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Sommario
Il codice civile non definisce l’impresa familiare in quanto tale ma indica quando è configurabile l’impresa familiare e quali sono i diritti dei suoi partecipanti. Secondo l’art. 230‐bis, co. 1 del codice civile il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nellʹimpresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dellʹimpresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dellʹazienda, anche in ordine allʹavviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Non si parla, dunque, di rapporto associativo (o collettivo) e l’impresa familiare resta un impresa individuale, in cui diritti ed obblighi verso terzi, fanno capo unicamente all’imprenditore.
Aspetti generali dell’impresa familiare
Nel quadro dei rapporti di collaborazione tra imprenditore e familiari dell’imprenditore, un ruolo fondamentale è occupato dall’istituto giuridico dell’impresa familiare. Contrariamente a quello che di primo acchito si crede, l’impresa familiare non è un’impresa collettiva. Al contrario rimane un’impresa individuale per quanto attiene diritti ed obblighi verso terzi. L’attività di produzione del reddito è, dunque, il frutto di un lavoro congiunto con i familiari, organizzato dall’imprenditore, che può riconoscere agli stessi una quota del proprio reddito, non superiore al 49% del reddito fiscale dichiarato, sempreché tale assegnazione sia proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro prestato.
E’ bene notare l’uso del verbo potere e non dovere, nell’assegnazione della quota ai familiari, che denota tutta la differenza con il concetto di società1 previsto dall’art. 2247 del codice
civile, dove l’assegnazione degli utili non è una scelta discrezionale dell’imprenditore attivabile in via opzionale, ma è elemento connaturato con il concetto di investimento in società. L’obbligo e non la scelta di assegnare la quota di utile, è il contrappeso al rischio di perdite, che nelle società incidono pro‐quota sui soci e nelle imprese familiari incidono solo sul titolare.
Per quanto sopra detto, ne consegue che nelle imprese familiari:
1) il fallimento dell’imprenditore non riguarda i familiari, che restano estranei alle conseguenze della dichiarazione di fallimento;
2) le possibili perdite dell’impresa familiare sono imputate esclusivamente al titolare.
Ai sensi dell’art. 230‐bis, comma 1, del codice civile il collaboratore familiare ha il diritto di partecipazione:
• agli utili dell’impresa familiare;
• agli incrementi patrimoniali dell’azienda, anche in ordine all’avviamento.
Come si vede non competono pro‐quota ai familiari collaboratori, le perdite d’esercizio.
Aspetti operativi dell’impresa familiare
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