La valutazione delle rimanenze in bilancio: criteri da applicare e ripercussioni fiscali

La valutazione delle rimanenze finali in bilancio rappresenta un’operazione complessa: la scelta del metodo influisce sia sull’utile d’esercizio che sul reddito fiscale e sulla patrimonializzazione dell’impresa; analisi dei principi contabili aggiornati, dei diversi metodi di valutazione (con particolare attenzione ai lavori in corso su ordinazione) e delle implicazioni fiscali della valutazione del magazzino.

valutazione rimanenze finaliAi fini di una corretta rilevazione, valutazione e rappresentazione delle rimanenze di magazzino nei bilanci, occorre fare riferimento alle disposizioni di cui all’art. 2426 c.c. e al nuovo principio contabile Oic n. 13 (Organismo Italiano Contabilità).

Per rilevare quindi il valore delle rimanenze, in ossequio al principio della prudenza, bisogna fare riferimento al minore tra i seguenti valori: costo di acquisto (valore originario del bene più gli oneri accessori) – costo di produzione (comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento in cui il bene può essere utilizzato) e il valore di realizzazione desumibile dal mercato.

Ai fini pratici è importante anche la rilevazione fisica delle quantità delle rimanenze che solitamente avviene tramite inventario ovvero mediante un sistema di scritture contabili di magazzino; inoltre, ai fini di una corretta rilevazione, occorre tenere in considerazione che per i beni mobili bisogna fare riferimento alla data di spedizione o di consegna della merce mentre per i beni immobili vale la data di stipulazione del contratto e che si devono conteggiare tutti i beni in proprietà, le rimanenze che si trovano presso terzi in attesa di lavorazione e i beni in viaggio (vanno esclusi i beni in prova ,in conto visione e in conto lavorazione).

La procedura di valorizzazione in pratica

La determinazione delle rimanenze al costo di acquisto o di produzione varia, come già detto, a secondo della tipologia dei beni in giacenza ovvero:

  • beni infungibili (hanno caratteristiche specifiche e non sono interscambiabili con altri beni);
  • beni fungibili (possono essere sostituiti da beni dello stesso genere).

I Beni infungibili devono quindi essere valutati al loro costo specifico di acquisto o di produzione mentre per i beni fungibili il Codice civile consente la valorizzazione al costo specifico o in alternativa tramite:

  1. criterio del costo medio ponderato;
  2. il metodo Fifo (First in first out);
  3. il metodo Lifo (Last in first out).

La modifica del criterio di valutazione delle rimanenze è ammessa soltanto in casi eccezionali, motivato nella nota integrativa, con l’indicazione dell’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale-finanziaria e del risultato economico dell’esercizio (gli effetti del cambiamento devono essere imputati al conto economico, tra i proventi e gli oneri straordinari).

Il redattore del bilancio deve, inoltre, verificare la continuità del criterio di valutazione rispetto al precedente esercizio e , in caso contrario, deve individuare gli effetti del cambiamento sulla rappresentazione della situazione patrimoniale finanziaria e del risultato economico dell’esercizio, da riportare in nota integrativa.

Analisi dei principali criteri di valutazione

Metodo FIFO (first in first out)

Il metodo FIFO (first in first out) deriva dall’inglese e significa che i primi prodotti a entrare nel magazzino sono considerati contabilmente anche i primi ad uscire.

Secondo la logica di questo metodo gli scarichi avvengono considerando le scorte più vecchie (quelle entrate per prime) e di conseguenza:

  • gli scarichi avvengono ai costi più vecchi in ordine cronologico (ed in genere a costi più bassi);
  • le rimanenze si valutano ai costi più recenti (in genere a costi più alti).

Le ripercussioni sulla contabilità generale e sui costi derivanti dall’uso del metodo FIFO sono:

  1. costi di produzione più bassi (rispetto ad altri metodi) in quanto gli scarichi del magazzino dei materiali sono considerati a valori più vecchi e quindi più bassi provocando una contabilizzazione più bassa dei costi di produzione;
  2. rimanenze finali valutate a valori più alti (la valutazione con il metodo Fifo si fa sulla base dei costi delle fatture fornitori degli acquisti più recenti partendo dall’ultima fattura e procedendo all’indietro nel tempo in modo da coprire la quantità in magazzino con le quantità ed i relativi costi delle fatture fornitori più recenti; tuttavia l’uso della sola ultima fattura d’acquisto è sbagliato se la quantità dell’ultima fattura è inferiore alla giacenza della voce da valutare e il costo delle fatture precedenti necessarie per coprire la quantità della voce in magazzino è diverso dal costo riflesso nell’ultima fattura in quanto può produrre significative differenze nella valutazione).

Metodo del costo medio ponderato

Il metodo del costo medio è uno dei più usati e, nel caso di specie, gli scarichi vengono effettuati al valore medio delle varie partite acquistate, soprattutto quando non è possibile determinare il costo effettivo perché i beni sono alla rinfusa o non sono facilmente distinguibili nel magazzino .

Nel metodo del costo medio ponderato è necessario aggiornare il costo medio ad ogni nuovo scarico aggiungendo alla quantità in rimanenza (valutata con il vecchio costo medio) quella acquistata (valutata al nuovo prezzo).

Il vantaggio di questo metodo è di poter disporre di un valore medio costantemente aggiornato mentre lo svantaggio è quello di dover ricalcolare il costo medio ad ogni acquisto (la tecnologia può venire in aiuto con procedure automatizzate che ricalcolino il costo medio automaticamente).

Il costo medio può essere ponderato per movimento (il costo medio è calcolato subito dopo ogni singolo acquisto e le vendite vengono scaricate con il costo medio calcolato dopo l’ultimo acquisto effettuato); al momento del ricevimento (il costo medio è determinato dividendo il costo totale delle unità residue prima dell’ultimo ricevimento più il costo delle ultime unità ricevute per il totale delle unità residue dopo l’ultimo ricevimento); per periodo (alle quantità ed ai costi in inventario all’inizio del periodo si aggiungono gli acquisti o la produzione di un periodo – mese, trimestre… – e si determinano i nuovi costi medi ponderati).

Metodo LIFO

Il metodo LIFO (last in first out) deriva dalla lingua inglese e significa che gli ultimi prodotti entrati in magazzino (last in), sono considerati contabilmente i primi ad essere scaricati (first out).

Questo è uno dei metodi più usati perché può essere adottato vantaggiosamente dalle aziende anche dal punto di vista civilistico e fiscale.

Nel metodo LIFO gli scarichi avvengono in modo inverso rispetto al FIFO ovvero: gli scarichi vengono contabilizzati ai costi più recenti (e quindi generalmente più alti), le rimanenze vengono valutate a costi più vecchi (e quindi più bassi).

A livello di contabilità generale le ripercussioni saranno: a) costi di produzione più elevati perché gli scarichi dal magazzino dei materiali (passati in lavorazione) vengono contabilizzati ai costi più recenti e quindi più alti; b) rimanenze valutate a valori più bassi.

Nota bene: occorre sempre tenere in considerazione quanto segue:

Il criterio del valore di realizzazione desumibile dal mercato

Il principio di iscrizione delle rimanenze in bilancio evidenzia come il loro valore debba essere considerato al minore tra i seguenti valori: costo di acquisto (valore originario del bene più gli oneri accessori) – costo di produzione (comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento in cui il bene può essere utilizzato e il valore di realizzazione desumibile dal mercato.

Tale criterio di valutazione viene usato in alternativa al costo di acquisto o di produzione e rappresenta il valore di realizzazione (o prezzo di realizzo) desumibile dall’andamento di mercato.

Tale metodo viene applicato nei momenti in cui il mercato è attraversato da turbolenze sui prezzi di elevata entità; in questo modo si cerca di permettere una certa corrispondenza tra costi di produzione e ricavi di vendita.

Le novità introdotte dal nuovo principio contabile OIC 13

1 – Gli oneri finanziari e la determinazione delle rimanenze finali

Il principio contabile n. 13 chiarisce che gli oneri finanziari sono generalmente esclusi dalla determinazione del costo delle rimanenze.

La capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa solo con riferimento a beni che richiedono un periodo di produzione (ad esempio per la maturazione o l’invecchiamento) significativo.

Il limite della capitalizzazione degli oneri finanziari è rappresentato dal valore di realizzazione del bene ed inoltre la scelta di capitalizzare gli oneri finanziari è applicata in modo costante nel tempo.

Per quanto riguarda la rappresentazione in bilancio degli oneri finanziari capitalizzati gli interessi passivi e gli altri oneri finanziari che sono oggetto di capitalizzazione devono comunque essere imputati alla voce C.17 del conto economico, “Interessi e altri oneri finanziari”, e la loro capitalizzazione avverrà mediante la valorizzazione nel conteggio delle rimanenze finali, andando quindi ad influire sulla “variazione delle rimanenze” rappresentata nel conto economico.

La capitalizzazione degli oneri finanziari non può, tuttavia, determinare un costo complessivo delle rimanenze eccedente il loro presumibile valore netto di realizzo, e deve essere adeguatamente illustrata nella nota integrativa al bilancio d’esercizio, anche se redatto in forma abbreviata.

2- La deduzione dei contributi in conto esercizio per l’acquisto delle rimanenze

Nuove regole previste dal principio contabile Oic 13 anche per la contabilizzazione dei contributi ai fini della valutazione delle rimanenze.

I contributi in conto esercizio acquisiti a titolo definitivo sono portati in deduzione al costo di acquisto dei materiali, in modo tale che la valutazione delle rimanenze risulti al netto dei contributi stessi.

Pertanto, il costo di un bene è dato dal prezzo effettivo di acquisto maggiorato degli oneri accessori e include anche i costi di trasporto, i costi doganali, i tributi e gli altri oneri direttamente imputabili a quel bene (i resi, gli sconti commerciali, gli abbuoni e i premi si portano in diminuzione dei costi).

Il principio contabile Oic 13 precisa che in caso di contributi in conto esercizio il costo ritenuto rilevante è quello realmente sostenuto al netto dei contributi ricevuti e che i contributi in conto esercizio devono essere indicati separatamente nella voce “A5 – Altri ricavi e proventi” mentre i costi sostenuti per gli acquisti di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci sono registrati fra i costi di produzione alla voce B6, al lordo dei contributi in conto esercizio ricevuti per tali acquisti ( in presenza di un contributo per l’acquisto di merci si dovrà provvedere a rilevare il costo di acquisto per intero delle merci acquistate e registrare quindi nei ricavi il contributo ricevuto evidenziando che trattasi di contributi in conto esercizio).

Alla fine dell’esercizio, in sede di valutazione delle rimanenze, il costo delle merci va individuato al netto dei contributi ricevuti.

3 – Il metodo del prezzo al dettaglio

In presenza di significative quantità di rimanenze, oltre ai metodi classici di valutazione, è consentita una valutazione semplificata e la nuova versione del principio contabile ha regolato l’applicazione del metodo del prezzo al dettaglio.

L’OIC 13 consente di utilizzate tale metodo per determinare il costo delle rimanenze, se può essere dimostrato che produce valori assimilabili a quelli prodotti applicando il metodo del costo medio ponderato, il FIFO o il LIFO (il metodo dei prezzi al dettaglio, utilizzabile generalmente nel settore della grande distribuzione, si basa sulla contrapposizione tra i valori di costo e quelli di vendita).

Al fine dell’applicazione occorre: – raggruppare le merci per categorie omogenee in base alla percentuale di ricarico;

  • rilevare le entrate (acquisti) sia al costo che al ricavo al fine dell’individuazione del ricarico e rilevare le uscite (vendite) solo ai prezzi di vendita; – modificare la valorizzazione a ricavo ogni qual volta cambia il prezzo di vendita;
  • valorizzare, alla fine dell’esercizio, le rimanenze utilizzando il prezzo di vendita mediante la sottrazione del valore complessivo del magazzino “a ricavo”, dei ricavi effettivamente realizzati;
  • calcolare il costo delle rimanenze finali sottraendo dal valore delle rimanenze valutate al prezzo di vendita la percentuale di ricarico.

4 – La valutazione dei lavori in corso su ordinazione

I lavori in corso su ordinazione secondo il nuovo OIC n. 13 sono quei contratti di durata ultrannuale per la realizzazione di un bene o di una combinazione di beni o per la fornitura di beni o servizi non di serie che insieme formano unico progetto (la tipologia più comune è quella del contratto di appalto definito dall’art. 1655 c.c.).

Per la valutazione dei lavoro in corso di ordinazione che alla chiusura dell’esercizio non sono ancora terminati devono essere utilizzati i seguenti metodi di calcolo :

  1. metodo della commessa completata;
  2. metodo della percentuale di completamento.

a) Il metodo della commessa completata

Comporta la valutazione delle rimanenze dei lavori in corso su ordinazione ancora non completati in base al costo sostenuto (ovvero al minore tra il costo ed il presumibile valore di realizzo) rilevando quindi i ricavi e l’utile di commessa solamente al momento dell’ultimazione dell’opera.

Il criterio della commessa completata privilegia quindi una valutazione al costo ovvero al valore di mercato se inferiore (art. 2426, n. 9, c.c.).

b) Il metodo della percentuale di completamento

Il criterio della percentuale di completamento prevede invece la rilevazione dei costi, dei ricavi e dell’utile della commessa nel corso degli esercizi in cui i lavori sono eseguiti in proporzione alla percentuale di completamento.

L’adozione del metodo della percentuale di completamento è, tuttavia, subordinata alla preventiva e congiunta sussistenza di alcune specifiche condizioni ovvero:

  • contratto vincolante per le parti, che definisce chiaramente le obbligazioni, e soprattutto il diritto al corrispettivo dell’esecutore dei lavori;
  • le opere sono, per contratto, specifiche per il cliente, e con l’avanzamento del lavoro riflettono progressivamente le caratteristiche tecniche richieste dallo stesso;
  • è possibile effettuare previsioni ragionevoli ed attendibili dei ricavi e dei costi di commessa in base allo stato d’avanzamento, in correlazione a stime dei ricavi e dei costi della commessa da sostenere;
  • i costi ed i ricavi riferibili alla commessa possono essere identificati e misurati in modo attendibile, nonché confrontati con quelli precedentemente stimati;
  • non sono presenti situazioni di aleatorietà connesse a condizioni contrattuali o fattori esterni di tale entità da rendere le stime relative al contratto dubbie ed inattendibili, ovvero da non consentire di formulare ragionevoli previsioni sul risultato finale della commessa, incluse quelle riguardanti le capacità dei contraenti di far fronte alle proprie obbligazioni.

Al ricorrere di tali requisiti, è possibile valutare i lavori in corso su ordinazione secondo il criterio della percentuale di completamento, determinabile in base a modalità alternative ovvero:

  • cost to cost: in misura pari al rapporto tra i costi effettivi ad una certa data e quelli complessivamente stimati;
  • ore realmente lavorate, rispetto a quelle previste, nel caso in cui la commessa si caratterizzi per la prevalenza del fattore umano;
  • unità consegnate, fondato sul rapporto tra le unità prodotte ed il totale di quelle da produrre contrattualmente;
  • misurazioni fisiche, per effetto del quale le quantità prodotte sono valutate ai prezzi contrattuali.

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Nota bene: la visione fiscale

Si ricorda che da un punto di vista fiscale il metodo ammesso per la valutazione è quello della percentuale di completamento in quanto la possibilità di valutazione delle rimanenze con il metodo della commessa completata è stata definitivamente abrogata dalla Legge 296/2007, e può essere utilizzato solo per le opere iniziate prima del 1 gennaio 2007.

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Aspetti fiscali della valutazione delle rimanenze finali

In ambito fiscale, diversamente da quanto stabilito civilisticamente, la svalutazione del magazzino costituisce una facoltà lasciata alla discrezionalità dell’impresa.

La svalutazione dovrà essere adeguatamente supportata da elementi oggettivi, non deve essere occasionale ma si sia determinata quantomeno nel corso dell’ultimo mese dell’esercizio come dettato dal comma 5, dell’articolo 92 del Tuir.

Nonostante la disposizione dell’art. 92, del Tuir non è raro assistere, in sede di verifica, alla ripresa fiscale delle svalutazioni di magazzino operate dall’impresa, eccependo che il valore di mercato riferito all’ultimo mese dell’esercizio non sia supportato da evidenze oggettive o non sia provato con sufficiente attendibilità (l’organo accertatore contesta la determinazione del valore normale utilizzato dal contribuente nelle proprie valutazioni e pretende ‘applicazione del valore storico di costo demandando al contribuente la prova dell’effettivo minor valore di mercato dei beni in magazzino).

Come già detto la disciplina fiscale delle rimanenze di magazzino è regolata dall’art. 92 del TUIR il quale dispone che :

“le variazioni delle rimanenze finali rispetto alle esistenze iniziali concorrono a formare il reddito dell’esercizio”.

L’art. 92 stabilisce che le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici o a norma dell’articolo 93, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma dei successivi co. 2, 3 e 4 (se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato a norma dei commi 2, 3 e 4, è superiore al valore normale medio di essi nell’ultimo mese dell’esercizio il valore minimo,di cui al comma 1,è determinato moltiplicando l’intera quantità dei beni, indipendentemente dall’esercizio di formazione, per il valore normale).

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NOTA BENE

La norma fiscale dispone quindi che i beni non fungibili devono essere necessariamente valutati al costo specifico mentre quelli fungibili vanno raggruppati in categorie omogenee e valutati sulla base dei metodi “convenzionali” (Lifo, Fifo o costo medio ponderato). Se le rimanenze sono state valutate in base ad altri criteri il valore non dovrà essere inferiore a quello valutato tramite il criterio LIFO a scatti annuali.

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Il legislatore fiscale ha quindi individuato una specifica disciplina fiscale con esclusivo riferimento ai beni valutati con criteri di determinazione alternativi al costo per i quali ha anche riconosciuto la possibilità di procedere alla relativa svalutazione.

Per i beni valutati al criterio del costo specifico la svalutazione non trova riconoscimento fiscale (se si procede quindi ad una svalutazione civilistica ai fini fiscali si rende necessario operare in sede di dichiarazione una variazione in aumento del reddito in misura corrispondente alla svalutazione contabile effettuata) e, nel caso di specie , secondo la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 78-2013, la svalutazione degli Immobili è quindi da considerarsi fiscalmente irrilevante in quanto trattasi di beni infungibili con la conseguenza che specialmente nel settore edile, dove le rimanenze sono determinate al costo specifico, le svalutazioni non hanno mai validità fiscale e si pongono in netta contrapposizione con il criterio civilistico.

Esempi di calcolo per la valorizzazione delle rimanenze finali

DATI TABELLA (BENI FUNGIBILI)

calcolare valorizzazione rimanenze finali di beni fungibili

Valore Rimanenze con costo medio ponderato euro

10,66x 300 ( r.i.+ acq.-vendite)= 3.198 euro

Valore Rimanenze con metodo FIFO

(200×11) + (100×10)= euro 3.200

Valore Rimanenze con metodo LIFO

(100X11)+(100X10)+(100×5)= euro 2.600

Valore Rimanenze con metodo LIFO continuato

(100×5)+ (200×11)= euro 2.700

Valore Rimanenze con metodo LIFO a scatti annuale

(100×5)+ (200×10,66)= euro 2.632

17 aprile 2015

A cura di Celeste Vivenzi

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