Rientrano nel perimetro dell’indebita compensazione anche i contributi previdenziali e assistenziali, fermo restando che il mancato pagamento di contributi previdenziali o assistenziali non può condurre a un “risparmio di imposta”, dato che il contributo non costituisce tributo?
Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti si configura anche nel caso in cui si compensino debiti per contributi previdenziali?
Il reato di indebita compensazione può configurarsi anche in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere a oggetto tutte le somme dovute che possono essere inserite nell’apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali?
Per configurare il reato, rileva qualunque tributo o contributo che possa essere opposto in compensazione secondo le norme generali?
Reato di indebita compensazione: i princìpi
Il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti[1] (art. 10-quater del D.lgs. 74/2000) si configura anche nel caso in cui si compensino debiti per contributi previdenziali con crediti d’imposta IRES inesistenti.
Anche dopo la modifica operata dal D.lgs. n. 158 del 2015, il fuoco dell’incriminazione della fattispecie di cui all’art. 10-quater, n. 74 del 2000 è rappresentato non dall’omogeneità o eterogeneità delle imposte compensate, né dal rispetto del limite temporale della detraibilità del credito e nemmeno dall’utilizzo o meno del modello F24, ma dal ricorso a un istituto applicato nonostante l’assenza di un valido titolo.
La soglia di rilevanza penale di cui all’art. 10-quater, D.lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, in materia di indebita compensazione, va riferita all’ammontare dei crediti non spettanti utilizzati per le compensazioni indebite, e non alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto non versate, con la conseguenza che, per accertare il superamento della soglia, occorre procedere alla somma algebrica degli importi dei crediti, quale ne sia la tipologia, inesistenti o non spettanti portati in compensazione.
Tali principi sono stati recentemente precisati dalla Corte di Cassazione terza sezione penale[2], in antitesi ad un preciso precedente orientamento[3] della stessa Corte di Cassazione.
Alcune considerazioni su ipotesi di compensazione orizzontale e verticale
Anche dopo la modifica operata dal D.lgs. n. 158 del 2015, il fuoco dell’incriminazione della fattispecie di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater, n. 74 del 2000 è rappresentato non dall’omogeneità o eterogeneità delle imposte compensate, né dal rispetto del limite temporale della detraibilità del credito e nemmeno dall’utilizzo o meno del modello F24, ma dal ricorso a un istituto applicato nonostante l’assenza di un valido titolo.
Stante il richiamo espresso all’art. 17, D.lgs. n. 241 del 1997, il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti[4] si configura perciò sia in caso di c.d. compensazione orizzontale, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, sia in caso di c.d. compensazione verticale, riguardante crediti e debiti per tributi di natura omoge