La gestione delle rimanenze di magazzino: aspetti operativi e contabili

La variabile magazzino assume in qualunque impresa industriale e commerciale, un ruolo centrale, nella determinazione del reddito d’esercizio e del correlato capitale di funziona

prospetto mancante valutazione rimanenze finaliLa variabile magazzino assume in qualunque impresa industriale e commerciale, un ruolo centrale, nella determinazione del reddito d’esercizio e del correlato capitale di funzionamento.

Il concetto di scorta

Il termine scorta (stock in inglese) indica la quantità dei beni in giacenza in attesa di essere utilizzata nei processi produttivi o di essere venduta alla clientela.

Le scorte possono essere variamente classificate quali:

  • materie prime,
  • materie di consumo,
  • semilavorati,
  • prodotti in corso di lavorazione,
  • prodotti finiti e merci.

Importante subito rilevare che un errata quantificazione delle giacenze comporta un immobilizzo finanziario che può condizionare la realizzazione di altri investimenti.

Come affermato nel quadro di sintesi la scorta rappresenta la quantità di beni che è in attesa di utilizzazione nei processi produttivi o in attesa di essere distribuita ai clienti.

Elementi costitutivi delle rimanenze

Le rimanenze di cui l’impresa è proprietaria sono costituite dalle seguenti voci:

  • beni fisicamente esistenti nei magazzini e nelle aree di produzione dell’azienda (escluso le merci in deposito, in prova, in visione, in lavorazione o trasformazione, in garanzia o cauzione, di proprietà di terzi);
  • beni in viaggio, quando l’impresa ne ha già acquisito il titolo di proprietà;
  • beni in viaggio, quando l’impresa non ne ha trasferito ancora il titolo di proprietà ai terzi;
  • beni di proprietà dell’impresa presso terzi (in deposito, in prova, in comodato, in visione presso agenti o clienti, in lavorazione o trasformazione).

Può verificarsi uno sfasamento temporale tra l’acquisto e il ricevimento della merce per:

Merci o materie acquistate e non ancora ricevute (beni in viaggio).

I beni non ancora fisicamente ricevuti, ma il cui titolo di proprietà è già stato trasferito giuridicamente alla società, devono figurare tra gli acquisti ed essere inclusi tra le rimanenze.

In alcuni casi particolari le merci in viaggio non sono ancora di proprietà dell’acquirente perché il titolo di proprietà non è ancora stato trasferito (ad esempio nei casi di merci da sdoganare o in viaggio). In questo caso l’acquirente deve sospendere il costo, la fattura è regolarmente registrata tra i debiti verso i fornitori, ma la merce acquistata non compare tra le rimanenze;

Merci o materie ricevute, la cui fattura non è ancora stata ricevuta.

Le merci e le materie ricevute il cui titolo di proprietà è stato trasferito all’impresa acquirente, devono figurare tra le rimanenze. È necessario peraltro registrare tra i costi dell’esercizio l’acquisto delle materie o merci, e addebitare il conto fornitori per fatture da ricevere.

Al pari, può verificarsi uno sfasamento temporale tra vendita e consegna per :

Prodotti venduti, non ancora consegnati :

sono da escludere dalle rimanenze, qualora il titolo di proprietà sia già stato trasferito all’acquirente. In questo ultimo caso, è necessario registrare tra i ricavi dell’esercizio la vendita dei prodotti e scaricare il magazzino.

Prodotti consegnati non ancora fatturati:

se il titolo di proprietà delle merci è già stato trasferito, oppure se i rischi e benefici sono stati trasferiti all’acquirente, le merci non devono essere comprese tra le rimanenze del venditore. È necessario effettuare uno stanziamento, per includere tra le vendite i prodotti già venduti e accreditare tra i crediti verso clienti un conto relativo alle fatture da emettere;

Prodotti in viaggio e fatturati, ma senza il passaggio di proprietà.

In alcuni casi, nonostante la merce venduta sia uscita dai magazzini e la consegna sia iniziata il titolo di proprietà dei beni non è stato trasferito al compratore e l’impresa ha ancora tutti i rischi ed i benefici connessi alla proprietà dei beni.

Quando questo accade, il principio di competenza e il principio di correlazione dei costi e dei ricavi richiedono di iscrivere in bilancio le merci nel magazzino e di stornare le vendite che sono considerabili solo quando il titolo di proprietà è stato effettivamente trasferito.

La scorta può assumere diverse configurazioni, quali:

  1. scorta funzionale : che identifica quel livello di rimanenze che assicura un regolare svolgimento del processo produttivo ed una puntuale evasione degli ordini;
  2. scorta effettiva : che identifica la scorta effettivamente a disposizione dell’impresa in un dato istante per soddisfare le esigenze di alimentazione del processo produt- tivo o le esigenze di vendita delle merci alla clientela;
  3. scorta di sicurezza : detta anche scorta permanente che indica la quantità di scorte di magazzino, al di sotto della quale, non è possibile andare pena l’interruzione del processo produttivo o dei processi di

Vi sono poi diversi fattori che influenzano l’incremento o il decremento delle scorte di magazzino.

Nello schema che segue sono distinti in fattori endogeni e fattori esogeni:

Fattori endogeni

Fattori esogeni

stato di liquidità aziendale previsioni di aumento dei prezzi di vendita
offerte vantaggiose dei fornitori previsioni di difficoltà di nei processi di approvvigionamento
riduzione degli ordini d’acquisto previsioni di modifiche peggiorative della legislazione fiscale

Appare di fondamentale importanza definire un’adeguata politica delle scorte intesa quest’ultima come insieme delle scelte manageriali riguardanti la gestione del flusso in entrata ed uscita delle scorte.

Queste scelte devono condurre al raggiungimento contemporaneo di due sotto-obiettivi principali:

  • la riduzione dei costi di mantenimento delle scorte e dell’immobilizzo finanziario in scorte;
  • la determinazione di un livello di scorte che renda minimo il costo della funzione di approvvigionamento e che impedisca rotture (interruzioni) nel processo di approv- vigionamento, obiettivo quest’ultimo raggiungibile attraverso la determinazione del lotto economico d’acquisto.

La programmazione delle quantità d’acquistare

Come si stabilisce la quantità di scorte da acquistare in un azienda industriale o in un azienda commerciale ? Attraverso la formulazione dei piani di acquisto.

Come va impostato un piano di acquisto ?

Aziende industriali segno Aziende commerciali segno
Fabbisogno materiali di produzione + Quantità di merci da vendere +
Scorte finali di materiali preventivate + Scorte finali di merci +
Scorte iniziali di materiali in magazzino Esistenze Iniziali di merci
Quantità di materiali da acquistare = Quantità di merci da acquistare =

CASO DI CALCOLO DELLA QUANTITA’ DA PRODURRE IN FUNZIONE DEGLI OBIETTIVI DI BUDGET.

Supponiamo di voler determinare la quantità da produrre del prodotto X tenendo conto che gli ordini di vendita siano pari a 8.000 unità e del livello di scorte finali da mantenere dello stesso prodotto sia di 1.000 unità.

Considerando che ogni unità del prodotto X richiede 5 Kg. della materia Alfa e 10 Kg. della materia Beta, si determinino le quantità da produrre di prodotto X e il fabbisogno di acquisto delle materie Alfa e Beta, partendo dalla seguente situazione sintetica:

Beni Scorte Iniziali Scorte finali Variazione
Prodotto X 500 1000 500
Materia Alfa 4500 5100 600
Materia Beta 6000 5500 -500

Il piano di acquisto del prodotto finito X prevede :

Descrizione Quantità
Quantità relativa agli ordinativi di vendita 8.000
Variazione nelle scorte (scorte finali – scorte iniziali) 500
Quantità da produrre 8.500

Ne consegue che, la tavola dei fabbisogni di materie prime necessarie per il soddisfaci- mento degli ordini di acquisto sarà così rappresentata:

TABELLA DEI FABBISOGNI DI MATERIE PRIME PER LA PRODUZIONE

 

Descrizione

Quantità di materie Quantità di prodotto  

Fabbisogni di materie

 

Materia Alfa

5 8.500 42.500
Materia Beta 10 8.500 85.000

Mentre la tavola per la determinazione dei materie prime da acquistare sarà così rappresentata:

TABELLA DI ACQUISTO DEI MATERIALI

Descrizione Materia Alfa Materia Beta
Fabbisogno per la vendita 42.500 85.000
Fabbisogno per variazione scorte 600 -500
Quantità da acquistare 43.100 84.500

 

 

Il lotto economico d’acquisto

Per un efficace gestione del magazzino, occorre dare una risposta a due domande fondamentali:

  • quanta merce o materiali dobbiamo acquistare ?
  • quando dobbiamo acquistare la merce o i materiali ?

La risposta alla prima domanda viene fornita dall’algoritmo denominato lotto economico d’acquisto.

Il lotto economico d’acquisto, quindi, identifica la quantità di scorte che rende minimo, in relazione a ciascun prodotto in scorta, il costo totale della funzione di approvvigionamento.

Il costo totale della funzione di approvvigionamento è in funzione del costo di ordinazione e del costo di stoccaggio, cioè del costo di gestione degli ordini e del costo di mantenimento delle scorte.

Nella tabella che segue gli elementi che concorrono a formare le due tipologie di costo:

COSTI DI GESTIONE ORDINI COSTI DI MANTENIMENTO
costi di ricerca fornitori

costi di emissione ordini d’acquisto costo di controllo delle merci in arrivo e di immissione in magazzino

costi connessi alla gestione documentale del magazzino (fatture, D.D.T. ecc.)

(gruppo di costi tendenzialmente fissi)

oneri finanziari calcolati sul capitale immobilizzato in scorte

costi di stoccaggio (affitto, ammortamenti locali, attrezzature, costi del personale addetto allo stoccaggio)

costi di assicurazione delle scorte imma- gazzinate

(gruppo di costi tendenzialmente variabili)

Posto che il costo di gestione degli ordini è pari a:

y1 = Co x (F/Qx)

e che il costo di mantenimento dello scorte è pari a:

y2 = Cs x P x (Qx/2)

dove

Co = costo fisso per ogni ordine d’acquisto

Cs = costo annuo unitario di stoccaggio

P  = prezzo unitario di acquisto di ogni unità in scorta F     =   la quantità annua di merce o materiale d’acquistare Qx = il lotto economico d’acquisto

Posto che il lotto economico d’acquisto è la quantità che rende minimo il costo totale della fun- zione di approvvigionamento e che questo valore ricorre nel punto di uguaglianza tra la funzione che esprime il costo di gestione degli ordini e la funzione che esprime il costo di mantenimento, si avrà quindi che nel punto di minimo :

Co x (F/Qx) = Cs x P x (Qx/2)

con Qx > 0.

 

Sviluppando l’algoritmo matematico, si avrà:

Co x F x 2 = Cs x P x Q2x

per cui dovendo risolvere Q2x estrarremo la radice quadrata di:

Qx =

Appare opportuno, al fine di informatizzare i processi decisionali, predisporre un foglio di calcolo in ambiente Excel per calcolare il lotto economico d’acquisto. Vediamo di fornire una soluzione al caso esposto nella tabella sottostante:

CASO DI CALCOLO DEL LOTTO ECONOMICO D’ACQUISTO

Supponiamo di voler determinare il lotto economico d’acquisto del prodotto X suppo- nendo che le vendite previste siano pari a 12.500 unità e che:

  • le esistenze iniziali del prodotto X siano 850 unità mentre le scorte finali previste per lo stesso prodotto sono poste pari a 500 unità
  • il prezzo unitario d’acquisto sia di 70 Euro
  • costo fisso unitario di gestione ordini è di 250 Eur
  • i costi di stoccaggio sono posti pari al 30% del valore delle merci in magazzino.
Tabella di calcolo del lotto economico d’acquisto
Co = 250 Vendite previste = 12500,00
Cs = 30% Variazione stock finale = -350,00
P = 70 Fabbisogno annuo = 12150,00
Quantità lotto Costi di ordinazione Costi di stoccaggio Costo Totale di approvigionamento
y1 = Co x (F/Qx) y2 = Cs x P x (Qx/2)
Q.tà CO CS CT
450 6.750,00 4.725,00 11.475,00
500 6.075,00 5.250,00 11.325,00
550 5.522,73 5.775,00 11.297,73
600 5.062,50 6.300,00 11.362,50
650 4.673,08 6.825,00 11.498,08
700 4.339,29 7.350,00 11.689,29
750 4.050,00 7.875,00 11.925,00

 

grafico della funzione di approvvigionamento

 

Come si può notare, la tabella soprastante mostra come in corrispondenza della quantità di 550 unità del prodotto X, il costo totale della funzione di approvvigionamento pari a 11.297,73 Euro raggiunge il punto di minimo, valore che identifica il lotto economico d’acquisto.

Il punto di riordino

Occorre, a questo punto, dare risposta alla seconda domanda fondamentale in materia di gestione delle scorte ovvero definire quando comprare la merce o i materiali.

All’uopo occorre definire il punto di riordino che identifica il livello di scorte raggiunto il quale occor- re emettere l’ordine di riapprovvigionamento.

In altri termini, il punto di riordino identifica il quantitativo di merci o di materiali che obbliga l’Ufficio Magazzino ad inviare all’Ufficio Acquisti la richiesta di riapprovvigionamento.

E’ ovvio che, se il consumo è costante e il tempo di riordino è nullo, il punto di riordino coincide con l’esaurimento del stock di magazzino.

Pur tuttavia, queste condizioni nella realtà non si verificano mai e la necessità di impedire un’interruzione dello stock, spinge l’impresa a considerare non nulli i tempi di riordino e non costanti i consumi.

Cosicché, il punto di riordino viene determinato tenendo conto:

  • dei consumi medi giornalieri;
  • del numero dei giorni necessari per il riapprovvigionamento;
  • della quantità che costituisce scorta di

L’algoritmo per il calcolo del punto di riordino potrà così essere formulato:

Pr =   (Cmg x gr ) + Ss

dove

Pr = punto di riordino

Cmg = Consumi medi giornalieri

gr = giorni medi di riordino

Ss = scorta di sicurezza

CASO DI CALCOLO DEL PUNTO DI RIORDINO

Supponiamo di voler determinare il punto di riordino del prodotto X supponendo che :

  • i prelievi (consumi) medi giornalieri sono pari a 400
  • il tempo medio di riapprovvigionamento è di 20 gg.
  • la quantità che consideriamo scorta di sicurezza è di 2000 unità.

Pr =   (Cmg x gr ) + Ss

Pr = (400 x 20) + 2000 = 10.000 unità

L’Ufficio Magazzino comunicherà all’Ufficio Acquisti la richiesta di riapprovvigionamento, non appena raggiunto per il prodotto X, il livello di 10.000 unità.

Gli indici di rotazione del magazzino

La presenza dei costi di stoccaggio e degli oneri finanziari associati al capitale investito in scorte, pongono l’esigenza di acquisire ulteriori informazioni sulla durata media del ciclo di rinnovo del magazzino.

In particolare, appare utile la conoscenza dell’indice di rotazione delle scorte che può essere calcolato: come indice per quantità fisiche; come indice per valori.

L’indice di rotazione del magazzino a quantità fisiche

Nella prima forma si assume come indice di rotazione del magazzino il rapporto tra le quantità vendute ( o utilizzate) e la quantità mediamente giacente in magazzino nel periodo oggetto di osservazione.

Quindi, posto Ir l’indice di rotazione, Qv la quantità di scorte venduta (o utilizzata ) e Qla quantità mediamente giacente in magazzino, si avrà:

Ir = (Qv / Qm)

CASO DI CALCOLO DELL’INDICE DI ROTAZIONE DELLE SCORTE PER QUANTITA’

Supponiamo che la quantità vendute in un certo periodo siano state 120.000 e che la scorta mediamente presente in magazzino sia stata 25.000 unità, si avrà che l’indice di rotazione sarà uguale a:

Ir = (Qv / Qm) è da cui Ir = (120.000/25.000) = 4,8 (numero dei cicli di rinnovo del magazzino)

Dividendo il numero dei giorni dell’anno per un numero dei cicli di rotazione si ottiene il numero dei giorni di giacenza media del prodotto considerato.

Nel nostro caso sarà: (365/4,80) = 76 gg. in media di giacenza, informazione che attesta il numero dei giorni di durata media del ciclo economico che inizia con l’acquisto delle merci e che finisce con la vendita delle stesse.

Il calcolo della scorta media avverrà attraverso la costruzione di una tabella simile a quella sottostante:

Decorrenza

(A)

Scorta

(B)

Giorni

(C)

Scorta x Giorni

(B * C)

31/12 16.000 18 288.000

Dalla tabella si ricava l’informazione che fino al 18/01 il valore della scorta media è stato di 16.000 unità che moltiplicate per il numero dei giorni, danno come numero computistico 288.00 che è il prodotto dei due fattori precedenti.

Allo stesso modo si procederà per ogni successivo incremento o decremento di magazzino calcolando il numero computistico in corrispondenza di ogni variazione della scorta media.

Per determinare la scorta media occorrerà rapportare la somma dei numeri computistici al numero dei giorni dell’anno.

L’indice di rotazione del magazzino a valori

Nella seconda forma , l’indice di rotazione del magazzino è calcolato come rapporto tra il costo del venduto e il costo della giacenza media.

Quindi, posto Ir l’indice di rotazione, Cv il costo del venduto (o il costo delle materie uti- lizzate ) e Cm il costo della giacenza media, si avrà:

Ir = (Cv / Cm).

Posto che Cv è uguale a Esistenze iniziali + Acquisti – Rimanenze finali e che Cm è uguale alla somma delle consistenze finali di scorte alla fine di ogni mese diviso 131, è possibile calcolare l’indice di rotazione secondo quest’altra modalità.

CASO DI CALCOLO DELL’INDICE DI ROTAZIONE DELLE SCORTE PER VALORI

Supponiamo che il costo del venduto sia pari a 15.000.000 di Euro e che la sommatoria delle consistenze di merci alla fine di ogni mese, comprese l’esistenze iniziali, sia 20.000.000 di Euro, sulla scorta di questi dati, si avrà che l’indice di rotazione sarà uguale a:

Ir = (Cv / Cm) è da cui Ir = (15.000.000/(20.000.000/13)) = 9,75 (numero dei cicli di rinnovo del magazzino)

Dividendo il numero dei giorni dell’anno per un numero dei cicli di rotazione si ottiene il numero dei giorni di giacenza media del prodotto considerato.

Nel nostro caso sarà: (365/9,75) = 37 gg. in media di giacenza.

Il sistema del just in time

Accanto alle tecniche tradizionali di gestione del magazzino – strumenti idonei per la ge- stione delle scorte nelle piccole e medie imprese – si affianca la tecnica di derivazione nip- ponica denominata Just in time ( in sigla JIT), la cui applicazione richiede però un profon- da rivisitazione dell’organizzazione della produzione, basata su una stretta collaborazione tra le varie componenti aziendali.

In realtà, più che di tecnica di gestione delle scorte, occorrerebbe parlare di una vera e propria nuova filosofia di produzione, che ha come obiettivo ultimo l’azzeramento delle scorte.

L’applicazione del metodo JIT presuppone:

  1. elasticità degli impianti: nel senso di capacità dell’impresa di cambiare velocemente il tipo di produzione da attuare in una logica di tipo marketing oriented ;
  2. capacità produttiva di riserva : nel senso di capacità dell’impresa di rispondere agevolmente ai picchi di produzione conseguenti agli incrementi imprevisti di domanda;
  3. azione industriale orientata alla qualità : nel senso di migliorare la qualità del materiale o del semilavorato introdotto nei processi produttivi.

I criteri di valutazione delle rimanenze di magazzino

Codice Civile art. 2426, co. 1 punto 9)

Le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il n. 1), ovvero al valore di realizzazione desumibili dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione.

Codice Civile art. 2426, co. 1 punto 10)

ll costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della me- dia ponderata o con quelli “primo entrato”, “primo uscito” o “ultimo entrato, primo uscito”; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa.

La prima norma introduce il principio applicabile alla generalità di beni che costituiscono rimanenze, per il quale le rimanenze vanno valutate al minor valore tra il costo di acquisto o di produzione del bene o, se minore, al valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato.

Se nel corso degli esercizi successivi, sono venuti meno i motivi che autorizzavano l’utilizzo del “valore corrente” come criterio di valutazione alternativo, occorre ripristinare la valutazione al costo.

Nella valutazione delle rimanenze di magazzino, i costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione.

Non dobbiamo dimenticare che le valutazioni devono ispirarsi, tra l’altro, al “principio della prudenza” ed è questa la ragione per la quale se si verifica una sensibile riduzione del prezzo di mercato dei beni, per cui questo viene a rappresentare il cosiddetto “fair value”, non è possibile mantenere le rimanenze valutate al costo, poiché tale scelta determinerebbe un annacquamento del capitale, considerato che le rimanenze rappresentano un’attività di bilancio. Ma quali sono le attività di bilancio che costituiscono le rimanenze ?

L’art. 2424 punto C I del codice civile pone le rimanenze nella voce Attivo Circolante, con la seguente classificazione :

  • materie prime, sussidiarie e di consumo;
  • prodotti in corso di lavorazione e semilavorati ;
  • lavori in corso su ordinazione;
  • prodotti finiti e merci;
  • acconti.
Tavola di allocazione in Bilancio delle rimanenze
Descrizione Stato Patrimoniale Conto Economico
materie prime, sussidiarie e di consumo (C- I- 01) B 11)
prodotti in corso di lavorazione e semilavorati (C- I- 02) A 2)
lavori in corso su ordinazione (C- I- 03) A 3)
prodotti finiti e merci (C- I- 04) A2 per i prodotti finiti e B 11) per le merci
acconti (C- I- 05) B 11)2

 

Le voci di bilancio sono quelle evidenziate in grassetto, di cui la prima determina variazioni nelle rimanenze dell’area dei Costi della produzione, mentre la seconda, la terza e la quarta determinano variazioni nell’area del Valore della produzione.

La quinta classe – acconti – ha una collocazione che può sembrare errata, considerato che la prassi contabile maggioritaria, considera l’acconto un credito in conto fornitura da eseguire, per cui ci chiediamo come mai un credito verso i fornitori per anticipi in conto forniture da eseguire venga allocato in bilancio tra le rimanenze?

Probabilmente a causa della natura intrinseca dell’acconto, quale anticipo di costo, posto che l’origine dell’acconto non è un’operazione finanziaria in senso stretto, indipendente da un‘operazione di compravendita di beni e servizi che ne costituisce il presupposto, ma è semplicemente la fase iniziale di un contratto di compravendita, nel quale l’acconto rappresenta un parte del prezzo di acquisto dei beni.

D’altronde, la stessa normativa IVA, considera il pagamento dell’acconto un evento imponibile, proprio perché rappresentativo del momento iniziale della compravendita. Quanto al successivo punto 10), il Codice Civile consente, per i beni fungibili, l’adozione dei di uno dei seguenti criteri:

  • costo medio ponderato;
  • primo entrato, primo uscito (F.i.f.o.)
  • ultimo entrato, primo uscito (L.i.f.o.)

con la clausola generale, che se la valutazione a “costo corrente” determina una differenza sostanziale, quest’ultima va esposta nella nota integrativa.

L’art. 2426 n. 1 del codice civile stabilisce inoltre che nel costo di acquisto si computano an- che i costi accessori.

Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione interna o presso terzi.

Schema di rappresentazione del funzionamento del criterio F.i.f.o. (first in first out).

Carico (input) ⇒                      Q4

                                                       Q3   

                                                       Q2

Q1   ______Scarico (output) ⇒ 

                                                                                                                                                                      ___

Commento: Il criterio del primo entrato, primo uscito evidenzia come il magazzino, venga valutato partendo dal presupposto che i beni in rimanenza siano i beni entrati più recentemente. Trattasi quindi di un criterio che valorizza il magazzino a prezzi cor- renti e che determina un aumento del valore delle rimanenze

 

Schema di rappresentazione del funzionamento del criterio L.i.f.o. (Last in first out).

Carico (input) ⇒                      Q______Scarico (output) ⇒ 

                                                       Q3    

                                                       Q

Q1

                                                                         

Commento: Il criterio del ultimo entrato, primo uscito evidenzia come il magazzino, venga valutato partendo dal presupposto che i beni in rimanenza siano quelli entrati in tempi non recenti . Trattasi quindi di un criterio che valorizza il magazzino a prezzi storici e che determina una riduzione del valore delle rimanenze. Con questo criterio di valutazione delle rimanenze il magazzino non risente dell’effetto dell’inflazione.

Metodo del prezzo al dettaglio ( Retail inventory method )

Per le aziende di commercio al dettaglio, può trovare impiego un metodo che prescinde dalla rilevazione delle quantità in rimanenza e che determina il valore delle rimanenze attraverso un confronto tra i valori di carico e scarico del magazzino a prezzi di vendita, determinando le rimanenze attraverso lo scorporo dell’utile lordo, dalla differenza come sopra determinata.

Descrizione Magazzino a costi Percentuale di Ricarico % Magazzino a ricavi
Esistenze Iniziali 200.000 35% 270.000
Acquisti 1.200.000 35% 1.620.000
Totale carico 1.400.000 1.890.000
Corrispettivi 1.500.000
Valore delle rimanenze a ricavi 390.000
Rapporto Magazzino a Costi (Mc) /

Magazzino a Ricavi (Mr)

0.7407
Magazzino a costi = Valore delle

Rimanenze a Ricavi * (Mc/Mr)

288.889

Tabella di esposizione del metodo di valutazione basato sul Costo medio ponderato

Descrizione    Quantità  Prezzo Unitario Importo  Consistenza di Magazzino
Esistenza Iniziale 1600 3 4800 4800
Acquisto 1200 3,5 4200 9000
Vendita -1500 3,21 -4821,43 4178,57
Acquisto 500 3,60 1800,00 5978,57
Vendita -800 3,32 -2657,14 3321,43
Rimanenze Finale 1000

Nella tabella precedente, è esposto un caso di costo medio ponderato continuo, cioè rical- colato ad ogni operazione, in cui le rimanenze finali sono quantificate in 1000 unità , valu- tate 3321,43 Euro. Gli scarichi sono iscritti con segno negativo, mentre i carichi sono iscritti con segno positivo. La determinazione del prezzo degli scarichi avviene con la nota for- mula del costo medio ponderato che qui di seguito si riporta:

∑ (pi * qi ) / ∑ qi

Ad esempio in relazione al primo scarico l’applicazione della formula ha dato il seguente risultato:

((1600*3)+(1200*3,5)) / 2800 = 3,21

Tabella di esposizione del metodo di valutazione basato sul F.i.f.o.

Data – Descrizione           Quantità       Carico         Scarico       Importo Consistenza di Magazzino
01-gen Esistenza Iniziale 6000 0,85 5100 5100
02-feb Acquisto 2000 0,89 1780 6880
03-feb Vendita -1500 0,85 -1275 5605
04-feb Vendita -4500 0,85 -3825 1780
04-feb Vendita -1500 0,89 -1335 445
Consistenza Finale 500

Nella tabella precedente, invece, è esposto un caso di utilizzo del metodo F.i.f.o. come me- todo di valorizzazione degli scarichi di magazzino. Come si può notare il prezzo unitario di scarico, con questa metodologia non cambia fino all’esaurimento dello specifico strato.

Nell’esempio gli scarichi del 03 e del 04 febbraio avvengono considerando lo strato costi- tuito dall’esistenza iniziale al 01/01 e utilizzando il relativo prezzo unitario.

Mentre nel 2° scarico del 04 febbraio, si passa all’utilizzazione dello strato successivo, applicando come valore di scarico il relativo prezzo unitario. La consistenza finale di magazzino alla data del 04 febbraio, è di 445 Euro per una quantità residua di 500 unità .

Tabella di esposizione del metodo di valutazione basato sul L.i.f.o.

Data – Descrizione     Quantità       Carico         Scarico       Importo Consistenza di Magazzino
01-gen Esistenza Iniziale 6000 0,85 5100 5100
02-feb Acquisto 2000 0,89 1780 6880
03-feb Vendita -1500 0,89 -1335 5545
04-feb Vendita -500 0,89 -445 5100
04-feb Vendita -5500 0,85 -4675 425
Consistenza Finale 500

Nella tabella precedente, invece, utilizzando gli stessi dati del caso F.i.f.o. si è proceduto all’applicazione del metodo L.i.f.o. per la valorizzazione degli scarichi di magazzino.

Come si può notare, siccome il metodo presuppone l’utilizzazione degli strati di magazzino partendo dal più recente, a parità di scarichi e di consistenza finale la valutazione del magazzino scende a 425 Euro, dimostrando così il principio che la valutazione del magazzino applicando il criterio L.i.f.o. continuo, conduce ad una svalutazione delle giacenze, coeren- te con l’assunto che il magazzino, con questo criterio, risulta costituito da scorte non formatesi in tempi recenti.

Il criterio fiscale di valutazione delle rimanenze denominato L.i.f.o. a scatti annuali

Normativa di riferimento Contenuto
art. 92 del T.U.I.R. 1.    Le variazioni delle rimanenze finali dei beni indicati all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), rispetto alle esistenze iniziali, concorrono a formare il reddito dell’esercizio. A tal fine le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici o a norma dell’articolo 93, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma delle disposizioni che seguono.

2.    Nel primo esercizio in cui si verificano, le rimanenze sono valuta- te attribuendo ad ogni unità il valore risultante dalla divisione del costo complessivo dei beni prodotti e acquistati nell’esercizio stesso per la loro quantità.

3.    Negli esercizi successivi, se la quantità delle rimanenze è aumentata rispetto all’esercizio precedente, le maggiori quantità, valutate a norma del comma 2, costituiscono voci distinte per esercizi di formazione. Se la quantità è diminuita, la diminuzione si imputa agli incrementi formati nei precedenti esercizi, a partire dal più recente.

4.    Per le imprese che valutano in bilancio le rimanenze finali con il metodo della media ponderata o del «primo entrato, primo uscito» o con varianti di quello di cui al comma 3, le rimanenze finali sono assunte per il valore che risulta dall’applicazione del metodo adottato.

5. Se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato a norma dei commi 2, 3 e 4, è superiore al valore normale medio di essi nell’ultimo mese dell’esercizio, il valore minimo di cui al comma 1, è determinato moltiplicando l’intera quantità dei beni, indipendentemente dall’esercizio di formazione, per il valore normale. Per le valute estere si assume come valore normale il valore secondo il cambio alla data di chiusura dell’esercizio. Il minor valore attribuito alle rimanenze in conformità alle disposizioni del presente comma vale anche per gli esercizi successivi sempre che le rimanenze non risultino iscritte nello stato pa- trimoniale per un valore superiore.

6. I prodotti in corso di lavorazione e i servizi in corso di esecuzione al termine dell’esercizio sono valutati in base alle spese sostenute nell’e- sercizio stesso, salvo quanto stabilito nell’articolo 93 per le opere, le for- niture e i servizi di durata ultrannuale.

7. Le rimanenze finali di un esercizio nell’ammontare indicato dal contribuente costituiscono le esistenze iniziali dell’esercizio successivo.

8. Per gli esercenti attività di commercio al minuto che valutano le rimanenze delle merci con il metodo del prezzo al dettaglio si tiene conto del valore così determinato anche in deroga alla disposizione del comma 1, a condizione che nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato siano illustrati i criteri e le modalità di applicazione del detto metodo, con riferimento all’oggetto e alla struttura organizzativa dell’impresa.

La variante fiscale al L.i.f.o. continuo, pur mantenendo l’essenza del metodo determina il valore delle giacenze, partendo dal principio che anno per anno – e non movimento per movimento – vengono utilizzate per prima le scorte dell’anno corrente fino al loro esauri- mento e poi le scorte degli anni precedenti.

In realtà, però il metodo si applica secondo delle regole che sono più vicine al costo medio ponderato, visto che gli strati annuali in incremento sono valorizzati al CMP di periodo, mentre i decrementi funzionano imputando gli scarichi agli strati che si sono formati anno per anno, partendo dal più recente, fino al suo esaurimento.

CASO DI APPLICAZIONE DEL METODO DEL L.I.F.O. “A SCATTI ANNUALI”

Si supponga che nella Alfa S.r.l. nel primo periodo d’imposta siano stati acquistati Kg. 320.000, al costo di 200.000 Euro e che al 31/12 dell’anno (n) le scorte di un certo bene sia- no pari a 20.000 Kg. Si supponga, altresì, che nel periodo d’imposta (n+1) siano stati ac- quistati 150.000 Kg. dello stesso bene al costo di 210.000 Euro e che le rimanenze finali siano pari a 21.000 kg., Si supponga, infine, che nel periodo d’imposta (n+2) siano stati acquistati 160.000 kg. dello stesso bene, al costo di 220.000 Euro e che la giacenza finale ammonti a 19.000 Kg.

Soluzione:

Periodo d’imposta (n):

Costo 200.000 Euro / 320.000 Kg. = 0,625 costo medio unitario dell’esercizio (n)

Kg. 20.000 * 0,625 = 12.500 Euro (rimanenze finali anno (n))

Periodo d’imposta (n+1):

Poiché si è verificato un incremento delle giacenze finali di 1.000 Kg. rispetto al periodo d’imposta precedente, occorre calcolare il 2° strato incrementale come segue:

Costo 210.000 Euro / 150.000 Kg. = 1,40 costo medio unitario dell’esercizio (n+1)

Kg. 1.000 * 1,40 = 1.400 Euro (incremento rimanenze finali anno (n+1))

Riepilogo:

Descrizione Importo Consistenza
Esistenze Iniziali anno (n+1) 12.500
Incremento (n+1) 1.400
Rimanenze finali anno (n+1) 13.900

Periodo d’imposta (n+2):

Poiché si è verificato un decremento delle giacenze finali di 2.000 Kg. rispetto al periodo d’imposta precedente, occorre calcolare le rimanenze finali applicando la regola L.i.f.o. imputando il decremento, a due strati precedenti fino al loro azzeramento :

Poiché il decremento è di 2.000 Kg. , 1.000 andranno imputati all’incremento formatosi nel periodo d’imposta (n+1) e 1.000 a quello formatosi nel periodo d’imposta (n) cosicché tutta la giacenza andrà valorizzata a prezzi dell’anno (n) essendosi esaurito con il decremen- to, il primo strato precedente. Pertanto si avrà:

Kg. 19.000 * 0,625 = 11.875 Euro (rimanenze finali anno (n+2))

I Principi contabili internazionali (IAS 2)

Il D.Lgs. 28/02/2005 n. 38 ha previsto l’obbligo per alcune società di redigere in Bilancio Consolidato, in conformità ai principi contabili internazionali IAS/IRFS.

Secondo lo IAS 2, le rimanenze di beni fungibili devono essere valutate, secondo:

  • il criterio del costo medio ponderato
  • il criterio F.i.f.o.

con la possibilità, in via transitoria per l’annualità 2005, ai sensi dell’art. 13 del D.lgs. 38/2005, di applicare ai fini fiscali, i precedenti criteri.

Per cui non è più ammessa secondo gli IAS/IRFS l’applicazione del metodo L.i.f.o. nella valutazione delle rimanenze finali.

L’eventuale disallineamento tra i valori civilistici e i valori fiscali delle rimanenze può de- terminare Imposte differite che devono essere contabilizzate in bilancio. Ad esempio, se il valore L.i.f.o. delle rimanenze finali fosse 1.000 mentre il corrispondente valore a CMP fosse 1.100, per le società che per la prima volta si vedono costrette ad applicare i principi contabili internazionali a fronte dell’aumento temporaneo del valore delle rimanenze, oc- corre accendere una apposita riserva, nella quale stanziare l’incremento temporaneo delle rimanenze al netto delle imposte differite che invece vengono accantonate allo specifico fondo.

Data Op. BilCEE Sottoconti Dare Avere
31/12/n SP – A C I 1) Rimanenze di magazzino 100,00
SP – P A VII) Riserva volontaria 62,75
SP – P B 2) Fondo imposte differite 37,25
Rilevate imposte differite da adeguamento valore rimanenze agli IAS/IRFS

Leggi anche: 

La valutazione delle rimanenze

Inventario di magazzino e valutazione delle rimanenze di fine anno

Aspetti contabili delle rimanenze di magazzino

 La rilevazione delle rimanenze di magazzino avverrà, utilizzando due serie di conti distinte: la prima di natura patrimoniale e la seconda di natura economica. E’ possibile utilizzare per la rilevazione della parte economica due tecniche:

  • quella di utilizzare dei conti il cui saldo esprima direttamente la variazione annuale verificatasi nelle rimanenze;
  • quella di utilizzare due serie di conti distinte, di cui una per le esistenze iniziali e l’altra per le rimanenze finali, che andranno successivamente girocontate al conto unico accesso alle variazioni alle rimanenze.

Prima tecnica di rilevazione delle rimanenze di magazzino

Data Op. BilCEE Sottoconti Dare Avere
31/12/n SP – A C I 1) Prodotti finiti 1.000.000,00
CE –  A 2) Variazioni alle rimanenze

di prodotti finiti

1.000.000,00
Rilevate rimanenze finali di prodotti finiti

Mentre le esistenze iniziali, sono state rilevate ad inizio anno con la scrittura:

Data Op. BilCEE Sottoconti Dare Avere
01/01/n CE –  A 2) Variazioni alle rimanenze

di prodotti finiti

900.000,00
SP – A C I 1) Prodotti finiti 900.000,00
Rilevate esistenze iniziali di prodotti finiti
  1. Seconda tecnica di rilevazione delle rimanenze
    1. 1 la rilevazione delle rimanenze iniziali avverrà con la seguente scrittura:
Data Op. BilCEE Sottoconti Dare Avere
31/12/n CE –  A 2) Prodotti    finiti    c/esistenze iniziali 900.000,00
SP – A C I 1) Prodotti finiti 900.000,00
Rilevate esistenze iniziali di prodotti finiti
  1. 2) la rilevazione delle rimanenze finali avverrà con la seguente scrittura:
Data Op. BilCEE Sottoconti Dare Avere
31/12/n SP – A C I 1) Prodotti finiti 1.000.000,00
CE –  A 2) Prodotti finiti c/rimanenze finali 1.000.000,00
Rilevate rimanenze finali di prodotti finiti
  1. 3) Girosaldo dei conti accesi alle esistenze iniziali e alle rimanenze finali al conto “variazioni”
Data Op. BilCEE Sottoconti Dare Avere
31/12/n CE –  A 2) Variazione prodotti finiti 100.000,00
CE –  A 2) Prodotti    finiti    c/esistenze iniziali 900.000,00
CE –  A 2) Prodotti finiti c/rimanenze finali 1.000.000,00
Rilevato girosaldo al conto variazioni rimanenze

Scritture contabili analoghe, andranno fatte per ogni categoria in rimanenza. Ricordiamo, inoltre, che l’appostazione in bilancio delle variazioni alle rimanenze avverrà in modo distinto e con regole antitetiche, a seconda che il gruppo di rimanenze in oggetto, sia allocato nell’area del “Valore della Produzione” o nell’area del “Costo della Produzione”.

In particolare:

per l’area del “Valore della Produzione”:

Posto che RF = rimanenze finali e EI = esistenze iniziali Se RF > EI la variazione delle rimanenze è positiva

Se RF < EI la variazione delle rimanenze è negativa Se RF = EI la variazione delle rimanenze è nulla.

Mentre per l’area del “Costo della Produzione”: Posto che RF = rimanenze finali e EI = esistenze iniziali Se RF < EI la variazione delle rimanenze è positiva

Se RF > EI la variazione delle rimanenze è negativa Se RF = EI la variazione delle rimanenze è nulla.

A cura di Enrico larocca

20.01.2007

 

Leggi anche:

Contabilità di magazzino, valorizzazione e differenze inventariali (2022)

Magazzino di fine anno: aspetti civilistici e fiscali (2023)

Regolarizzazione delle rimanenze iniziali di magazzino (2023)

 

NOTE

1 Il numero 13 è il frutto della somma di 12 rilevazioni mensili, più la consistenza delle esistenze iniziali.

2 Si potrebbe anche ipotizzare nessuna allocazione nel Conto Economico, ove si consideri l’acconto come posta meramente finanziaria.

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