La disciplina fiscale degli immobili nelle imprese minori non è proprio chiarissima. Dubbi sorgono soprattutto sul trattamento degli immobili strumentali o ad uso promiscuo, sul loro raccordo contabile e sul rischio di emergere plusvalenze. L’assenza di riferimenti operativi concreti rende difficile applicare coerentemente il regime fiscale, aprendo scenari interpretativi e criticità pratiche.
Il regime fiscale degli immobili nelle imprese minori: criticità applicative e incoerenze normative
L’analisi dell’art. 66 TUIR e del corredo normativo che legislativamente viene fatto intersecare con tale articolo, non consente di razionalizzare compiutamente la disciplina fiscale degli immobili, sia in ordine alle forme di attrazione al regime d’impresa e sia in ordine al relativo regime fiscale.
Alcuni riferimenti normativi
Per una migliore comprensione dell’indagine appare utile riportare i dati normativi di riferimento:
- comma 1, art. 66:
“I redditi d’impresa dei soggetti cui si applica il regime di contabilità semplificata è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi di cui all’art 85 e degli altri proventi di cui all’art 89 percepiti nel periodo d’imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’impresa. La differenza è aumentata dei ricavi di cui all’art 57 TUIR e dei proventi di cui all’art. 90…”;
- comma 2, art. 66:
“Le quote di ammortamento sono ammesse in deduzione secondo le disposizioni degli artt. 64, comma 2, 102…”;
- comma 2, art. 64:
“Per gli immobili utilizzati promiscuamente utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50% della rendita catastale…a condizione che il contribuente non disponga di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’impresa”;
- comma 3, art. 66:
“Si applicano, oltre a quelle richiamate nei precedenti commi, le disposizioni di cui agli artt……65…”;
- comma 1, art. 65:
“Per le imprese individuali … si considerano relativi all’imp