Accertamento induttivo: la cassa in rosso non prova l’evasione

In tema di accertamento induttivo spetta comunque all’Amministrazione Finanziaria dimostrare l’esistenza di fatti costitutivi della pretesa tributaria.

Il presente articolo muove da una sentenza della CTR del Lazio [1], che pronunciandosi sulla valenza probatoria del saldo negativo di cassa ai fini dell’accertamento induttivo, ha affermato il principio che in tema di accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. 600/1973, spetta comunque all’Amministrazione Finanziaria dimostrare l’esistenza di fatti costitutivi della pretesa tributaria, dovendo l’A.F. fornire gli elementi di dettaglio dell’avvenuta evasione e che l’esistenza di un saldo negativo di cassa, risultante dalle scritture contabili obbligatorie, da solo, non legittima l’accertamento induttivo.

La sentenza, certamente condivisibile, va parzialmente in controtendenza rispetto alle recenti indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate in materia di accertamento della coerenza economica, finanziaria e patrimoniale dei soggetti accertati.

L’Agenzia delle Entrate ha individuato una serie di indici ( o indicatori ) che utilizzati in combinazione con gli studi di settore e i parametri, potrebbero arricchire l’insieme degli strumenti utilizzabili dall’A.F. per misurare l’attendibilità dei conti aziendali.

Gli indici individuati dall’Agenzia delle Entrate sono :

  • la cassa negativa;
  • gli ammortamenti superiori al costo del bene;
  • i debiti con durata superiore all’anno;
  • i crediti con durata superiore all’anno;
  • l’indice di rotazione di magazzino.

 

Non vogliamo in questa sede entrare nel merito della significatività e del valore indiziario di alcuni indicatori come quelli relativi ai crediti e ai debiti di durata superiore all’anno, ma restando sul tema del saldo negativo di cassa, non si può non obbiettare che tale elemento non può da solo rappresentare un ipotesi di ricavi e redditi occultati.

Dalla lettura del caso si evince che gli sbilanci di cassa erano stati oggetto di copertura mediante versamenti a titolo di finanziamento dei soci a favore della società.

Quindi, sembrerebbe che i saldi negativi di cassa, evidenziati a seguito di processo verbale di constatazione della G. di F. sarebbero il risultato della epurazione dal conto Cassa dei versamenti operati a titolo di finanziamento – cioè riconoscendo come fittiziamente eseguiti i versamenti a favore della società mutuataria.

A parte la necessità di provare se i finanziamenti fossero o meno stati eseguiti dai soci, resta il problema di dover ammettere che tale forma di finanziamento societario è assolutamente legittima e che allorquando questa si appalesa come soluzione economicamente più conveniente rispetto al ricorso al credito bancario, le società possono ricorrervi, dovendosi riconoscere alle società di capitali – tale era la società sottoposta ad accertamento – una soggettività giuridica distinta da quella dei soci.

Non si può sostenere senza fornire prove certe, precise e concordanti, che i finanziamenti dei soci hanno corretto “a valle”, la distorsione provocata “a monte” dai ricavi occultati, che riversati sui conti correnti societari, in assenza di finanziamenti dei soci, avrebbero evidenziato saldi negativi di numerario.

Per cui ad esempio, se alla data del 10/05/2005 fosse stato effettuato un versamento in c/c bancario di € 10.000 pari al saldo di cassa alla stessa data e contemporaneamente fosse stato effettuato un versamento in conto finanziamento infruttifero dei soci di € 4.000, l’unica informazione certa che si ricaverebbe dalla lettura dei conti è che la Cassa diveniente dalla gestione operativa era alla data del 10/05 di € 6.000 e che per effettuare il versamento in c/c bancario di € 10.000 sono occorsi finanziamenti dei soci per € 4.000, non certo che esistono € 4.000 di ricavi occultati.

Quest’ultima circostanza va provata con elementi certi, precisi e concordanti, questa almeno sembra essere l’indicazione che si ricava dalla sentenza della CTR del Lazio qui commentata. 

 
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Enrico Larocca

Settembre 2005

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[1] Sentenza della CTR del Lazio, sez. 26, n. 189/26/05, depositata il 05/07/2005, in Italia Oggi del 17/08/2005 pag. 22.