini della deduzione dei canoni da parte dell’utilizzatore:
- se verrà qualificato come contratto di leasing mobiliare: l’art. 102 comma 7 del Tuir impone una durata minima di 2/3 del periodo ordinario calcolato sulla base del 9% (89 mesi per i soggetti che redigono il bilancio d’esercizio in base ai principi contabili nazionali);
- se verrà qualificato come contratto di leasing immobiliare: il contratto di leasing dovrà avere una durata minima di 2/3 di 25 anni (200 mesi).
ICI
Ai fini ICI per gli immobili concessi in locazione finanziaria, la soggettività passiva ricade sui soggetti utilizzatori. Infatti, ai sensi dell’art. 3 comma 2 del d.lgs. 504/1992 tale regime è applicabile agli impianti finiti e a tutti gli immobili finiti o da costruire o in corso di costruzione con decorrenza per i contratti di leasing stipulati dal 15 agosto 2009 (art. 8, l. 23 luglio 2009, n. 99).
In tal senso anche il recente orientamento dell’amministrazione finanziaria espresso con la circolare 11 marzo 2011, n. 12/E dell’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto le modifiche alla disciplina del leasing immobiliare, art.1, co. 15 e 16,della L. 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011).
Con tale circolare vengono introdotte delle modifiche normative volte a garantire una sostanziale equivalenza tributaria tra l’acquisto diretto del bene immobile e quello realizzata tramite la conclusione di contratti di leasing finanziario.
In base a detta circolare, è applicabile l’imposta sostitutiva del 2% da pagare entro il 31 marzo, in presenza di contratti di leasing immobiliari in corso al 1 gennaio 2011 anche in presenza di impianti fotovoltaici censiti o da censire come opifici industriali considerando questi ultimi a tutti gli effetti contratti di leasing immobiliare.
IVA
Al leasing immobiliare sono applicabili le disposizioni di cui all’art. 10 n. 8 e 8– bis del d.p.r. 633/72 come modificato dalla Legge 248/06, che ha reso necessaria l’opzione in contratto per l’imponibilità ai fini Iva.
Se, invece, il leasing verrà qualificato come mobiliare, i canoni di locazione finanziaria di beni diversi dai beni immobili costituiranno prestazioni di servizi imponibili ai sensi dell’art. 3 comma 2, n. 1 del d.p.r. 633/72.
Applicazione aliquota ridotta
Prescinde dalla qualificazione di leasing immobiliare o mobiliare l’applicazione dell’aliquota ridotta del 10% ai sensi dell’art. 127-quinquies della tabella A, parte III allegata al d.p.r. 633/72. La tabella riconosce, infatti l’aliquota agevolata agli impianti di energia elettrica da fonte solare fotovoltaica.
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Sono soggetti ad IVA anche i piccoli impianti fotovoltaici ad uso domestico? (2013)
Impianti fotovoltaici e disciplina IVA (2014)
Imposta di registro, ipotecaria e catastale
Il d. l. 4 luglio 2006 n. 223 ha modificato, il regime iva del leasing degli immobili strumentali. Le operazioni di cui all’art. 10, n. 8, 8-bis e 8-ter del d.p.r. 633/72 infatti, derogano al principio di alternatività Iva/registro di cui all’art. 40 e sono soggette ad imposta di registro proporzionale a prescindere dalla loro imponibilità ad Iva.
Pertanto:
🠆 se il leasing di un impianto fotovoltaico sarà qualificato immobiliare, il contratto dovrà essere registrato e sconterà l’imposta di registro pari all’1% sui canoni per tutta la durata dello stesso;
🠆 se il leasing, invece, avrà ad oggetto un bene mobile sarà assoggettato ad Iva ai sensi dell’art. 3 del d.p.r. 633/72 e ad imposta fissa di registro.
La società di leasing, in sede di acquisto e cessione degli impianti se qualificati come immobili strumentali, pagherà l’imposta ipotecaria e catastale rispettivamente, del 3% e dell’1% del valore dell’immobile.
Per le cessioni derivanti dall’esercizio dell’opzione da parte dell’utilizzatore, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono dovute in misura fissa ai sensi dell’art. 35, comma 10-ter 1, del D.L. n. 223/2006, come inserito dall’art. 1, comma 15, lettera c), n. 2, della legge di stabilità.
Scorporo
Il D.l. n. 223/2006 convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, all’art. 36, comma 7 prevede che
“ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo complessivo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza”.
Con riferimento alla disciplina dello scorporo del terreno sottostante l’impianto acquisito attraverso un contratto di leasing (o in proprietà) non assume rilievo la qualificazione mobiliare o immobiliare del bene oggetto del contratto di leasing.
Ai sensi del citato art. 36 comma 7, lo scorporo sarà applicabile alle quote di capitale dei canoni di leasing immobiliare, solo nei casi di impianto in corso di costruzione, limitatamente al costo del terreno acquisito in proprietà (o diritto di superficie a tempo indeterminato) dalla società di leasing.
Pertanto, il costo dei fabbricati strumentali su cui calcolare le quote di ammortamento deducibili, sarà assunto al netto del costo riferito alle aree occupate dalla costruzione e del costo riferito alle aree pertinenziali.
La disciplina dello scorporo del terreno non sarà applicabile nei casi, peraltro poco frequenti, di leasing su impianti già ultimati.
In caso, invece, di acquisizione del diritto di superficie a tempo determinato del terreno sui cui insisterà l’impianto, non si dovrà effettuare lo scorporo ai sensi dell’art. 36, d.l. 223/2006, in quanto è riconosciuta la deducibilità del costo del terreno per il superficiario.
Impianti fotovoltaici e tassazione ICI
N.d.r. leggi anche il più aggiornato IMU sugli impianti fotovoltaici (2023)
In ambito ICI, la distinzione tra piccoli e grandi impianti fotovoltaici può costituire un elemento utile ai fini della qualificazione dell’impianto quale bene mobile o immobile.
Impianti di piccola dimensione
Gli impianti di piccola dimensione posti su lastrici solari ad uso familiare non rientrano nell’ambito della tassazione ICI, mentre per l’insieme di generatori di grandi dimensioni in grado di produrre una elevata quantità di energia (cd. parchi fotovoltaici) si pone il problema della corretta qualificazione come beni mobili o immobili.
Il presupposto dell’ICI è il possesso dei fabbricati, dove per fabbricato s’intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano.
Non assoggettabilità ad ICI
Non possono essere considerati beni immobili, quindi non sono assoggettabili ad ICI quali fabbricati, i manufatti che non sono compenetrati al suolo in modo da realizzare un unico bene complesso, ma che possono essere separati senza perdere la loro funzionalità.
Piccoli impianti fotovoltaici
Pertanto, con riferimento agli impianti fotovoltaici di piccole dimensioni, la connessione al suolo non sembra, in linee generali produrre un cd. bene integrato, in quanto i pannelli solari anche se incorporati al suolo possono essere smontati e riposizionati in altro luogo senza perdere la loro autonomia funzionale.
Mancanza dell’unione con il suolo
Nel caso di piccoli impianti non vi è, quindi, un’unione dell’impianto al suolo, tale da giustificare la qualificazione come bene immobile anziché mobile. Il terreno, in tal caso, può costituire un supporto analogamente ad altre strutture (es. lastrici solari).
In tal senso come già chiarito, si è espressa l’Agenzia delle Entrate evidenziando che tra suolo e impianto non vi è la connessione e integrazione funzionale , in quanto l’impianto fotovoltaico è costituito da pannelli solari che possono essere agevolmente rimossi e posizionati altrove mantenendo inalterata la loro funzionalità.
L’Agenzia del Territorio con la risoluzione n. 3 del 6/11/2008 ha, invece, chiarito che i pannelli fotovoltaici posizionati permanentemente al suolo sono assimilabili alle turbine delle centrali idroelettriche e che gli immobili ospitanti gli impianti fotovoltaici sono da considerarsi unità immobiliari.
Secondo l’Agenzia del Territorio, le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accatastate nella categoria “D/1 – opifici” e nel calcolo della rendita catastale devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici. Secondo detta interpretazione i parchi fotovoltaici, diversamente dai piccoli impianti, dovrebbero, quindi, essere assoggettati ad ICI.
Integrazione non sempre verificabile
Alla luce del contrasto tra l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate e quella del Territorio in merito alla corretta qualificazione degli impianti fotovoltaici, in attesa di ulteriori chiarimenti ministeriali, si ritiene che non sempre e necessariamente per tali beni si verifica quell’integrazione al suolo come nel caso di centrali termoelettriche, realizzando così un bene complesso e che sarà quindi probabilmente necessario verificare la grandezza e la portata degli impianti ai fini di un corretto accatastamento e tassazione degli stessi.
Funzione di pubblica utilità degli impianti fotovoltaici
In ultima analisi, è necessario evidenziare che la più recente giurisprudenza di merito ha esaminato casi in cui è stata avanzata la tesi (sebbene controversa) della funzione di pubblica utilità degli impianti fotovoltaici, sostenendo un possibile accatastamento di detti beni come fabbricati utilizzati per particolari esigenze pubbliche (E/3).
Detta interpretazione è basata su una generale ratio legislativa orientata verso norme agevolative. In tal caso, gli impianti fotovoltaici godrebbero ai fini ICI dell’esenzione prevista dall’art. 7 del d.lgs. 504/1992.
Fabbricati rurali e l’ICI
Il d.lgs. 387/2003 all’art. 12 comma 7 prevede che la destinazione d’uso del terreno rimanga agricola, da ciò si evince che gli impianti fotovoltaici non determinano necessariamente la realizzazione di un bene complesso. L’impianto e il terreno dovrebbero mantenere inalterata la propria autonomia funzionale, poiché sul suolo dovrebbe essere possibile continuare la produzione agricola, almeno parzialmente.
Qualificazione nell’ambito del reddito agrario
È importante evidenziare, infatti, che se la produzione e la vendita di energia da fonti fotovoltaiche viene qualificata nell’ambito del reddito agrario, mantenendo il terreno la propria autonomia, gli impianti dovrebbero essere qualificati nella categoria D10, che comprende i beni destinati all’esercizio dell’impresa agricola, quindi rurali ed esenti da ICI.
Gli imprenditori agricoli dovrebbero, pertanto, richiedere l’accatastamento nella categoria catastale D/10 fabbricati strumentali alle attività agricole così da poter considerare l’impianto non soggetto ad ICI.
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13 dicembre 2011
Antonio Gigliotti
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