Gli acquisti per usucapione non danno diritto alle agevolazioni prima casa

La Corte di Cassazione ha aderito alla tesi del Fisco che deduceva  la inidoneità  della  sentenza  dichiarativa di usucapione a costituire presupposto per l’applicazione dei benefici “prima casa” di cui alla  L.  n. 118/1985.

Le agevolazioni “prima casa”

Le agevolazioni “prima casa”, introdotte dalla legge 22 aprile 1982, n. 186, sono disciplinate dalla nota II – bis, dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al D. P. R. n. 131/86, contenente il T.U. dell’imposta di registro, aggiunta dall’art. 16 del D. L. n. 155 del 22 maggio 1993, convertito dalla legge n. 243 del 19 luglio 1993, con contestuale modifica del comma 1 del citato articolo 16, nonchè dal D.Lgs. n. 437/90, dal D.P.R. n. 643/72 e dalla Tabella A, parte seconda e terza, allegata al D.P.R. n. 633/72.

Il complesso quadro normativo sopra indicato prevede l’applicazione di benefici fiscali per gli atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della piena proprietà o della nuda proprietà, abitazione, uso ed usufrutto relativi ad unità immobiliari non aventi le caratteristiche d’abitazioni di lusso, secondo quanto previsto dal D.M. del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969.

Il regime agevolato attualmente in vigore – cfr. art. 3, comma 131, della legge n. 549/95 e art. 7, comma 6, della legge n. 488/99 – prevede l‘applicazione dell’imposta di registro in misura ridotta (3%) o alternativamente l’Iva con aliquota ridotta (4%), e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa.

Per poter godere delle agevolazioni fiscali “prima casa” è necessario che:

  • l’abitazione oggetto di trasferimento sia un’abitazione “non di lusso (anche se non ultimata, purchè rimanga l’originaria destinazione) secondo quanto indicato dal già citato D.M. 2 agosto 1969 (1) e pertanto riconducibile nelle categorie catastali comprese tra A1 e A11, esclusa l’A10 ;
  • l’immobile sia ubicato nel Comune in cui l’acquirente abbia o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza (2) o nel Comune nel quale svolga la propria attività, incluse quelle senza remunerazione; per gli italiani trasferiti all’estero per motivi di lavoro, l’immobile deve essere situato nel comune dove ha sede o esercita l’attività il datore di lavoro (che può essere anche un soggetto non imprenditore), mentre per i cittadini emigrati l’abitazione può essere la prima casa, ovunque ubicata, nel territorio nazionale;
  • nell’atto di acquisto (o nel contratto preliminare, al fine di usufruire dell’aliquota agevolata sin dagli acconti eventualmente corrisposti (3)) l’acquirente dichiari:
    • di voler stabilire la residenza nel comune dell’acquisto, se non vi si trova già o se in questo non si trova la sua sede dell’attività (vedi sopra);
    • di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa di abitazione nel comune dove è situato l’immobile acquistato (se si è già goduto dei benefici prima casa è possibile goderne nuovamente se quanto acquistato in passato non è più nella titolarità del soggetto acquirente, all’atto del nuovo acquisto);
    • di non essere titolare, neppure per quote di comproprietà o in regime di comunione legale, in tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, anche nuda, o di diritti reali di godimento su altra casa di abitazione acquistata dall’acquirente o dal coniuge con le agevolazioni “prima casa”, a partire da quelle previste dalla legge 22.04.82 n.168 (la titolarità di una sola quota di altra casa, non in comunione con il coniuge, non impedisce l’acquisto agevolato) (4).

Immobile inidoneo ad essere abitato dal contribuente

Le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa competono anche a quei cittadini che possiedono nello stesso comune un’altra abitazione se questa è inidonea all’abitazione (5) in rapporto alla situazione personale del contribuente (6) (la Corte di Cassazione, con la sentenza n.6476 del 18 luglio 1996, ha precisato che le agevolazioni possono applicarsi anche nei casi in cui l’acquirente possegga un altro alloggio che non sia “concretamente  in grado di sopperire ai bisogni abitativi” , requisito che deve essere verificato con riguardo alle circostanze relative alla situazione personale del contribuente.

immobile fatiscente inidoneo per fini abitativiSe infatti il contribuente già possiede un immobile, anche abitativo, ma inidoneo ad offrire effettiva abitazione al compratore del nuovo immobile e alla sua famiglia, può comunque godere delle agevolazioni prima casa per l’acquisto del nuovo immobile: la situazione di “inidoneità” deve essere dedotta e provata dall’interessato, non potendo all’uopo bastare una mera dichiarazione d’inadeguatezza, senza allegazione di elementi atti a evidenziarla (7)).

Come si vede, rispetto alla normativa antecedente – art.1, comma 6, della legge 22 aprile 1982, n.168 – non è più necessario che il contribuente destini l’immobile acquistato ad abitazione propria e/o dei familiari (è agevolato, pertanto, anche l’acquisto di una casa già locata se sussistono le condizioni sopra viste).

Pertinenze della prima casa

Le agevolazioni spettano anche per l’acquisto di alcune pertinenze destinate a servizio della casa di abitazione oggetto dell’acquisto agevolato, anche se effettuate con atto separato, e per non più di una delle seguenti: cantina o soffitta, rimessa o box auto; tettoia o posto auto.

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Decadenza dai benefici dell’agevolazione prima casa

L’acquirente decade dai benefici goduti ogniqualvolta abbia reso una dichiarazione falsa di possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi, o non trasferisce entro 18 mesi la residenza nel comune in cui è situato l’immobile,  oppure venda, o effettui una donazione, prima di cinque anni dell’acquisto, a meno che non proceda al riacquisto, entro 1 anno dall’alienazione, di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Nell’ipotesi di decadenza l’acquirente deve corrispondere la differenza d’imposta, gli interessi di mora e la sanzione amministrativa del 30%.

La sanzione, tuttavia, non si applica qualora la dichiarazione mendace prestata in sede di contratto preliminare sia determinata da eventi successivi non dipendenti dalla volontà dell’acquirente, per esempio acquisizione di un immobile idoneo per abitazione, per successione mortis causa.

Prima dell’intervento risolutore della circolare n.69/02, in  ordine  al  termine entro il quale gli uffici potevano verificare la sussistenza dei  requisiti  soggettivi  ed  oggettivi  per  beneficiare  delle agevolazioni fiscali  c.d.  “prima  casa”, le interpretazioni sono state divergenti : da una parte le  sezioni  unite  della Cassazione (8), che avallava l’indirizzo giurisprudenziale favorevole al termine  di  decadenza triennale, previsto dall’articolo  74,  secondo  comma,  del D.P.R. n.  634/72  (ora  articolo  76, comma 2, del D.P.R. n.131/86 ),  secondo  cui  “l’imposta  deve  essere  richiesta,  a pena di  decadenza, entro  il  termine  di  tre  anni”,  specificando, contemporaneamente, le  regole  attinenti  alla  sua decorrenza, e dall’altra l’Amministrazione finanziaria che individuava il termine decennale sulla base dell’articolo 76 del citato  DPR  n. 634 del 1972 (ora articolo 78 del testo unico), in forza del quale

“il    credito    dell’amministrazione    finanziaria    per   l’imposta definitivamente accertata si prescrive in dieci anni”.

cassazione reato indebita compensazioneSecondo i Giudici supremi, la  citata  previsione normativa decadenziale – tre anni -, riferite  agli  atti  da  presentarsi  o  presentati  per  la registrazione, risponde all’esigenza  di  assicurare  certezza  al  rapporto  ed insieme tutelare  il  contribuente.

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n.69/E del 2002, aderendo alla tesi della Corte di Cassazione, ha invitato gli uffici a fare riferimento all’attuale articolo  76, comma 2, del D.P.R. n.131/86, in quanto relativo “per il tempo dell’emanazione del provvedimento integrante esercizio del potere impositivo” e non, invece,

“alle disposizioni dettate al diverso scopo di fissare la prescrizione del credito d’imposta, una volta che sia incontestabilmente insorto in dipendenza dell’esercizio del potere stesso”.

Il triennio di decadenza decorre dalla data in cui l’ufficio finanziario “ha facoltà di contestare al contribuente la perdita del trattamento agevolato in dipendenza di mendacio (9)”.

E pertanto, fermo restando che “tali principi,   enucleati   dalla   Cassazione   in   ordine   ad  una fattispecie regolamentata  dalla  vecchia  normativa, assumono rilevanza anche con riferimento   a   quella  vigente,  in  ordine  alla  quale  non  emergono particolari problemi applicativi”, il termine triennale di decadenza decorre a seconda delle diverse fattispecie concrete:

  1. dalla  registrazione  dell’atto,  se  oggetto dell’accertamento è la mendacità delle  dichiarazioni da  parte dell’acquirente di  impossidenza  di  altra  casa  di  abitazione  nello stesso comune  dove  e’ ubicato il nuovo immobile e di altro immobile su tutto il  territorio  nazionale acquistato usufruendo delle agevolazioni in argomento;
  2. dallo spirare dell’anno successivo (o dei diciotto mesi, dal 1 gennaio 2001) alla  registrazione dell’atto, se oggetto di accertamento è la mendacità della dichiarazione   resa      dall’acquirente di  voler  trasferire la propria residenza nel comune dove è ubicato l’immobile entro un anno dall’acquisto;
  3. dallo spirare dell’anno successivo al trasferimento a titolo oneroso o gratuito    dell’immobile acquistato, se oggetto di accertamento è la  rivendita  infraquinquennale.

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Le agevolazioni prima casa e gli acquisti per usucapione

Con sentenza n. 5447 del 27 novembre 2007 (dep. il 29 febbraio 2008), la Corte di Cassazione, aderendo alla tesi dell’Amministrazione finanziaria che deduceva  la inidoneità  della  sentenza  dichiarativa   di   usucapione   a   costituire presupposto per l’applicazione dei benefici “prima casa” di cui alla  L.  n. 118 del 1985, ha accolto il ricorso in adesione ai principi affermati di recente dalla sentenza della Corte n. 29300  del  19  novembre  2007,

“secondo cui la nota  2 bis apposta (in funzione antielusiva) all’art. 8 della Tariffa  allegata  al D.P.R. n. 131 del 1986 e  che  parifica  la  tassazione  delle  sentenze  di usucapione a quella degli atti di trasferimento  non  consente  l’estensione agli atti giudiziali accertativi dell’usucapione di qualunque norma, anche a carattere generale,  agevolatrice  degli  atti  di  trasferimento  a  titolo oneroso.

Né può essere invocata l’applicazione analogica  a  fattispecie  di acquisizione della proprietà a titolo originario, sia per l’insuscettibilità di applicazione analogica delle leggi eccezionali, sia per la  insussistenza della identità di ratio”.


Proprio la citata sentenza n. 23900 dell’11 ottobre 2007 (dep. il 19 novembre 2007) della Corte di Cassazione aveva ritenuto non applicabile ad una sentenza dichiarativa di usucapione le agevolazioni per l’arrotondamento della piccola proprietà contadina previste dalla  L.  n.  604/1954  e  dalla legge 246/1976, per due ordini di motivi:

  • trattandosi di  legge  speciale  rispetto  alla legge di registro, la  sua  applicazione  non  è  estensibile  ai  casi  non previsti;
  • la  legge  n.  604/1954,  all’art.  1,   circoscrive espressamente  a  fattispecie  negoziali  inter  vivos  l’applicazione   dei benefici.

Inoltre, non può essere invocata l’applicazione analogica (ex art. 12, comma 2, disp. prel. c.c.)  di  tale  norma  nell’ipotesi  di  acquisizione  della proprietà a titolo originario, sia per  l’insuscettibilità  di  applicazione analogica delle leggi eccezionali, sia per la insussistenza  della  identità di ratio.

Francesco Buetto

1 giugno 2008

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NOTE

[1] La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8502 del 26 settembre 1996, ha stabilito che è priva di autonoma rilevanza la classificazione catastale, giacché i benefici sono applicabili anche alla categoria A7 – villini – se ritenuti non di lusso ;

[2] Cfr. R.M. n.76/E del 26 maggio 2000

[3] Cfr. sul punto la risoluzione n. 187/E del 7 dicembre 2000

[4] La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 19 del 1° marzo 2001 ha chiarito che la quota posseduta su altra casa di abitazione nell’ambito del territorio comunale non è di ostacolo alla fruizione delle agevolazioni; la quota posseduta è di ostacolo se l’altra quota sia del coniuge, così che sommandole si abbia l’intera proprietà; il precedente acquisto agevolato effettuato da uno dei coniugi in regime di comunione legale è causa di impedimento alla fruizione delle agevolazioni per entrambi i coniugi; l’impedimento sussiste, sempre per entrambi i coniugi, qualora uno soltanto dei due risulti titolare esclusivo dei diritti sugli immobili acquistati in regime agevolato e i coniugi effettuino un nuovo acquisto in regime di comunione legale dei beni ( cfr. Cass. Sent. n. 3159 del 4 aprile 1996 secondo cui nel caso di vendita di appartamento ad uso abitativo in favore di coniugi in regime di comunione legale dei beni, la presenza, rispetto ad uno soltanto dei compratori, dei requisiti richiesti dalla norma, rende necessaria la diversificazione della tassazione dell’atto, con il conseguente riconoscimento di dette agevolazioni limitatamente alla quota di pertinenza di quel coniuge).

[5] In ordine alla locuzione ” idonea ad abitazione ” si confronti la circolare ministeriale n.1/E del 2.03.94, pur se questa fa riferimento ai soli requisiti oggettivi

[6] Per completezza, si ricorda che la legge 21 novembre 2000 n.342 è intervenuta con gli artt. 66 e 69, commi 3 e 4, in materia di agevolazioni prima casa, apportando delle modifiche al regime agevolativo : l’art.66 ha previsto, per il personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia – in considerazione della particolarità del rapporto di lavoro -, che non sia necessaria la residenza nel comune ove sorge l’unità abitativa, prevista dalla nota II – bis) dell’art.1 della Tariffa, parte I, annessa al D.P.R. n.131/86.

[7] Tale principio ha trovato conferma in sede di Comm. Trib. Centrale ( decisione n.405 del 13.01.98 – 03.02.98).

[8] Cass., SS.UU., 6-21 ottobre 2000, n. 1196; in senso conforme, Cass.17 settembre 1998, n.9820 e Cass. 23 luglio 1999, n.7947.

[9] IANNIELLO, Guida normativa, edizione del 9 settembre 2002, pag.14; in senso conforme, da ultimo, Cass.,Sez.Trib., 23 maggio 2001, n.7010.