Sanzioni tributarie in caso di condotta illecita del professionista

la condotta illecita del professionista che, incaricato di versare le imposte per conto del contribuente, abbia omesso tale adempimento, trattenendo presso di sé le somme consegnategli, è sufficiente ad ottenere la disapplicazione delle sanzioni a carico del contribuente? É anche necessaria la denuncia all’Autorità giudiziaria nei confronti del professionista responsabile? A cura di Alessandro Borgoglio.

La Corte di Cassazione, con una sentenza1 che ha destato un vivo interesse2, si è recentemente occupata di una particolare causa di non punibilità del contribuente3: il fatto addebitabile esclusivamente a terzi.

Il caso tipico di tale situazione è quello in cui versa il contribuente che abbia affidato l’incarico della tenuta della propria contabilità e del versamento delle sue imposte ad un professionista, che, tuttavia, non adempiendo a tali obbligazioni, non abbia, pertanto, presentato la dichiarazione dei redditi del contribuente ed abbia trattenuto presso di sé le somme consegnategli da quest’ultimo, senza effettuarne il dovuto versamento allo Stato.

Dinnanzi ad un siffatto contesto, la Suprema Corte ha dovuto stabilire se nei confronti del contribuente “vittima” del professionista dovessero essere applicate le sanzioni tributarie relative alle violazioni accertate dall’Ufficio – omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ed omessi versamenti d’imposta – oppure se esse non potessero essere applicate, attesa l’esistenza della causa di non punibilità, costituita dall’esclusiva responsabilità del professionista per le violazioni accertate.

Si anticipa, sin da subito, che i Giudici di piazza Cavour hanno deciso, nella sentenza in commento, l’inapplicabilità delle sanzioni a carico del contribuente, poiché questi aveva dimostrato che il fatto fosse addebitabile esclusivamente a terzi.

 

 

Sanzioni tributarie – Quadro normativo

 La prima disposizione normativa che è necessario introdurre per inquadrare il tema in oggetto è la legge 11 ottobre 1995, numero 423, recante “Norme in materia di soprattasse e di pene pecuniarie per omesso, ritardato o insufficiente versamento delle imposte“.

Tale legge è costituta da un articolo unico4 che disciplina la sospensione delle sanzioni a carico del contribuente che risulti aver omesso, ritardato, od effettuato soltanto parzialmente il versamento delle imposte dovute, a seguito di condotta illecita e penalmente rilevante del professionista, iscritto ad un albo, a cui il contribuente aveva affidato l’incarico di pagare le sue imposte.

Tale norma prevede una precisa procedura affinché le sanzioni irrogate in capo al contribuente vengano sospese e “commutate” a carico del professionista responsabile.

Il contribuente deve, innanzitutto, effettuare i versamenti omessi e presentare denuncia all’Autorità giudiziaria nei confronti del terzo responsabile di tali omissioni. Allegando, poi, la copia della denuncia, e dimostrando di aver effettivamente corrisposto le somme necessarie per i pagamenti al soggetto denunciato, il contribuente deve rivolgere istanza all’Amministrazione Finanziaria affinché sospenda le sanzioni irrogate nei suoi confronti.

Soltanto dopo l’emissione della sentenza di condanna, però, il Fisco procederà, alla “commutazione” di tali sanzioni in capo al soggetto che ha tenuto la condotta illecita, sgravando, così, definitivamente il ruolo a carico del contribuente.

Come si può ben comprendere, si tratta di una disposizione che, sotto il profilo attuativo, è piuttosto laboriosa, e richiede necessariamente un certo tempo d’attesa per giungere alla conclusione dell’iter previsto.

L’altra norma, che occorre prendere in considerazione per completare il quadro di riferimento della fattispecie in esame, è l’articolo 6, “Cause di non punibilità”, comma 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, numero 472, recante “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”.

Tale disposizione prevede che

“Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi”5.

 

È evidente che si tratti di una norma molto meno stringente rispetto a quella esposta in precedenza: non è, infatti, previsto un farraginoso procedimento per ottenere la sospensione delle sanzioni ma, a tal fine, viene soltanto richiesta la dimostrazione della responsabilità esclusiva di terzi nonché l’avvenuta presentazione della denuncia nei confronti di questi.

La divergenza tra le due normative sopra illustrate non è di poco conto: quella più datata, infatti, richiede necessariamente la conclusione del procedimento penale per poter ottenere lo sgravio delle sanzioni irrogate a carico del contribuente “vittima”, mentre quella più recente dispone che queste non debbano essere applicate qualora sussistano le condizioni succitate e, soprattutto, senza che sia necessario attendere la conclusione del procedimento penale, attesa la sufficienza della sola presentazione della denuncia, senza la necessità di conoscerne l’esito.

Il problema concreto che si pone, a tal punto, risiede nel dubbio tra l’applicazione di una normativa piuttosto che l’altra, attese le conseguenze pratiche derivanti.

Viene, allora, in aiuto la recente decisione della Suprema Corte sul tema.

 

LA SENTENZA 25136 DEL 30 NOVEMBRE 2009

sentenza corte di cassazioneUn contribuente riceveva un avviso di accertamento da parte dell’Ufficio delle Entrate di Desio, con il quale gli si contestava l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 1993, nonché l’omissione dei relativi versamenti. Venivano, inoltre, irrogate le sanzioni afferenti le violazioni contestate.

Il contribuente proponeva, allora, ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano, sostenendo di essere stato vittima del professionista a cui aveva affidato l’incaricato della tenuta della sua contabilità nonché del versamento delle sue imposte; adempimenti che il professionista aveva poi omesso.

Il giudice di prime cure accoglieva soltanto parzialmente il ricorso, decidendo per la non debenza delle sanzioni irrogate, ma confermando il reddito imponibile accertato dall’Ufficio.

Quest’ultimo impugnava la sentenza, rivolgendosi alla Commissione tributaria regionale, che, tuttavia, richiamava la sentenza di primo grado, e confermava, anche in appello, tale decisione.

L’Amministrazione Finanziaria proponeva, allora, ricorso per la cassazione della sentenza del giudice del riesame, lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della legge 423/1995 nonché dell’articolo 6 del D.Lgs. 472/1997, e motivazione incerta e contraddittoria.

La difesa erariale adduceva che nella sentenza impugnata non veniva minimamente motivata la decisione di inapplicabilità delle sanzioni, ed il richiamo alla pronuncia di primo grado, che era già a favore dell’esclusione delle sanzioni, dimostrerebbe l’erroneità in diritto della decisione del giudice d’appello

“…atteso che l’art. 6 predetto non avrebbe affatto abrogato o modificato il sistema normativo introdotto dalla L. n. 423 del 1995, laddove, al comma 3, si prevedrebbe che il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sarebbero punibili, qualora dimostrino che il mancato pagamento del  tributo sia ascrivibile alla condotta di terzi, denunciati, per ciò, all’autorità giudiziaria.

Pertanto, la richiesta imputazione a terzi postulerebbe una sentenza passata in giudicato, mentre il combinato disposto degli articoli richiamati in epigrafe prevedrebbe la sospensione delle sanzioni, sino al passaggio in giudicato della sentenza che accerti il fatto doloso del terzo e, solo successivamente, il loro conseguente sgravio”.

 

I Supremi Giudici non hanno accolto, però, la tesi del Fisco, stabilendo, invece, che 

“È giurisprudenza consolidata di questa Corte, dalla quale non vi è motivo qui per discostarsi, che la previsione dell’articolo unico, L. n. 423 del 1995, opera esclusivamente sul piano della riscossione, fissando le condizioni alle quali, in presenza di violazioni esclusivamente riferibili alla condotta penalmente rilevante dei professionisti ivi indicati, può disporsi la sospensione della riscossione delle soprattasse e delle pene pecuniarie a carico del contribuente nonché la commutazione del ruolo in capo ai professionisti.

Va, inoltre, osservato che, pertanto, la norma non osta a che, in sede contenziosa, la non punibilità del contribuente presupponga esclusivamente la convincente dimostrazione del fatto che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto addebitabile esclusivamente al professionista denunciato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dalla ricorrenza delle ulteriori condizioni previste dalla L. n. 423 del 1995”.

 

Nel caso in esame, la dimostrazione, da parte del contribuente, di tale responsabilità esclusiva del professionista denunciato era già stata accertata, in punto di fatto, dal giudice di merito.

La Suprema Corte ha rigettato, così, il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, atteso che la sua difesa non aveva contestato la succitata dimostrazione della responsabilità esclusiva del professionista denunciato6, ma si era limitata a censurare l’asserita violazione della legge 423/1995, ignorando, peraltro, l’evoluzione giurisprudenziale avuta con l’articolo 6 del D.Lgs. 472/1997, che stabilisce appunto la disapplicazione delle sanzioni nel caso in cui venga dimostrata la responsabilità esclusiva di terzi che siano stati anche denunciati all’Autorità giudiziaria.

 

 

Considerazioni di sintesi

 La posizione della Corte di Cassazione, come manifestata nella sentenza in commento, può dirsi ormai consolidata.

I Supremi Giudici, infatti, già in precedenti occasioni si erano espressi in tal senso.

In particolare, nella sentenza del 20 dicembre 2007, numero 26848, gli Ermellini hanno affermato che il chiaro tenore dell’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. 472/1997 e

“… la sua collocazione (nel testo normativo contenente lo statuto generale delle sanzioni amministrative in campo tributario) inducono a ritenere che, nella prospettiva della norma, la non punibilità del contribuente, in sede contenziosa, presupponga esclusivamente la convincente dimostrazione del fatto che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto addebitabile esclusivamente a terzi e denunciato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dalla ricorrenza delle ulteriori condizioni previste dall’art. 1 della L. n. 423/1995, per la sospensione del ruolo a carico del contribuente e la sua commutazione in capo al professionista responsabile della violazione.

L’art. 6, comma 3, del decreto legislativo contempla, dunque, una disciplina autonoma ed autosufficiente, che non va integrata con quella di cui all’articolo unico della L. n. 423/1995, che è norma che opera sul diverso piano della riscossione e della commutazione del ruolo in capo al professionista responsabile”.

 

La posizione assunta dall’Amministrazione Finanziaria è, invece, molto diversa.

Il Fisco sostiene, infatti, che la norma del 1997 – causa di non punibilità – abbia integrato la legge 423/1995 – sospensione delle sanzioni per condotta illecita imputabile a professionisti iscritti in albi –, cosicché l’articolo 6, comma 3,

“non presuppone, ai fini dell’esclusione della responsabilità per sanzione, la condanna del terzo, ma … si devono ritenere applicabili le previsioni procedimentali dettate dalla legge 11 ottobre 1995, n 423, quelle cioè concernenti la sospensione della riscossione della sanzione e l’eventuale “commutazione” a carico del terzo responsabile”7 .

 

Ciò vale quanto affermare che per la disapplicazione delle sanzioni a carico del contribuente, mentre la Cassazione ritiene sufficiente la dimostrazione della responsabilità esclusiva del terzo denunciato, senza neppure la necessità di attendere l’esito del  procedimento penale8, l’Amministrazione Finanziaria, invece, richiede l’integrale ossequio della procedura recata della legge 423/1995, che prevede, peraltro, anche l’indispensabile attesa della conclusione del procedimento penale.

Autorevolissimi osservatori hanno condivisibilmente commentato9 che la posizione della Suprema Corte sulla non punibilità del contribuente appare, in realtà, piuttosto fragile.

Infatti, mentre per la sospensione della riscossione delle sanzioni (legge 423/1995) si richiede la sentenza passata in giudicato, per la non punibilità del contribuente, invece, la decisione del giudice penale risulterebbe irrilevante, atteso che i Supremi Giudici ritengono non necessaria la conclusione del procedimento penale, così come letteralmente previsto dall’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. 472/1997.

Il problema è che si tratta di disposizioni normative contenute in due leggi nate in momenti diversi e per scopi differenti, tanto che parrebbero non integrabili, ed anzi inconciliabili.

La Cassazione avrebbe potuto, però, correggere tali disomogeneità normative, in via interpretativa, trovando una soluzione accettabile ed uniforme, sia sotto il profilo della riscossione che di quello dell’accertamento (irrogazione sanzioni), evitando, così, di dover attendere un intervento legislativo, che si rende, a tal punto, indispensabile.

 

 

Sull’argomento leggi:
Il commercialista risponde delle violazioni commesse dalla società cliente? (2022)
La linea di confine tra responsabilità dell’intermediario e del contribuente (2022)
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di Alessandro Borgoglio

19 dicembre 2009

 

 

NOTE

1 Cass. 25136/2009.

2 L. Lovecchio, “Fisco: niente sanzioni se il professionista non ha presentato la dichiarazione dei redditi”, in “Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi” del 2 dicembre 2009, pagina 33; D. Alberici, “Il contribuente non risponde se il professionista sbaglia”, in “Italia Oggi” del 2 dicembre 2009, pagina 26.

3 Articolo 6, comma 3, del D.Lgs. 472/1997.

4 Tale articolo dispone che: “1. La riscossione delle sanzioni pecuniarie previste   dalle   leggi d’imposta in caso di omesso, ritardato o insufficiente versamento è sospesa nei confronti del contribuente   e   del sostituto d’imposta qualora la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante,   di dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro, avvocati, notai e altri professionisti, iscritti nei rispettivi albi, in dipendenza del loro mandato professionale. 2. La sospensione è disposta dal responsabile della direzione regionale delle entrate territorialmente competente, che provvede su istanza del contribuente o del sostituto d’imposta, da presentare unitamente alla copia della denuncia del fatto illecito all’autorità giudiziaria o ad un ufficiale di polizia giudiziaria, dopo il pagamento dell’imposta ancora dovuta, e sempre che il contribuente dimostri di aver provvisto il professionista delle somme necessarie al versamento omesso, ritardato o insufficiente. 3. Dopo che la sentenza di condanna o quella di applicazione della pena su richiesta delle parti che accertino l’esistenza del reato a carico del professionista di cui al comma 1 sono divenute irrevocabili,   l’ufficio tributario che ha irrogato le sanzioni   commuta l’atto di irrogazione a carico del professionista e ne dispone lo sgravio in favore del contribuente. Qualora intervenga una sentenza declaratoria di amnistia o di intervenuta prescrizione del reato o di non doversi procedere per motivi di natura processuale, il contribuente continuerà ad avvalersi della sospensione del pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie a condizione che promuova azione civile entro tre   mesi   dalla   sentenza, fornendone prova all’ufficio tributario competente. In tale ipotesi, alla sospensione consegue lo sgravio del pagamento delle soprattasse e delle pene pecuniarie qualora il professionista sia condannato nel   giudizio civile con sentenza irrevocabile. 4. Nel caso in cui l’azione penale nei confronti del professionista si concluda con una sentenza assolutoria, l’ufficio tributario revoca il provvedimento di sospensione e procede alla riscossione delle sanzioni a carico del contribuente con una maggiorazione pari al 50 per cento delle stesse. …”

5 E’ appena il caso di sottolineare che l’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. 472/1997, reca il termine generico di “terzi”, ampliando così enormemente la platea dei soggetti coinvolti, rispetto alla quella ben più ristretta definita dalla legge 423/1995, che fa riferimento soltanto a professionisti iscritti in albi.

6 La stessa Corte di Cassazione, con la sentenza 5356 del 2009, ha stabilito che “L’art. 167 c.p.c., imponendo al convenuto l’onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso da controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti

7 Circolare del 10 luglio 1998, numero 180, di illustrazione del D.Lgs. 472/1997.

8 La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la decisione del 29 giugno 2007, numero 316, ha, tuttavia, deciso in senso contrario, stabilendo la seguente massima: “Il contribuente che, ai fini di escludere la propria responsabilità per le sanzioni, attribuisca le omissioni fiscali a illecito commesso dal consulente fiscale, deve fornire prova dell’esito del giudizio penale nei confronti del consulente, non essendo sufficiente che produca la copia della querela (ben essendo possibile, infatti, che la querela sia stata archiviata)”.

9 E. De Mita, “Cassazione fragile sulla non punibilità del contribuente”, in “Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi” del 10 dicembre 2009, pagina 33.

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