Sulla cessione di fabbricati abitativi Tupini in favore di società immobiliari, la Corte di cassazione assume una posizione “destabilizzante”, ritenendo applicabile l’aliquota IVA ordinaria al 22% (anziché al 10% previsto per l’uso come abitazione principale). La decisione della Cassazione non ci appare coerente col dettato normativo.
Il tema dell’IVA sui fabbricati abitativi (cosiddetti “Tupini”) acquistati da società commerciale è abbastanza rilevante e di frequente applicazione, eppure è sottovalutata sia dalla stampa specializzata sia nella fase di stipula dell’atto notarile di trasferimento.
I fabbricati abitativi Tupini e l’IVA
Un ragionamento ordinato ci impone di partire dal quadro giuridico di riferimento, che può essere cosi delineato:
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I fabbricati c.d. “Tupini” ex art. 13 della L. 408/49 sono case di abitazione non “di lusso”, purché non rientranti nelle categorie catastali A/1, A/8 oppure A/9, anche comprensive di uffici e negozi (a determinate condizioni). In presenza di queste condizioni le cessioni dei predetti fabbricati, effettuate dalle imprese costruttrici, scontano l’aliquota agevolata IVA del 10%;
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l’art. 127-undecies della Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/1972 prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% alle cessioni di “case di abitazioni”, “non di lusso”, se non ricorrono le condizi