La Cassazione tende a interpretare in senso sostanziale le norme sulla deducibilità dal reddito d’impresa delle perdite su crediti, riconoscendo che la gestione del rischio creditizio è parte integrante dell’attività imprenditoriale e che la rinuncia a un credito, quando giustificata da circostanze oggettive, costituisce una manifestazione fisiologica dell’attività d’impresa
La Suprema Corte ha confermato che la rinuncia parziale al credito nell’ambito di una transazione può generare una perdita fiscalmente deducibile ai sensi dell’art. 101, comma 5, TUIR, quando la scelta imprenditoriale risulti ragionevole alla luce di fatti oggettivi e sia documentata in modo certo e preciso. Il collegamento con i principi contabili nazionali (in particolare, OIC 15 – Crediti) assume funzione dirimente per il momento e le modalità di cancellazione in bilancio del credito.
Il caso: deducibilità delle perdite su crediti per accordo transattivo
L’ordinanza della Corte di Cassazione si inserisce nel consolidato filone giurisprudenziale volto a chiarire le condizioni di deducibilità delle perdite su crediti, con specifico riferimento ai casi in cui il creditore rinunci, in tutto o in parte, al proprio diritto di credito nell’ambito di un accordo transattivo.
La vicenda trae origine da una verifica fiscale nei confronti di una società che aveva definito una controversia commerciale con una propria debitrice mediante un accordo di transazione.
In tale contesto, la creditrice aveva rinunciato a una parte del credito vantato, ricevendo a titolo di compensazione la cessione di un ramo d’azienda della debitrice.
La perdita contabilizzata era stata tuttavia disconosciuta dall’Amministrazione finanziaria, che riteneva non sufficientemente dimostrate né l’inesigibilità del credito né le ragioni economiche della scelta transattiva, richiamando altresì la coincidenza di parte della compagine sociale tra le due società coinvol