Credito d’imposta non spettante e inesistente: la Suprema Corte chiarisce il confine

Torniamo sul problema del credito d’imposta non spettante o inesistente: secondo la Cassazione il credito fiscale illegittimamente utilizzato dal contribuente può dirsi “inesistente” quando ne manca il presupposto costitutivo (ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente).

Compensazione di crediti fiscali: confine tra credito d’imposta non spettante e inesistente

Il principio di diritto

credito imposta non spettante inesistenteLa Suprema Corte nella sentenza n. 33445 depositata il 16 novembre 2021 (e nelle analoghe sentenze n. 3443 e n. 3445 del 2021) ha enucleato il seguente principio di diritto:

“In tema di compensazione di crediti fiscali da parte del contribuente, l’applicazione del termine di decadenza ottenale, previsto dal Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 27, comma 16, conv. in L. n. 2 del 2009, presuppone l’utilizzo non già di un mero credito non spettante, bensì di un credito inesistente, per tale ultimo dovendo intendersi – ai sensi del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13, comma 5, terzo periodo, (introdotto dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 15) – il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (il credito che non è, cioè, “reale”) e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 36-bis e 36-ter e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54-bis”.

 

Il caso

L’Agenzia delle Entrate ha notificato a una società agricola un avviso di recupero con cui si contestava l’indebito utilizzo in compensazione di un credito IVA maturato nel 2008 stante l’accertata natura di società di comodo della contribuente.

La società de qua ha impugnato l’avviso con ricorso dinanzi alla C.T.P. di Pavia che lo ha accolto, rilevando che la società operava in modo continuativo e che, nel caso di specie, non trattandosi di crediti inesistenti, non poteva trovare applicazione il termine decadenziale di otto anni previsto dall’art. 27, comma 16 del D.L. n. 185/2008 (convertito in L. n. 2 del 2009), bensì quello ordinario quadriennale, nel caso de quo non rispettato.

Avverso detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso che è stato rigettato dalla CTR Lombardia, evidenziando, in particolare, che per effetto della novella apportata all’art.13 del D.lgs n. 471 del 1997, dal D.lgs n. 158 del 2015, si è al cospetto di compensazione di un credito “non spettante” e non già  di un “credito inesistente”, come pure implicitamente ritenuto dalla stessa Agenzia, laddove ha comminato la sanzione del 30% del credito utilizzato, ai sensi dell’art. 13, comma 4 D.Lgs n. 471 del 1997, anzichè quella prevista dal comma 5, nella misura dal 100% al 200% del credito.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione che è stato ritenuto infondato dalla Suprema Corte per le ragioni che verranno esposte nei paragrafi seguenti.

Al fine di comprendere l’iter logico seguito dai giudici di legittimità nella presente pronuncia, appare opportuno ricostruire i precedenti giurisprudenziali riguardo la controversa quaestio iuris relativa al discrimen tra crediti “inesistenti” e crediti “non spettanti”.

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Fonte: Corte di Cassazione sentenza n. 33445 depositata il 16 novembre 2021

 

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A cura di Avv. maurizio Villani e Lucia Morciano

Sabatp 18 dicembre 2021

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