Il ravvedimento operoso è ritrattabile solo per errore manifesto e riconoscibile?

I pagamenti effettuati con ravvedimento operoso sono il frutto di una scelta negoziale ovvero uno spontaneo seppur tardivo adempimento dei doveri fiscali, il quale per il suo presupposto di “spontaneità”, è espressione di una scelta del contribuente?
Per i pagamenti rispetto ai quali si chiede il rimborso è esclusivamente rilevante l’errore determinante in cui sia caduto il contribuente nel momento in cui ha operato il ravvedimento stesso?
Una volta che il contribuente abbia optato per il ravvedimento operoso, le sanzioni così corrisposte dipendono da una scelta di natura negoziale e consapevole, che giustifica il rimborso solo ove lo stesso nel formularla sia caduto in un errore qualificato a mente della disciplina generale contenuta nel codice civile?

Ravvedimento operoso: il principio

ravvedimento operoso ritrattabileLa scelta del ravvedimento operoso ordinario[1] in materia fiscale, di cui all’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472[2], è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante.

La scelta del ravvedimento operoso in materia fiscale, di cui all’art. 13, d.lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà – rispetto alla quale risulta irrilevante che l’atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza – per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante.

Ai fini dell’istanza di rimborso delle somme così versate risultando quindi esclusivamente rilevante l’errore determinante ai sensi dell’art. 1428 c.c.,[3] in cui sia caduto il contribuente nel momento in cui ha operato il ravvedimento stesso.

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione.[4]

 

Il caso di Cassazione

Un contribuente ha chiesto in primo grado, l’annullamento del diniego alla propria istanza di rimborso di sovrattasse ed interessi per ritardato pagamento di imposte relative all’anno 2012, importo versato a seguito di ravvedimento operoso.

Il giudice del gravame ha accolto l’istanza di rimborso per i pagamenti effettuati ai sensi del D.lgs. n. 472/1997.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la decisione in Cassazione dolendosi, sostanzialmente, per la violazione dell’art. 13 d.lgs. n. 472/1997 poiché, essendo pacifico che i pagamenti erano avvenuti in virtù del ravvedimento operoso, doveva ritenersi preclusa la contestazione sulla debenza delle relative somme, mancando i presupposti per l’errore essenziale e riconoscibile.

 

La sentenza: ravvedimento operoso ritrattabile solo in caso di errore formale manifesto e riconoscibile

Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno accolto il ricorso in cassazione del fisco e decidendo nel merito hanno respinto il ricorso introduttivo del contribuente sulla base delle seguenti articolate argomentazioni.

In forza dell’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997, è consentito il pagamento in misura ridotta della sanzione, ove il pagamento dell’imposta dovuta, od un acconto, o anche la regolarizzazione degli errori venga effettuato entro un termine stabilito (in base alle diverse ipotesi) dalla norma in esame.

Il c.d. “ravvedimento operoso” (definizione che evoca l’annullamento del contributo causale nell’illecito omissivo) costituisce uno spontaneo seppur tardivo adempimento dei doveri fiscali il quale, appunto per il suo presupposto di “spontaneità”, è espressione di una scelta del contribuente.

Scelta di carattere negoziale, dichiarazione di volontà – rispetto alla quale risulta irrilevante che l’atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza – che coerentemente non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante, cioè essenziale e riconoscibile ai sensi dell’art. 1428 c.c..

Sotto tale profilo, non distinguendo la norma (in ordine ai presupposti per il ravvedimento) se non nei limiti indicati espressamente (costituiti dai diversi termini in relazione alla tipologia di atti e violazioni), non si può ritenere, in relazione alle sanzioni, di operare alcuna fondata selezione tra violazione sostanziale, formale o meramente formale, ai fini della possibilità di proporre o meno istanza di rimborso della sanzione.

Il ravvedimento operoso ha natura negoziale e, in quanto manifestazione di volontà, è pertanto ritrattabile solo in caso di errore manifesto, facilmente riconoscibile.

Le somme versate mediante ravvedimento operoso non possono essere successivamente richieste a rimborso salvo il caso in cui il versamento medesimo sia derivato da un errore essenziale e riconoscibile.

Questa è la diretta conseguenza della natura stessa dell’istituto del ravvedimento operoso di carattere negoziale tale da costituire una dichiarazione di volontà che può essere oggetto di annullamento esclusivamente per errore determinante.

 

Conclusioni

L’unica eccezione, che consente al contribuente di accedere al rimborso, è l’errore formale, essenziale e riconoscibile.

Quindi occorre ricondurre il ravvedimento operoso al rapporto negoziale civilistico, coniando la disciplina dell’annullamento del contratto per errore che, ai sensi dell’art. 1428 c.c., necessita dei requisiti dei requisiti di essenzialità e riconoscibilità, a tutela dell’affidamento dell’altro contraente che, nella fattispecie in esame, è l’Amministrazione fiscale.

Il rimborso delle somme versate tramite il ravvedimento implica quindi l’onere di indicare i ridetti presupposti nell’istanza di rimborso e l’onere di fornirne la prova in fase giudiziale.

Concludendo, di fronte ad un ravvedimento operoso con pagamento delle sanzioni in misura ridotta il rimborso delle sanzioni è possibile se vi è stato un errore formale, che deve essere altresì essenziale e riconoscibile.

 

*** 

ALLEGATO

CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 11993 depositata il 5 maggio 2023

Rilevato che

  1. La contribuente chiedeva in primo grado, l’annullamento del diniego alla propria istanza di rimborso di sovrattasse ed interessi per ritardato pagamento di imposte relative all’anno 2012, importo versato a seguito di ravvedimento operoso. Essa riteneva giustificato il ritardo in ragione del mancato incasso di ingenti somme dovutele dall’ASL. La CTP dichiarava l’inammissibilità del ricorso per tardivo deposito dello stesso, e la CTR, adita in sede di gravame, accoglieva invece l’istanza, ritenendo superata la questione relativa al deposito del ricorso e dimostrata l’addebitabilità del ritardo nel pagamento a mancato incasso addebitabile alla pubblica amministrazione.
     
  2. L’Agenzia propone così ricorso in cassazione, affidato a due motivi. La contribuente si è costituita a mezzo di controricorso per resistere all’impugnativa.

Considerato che

  1. Con il primo motivo l’Agenzia denuncia violazione del D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6, comma 5, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3, c.p.c.
    Assume la difesa erariale che l’allegazione di un – neppur provato – inadempimento dell’ASL – non rappresenterebbe un impedimento di carattere oggettivo, tale da configurare la causa di giustificazione di cui alla richiamata disposizione, dunque violata dalla pronuncia d’appello.
  1. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3, c.p.c..
    Essendo infatti pacifico che:
  1. Pregiudizialmente dev’essere respinta l’eccezione di difetto di “autosufficienza” del ricorso, per non avere la difesa erariale trascritto gli atti difensivi e allegato l’avvenuta deduzione davanti al giudice del merito, delle motivazioni dedotte a conforto degli stessi.
    La difesa erariale, infatti, si è attenuta all’onere di specificità dei motivi, riportando poi in maniera compiuta anche le allegazioni della parte controricorrente, poste a suffragio delle relative tesi in appello, le parti censurate della pronunzia ed allegando al ricorso i documenti sui quali esso si basa.
  1. Venendo all’esame dei motivi, il secondo motivo, da esaminarsi prioritariamente nell’ordine logico, è fondato.

Anzitutto esso è sicuramente ammissibile poiché, versandosi in materia di azione di rimborso, la questione proposta dall’Agenzia costituisce una mera difesa e non un’eccezione in senso proprio, e d’altronde nella stessa prospettazione della contribuente si assume semplicemente che l’“eccezione” non sarebbe stata spesa in sede di provvedimento di diniego.

Invero è pacifico che i pagamenti, rispetto ai quali si richiede il rimborso, sono stati effettuati in forza del d.lgs. n. 472 del 1997.

L’art. 13 della citata disposizione consente il pagamento in misura ridotta della sanzione, di cui la contribuente ha beneficiato, ove il pagamento dell’imposta dovuta, od un acconto, o anche la regolarizzazione degli errori venga effettuato entro un termine stabilito (in base alle diverse ipotesi) dalla norma in esame.

Il c.d. “ravvedimento operoso” (definizione che evoca l’annullamento del contributo causale nell’illecito omissivo) costituisce uno spontaneo seppur tardivo adempimento dei doveri fiscali il quale, appunto per il suo presupposto di “spontaneità”, è espressione di una scelta del contribuente.

Scelta di carattere negoziale, dichiarazione di volontà – rispetto alla quale risulta irrilevante che l’atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza – che coerentemente non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante, cioè essenziale e riconoscibile ai sensi dell’art. 1428 c.c.

Sotto tale profilo, non distinguendo la norma (in ordine ai presupposti per il ravvedimento) se non nei limiti indicati espressamente (costituiti dai diversi termini in relazione alla tipologia di atti e violazioni), non si può ritenere, in relazione alle sanzioni, di operare alcuna fondata selezione tra violazione sostanziale, formale o meramente formale, ai fini della possibilità di proporre o meno istanza di rimborso della sanzione.

In definitiva, fermo restando che il tardivo pagamento costituisce senza meno una violazione sostanziale (incidendo sul versamento del tributo, Cass. 27/02/2017, n. 4960), attribuire un ruolo principale alla natura della violazione “ravveduta” e/o ancorare la ripetibilità delle somme alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori, risulta palesemente contrastante con lo stesso sistema del ravvedimento che nega valore alla sussistenza dei presupposti sanzionatori, per sua stessa essenza, come confermato dall’orientamento tradizionale di questa Corte, che qui si conferma, pur se non siano mancate incertezze sul punto (Cass. 16/12/2020, n. 28844).

Va dunque in proposito affermato il seguente principio.

La scelta del ravvedimento operoso in materia fiscale, di cui all’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, è di carattere negoziale, costituendo una dichiarazione di volontà – rispetto alla quale risulta irrilevante che l’atto dovuto costituisse invece una mera dichiarazione di scienza – per cui essa non può che essere oggetto di annullamento per errore determinante.

Ai fini dell’istanza di rimborso delle somme così versate, risulta irrilevante la natura, formale o sostanziale, della violazione per la quale si presta il “ravvedimento” stesso, né la stessa può essere ancorata alla mancanza ab origine dei presupposti sanzionatori, risultando ciò palesemente contrastante con lo stesso sistema del ravvedimento in parola, che consiste in una libera scelta del contribuente con la quale – ricorrendo le condizioni di legge – si provvede a soddisfare la pretesa tributaria senza porla in discussione, beneficiando peraltro di un trattamento sanzionatorio ridotto, risultando quindi esclusivamente rilevante l’errore determinante ai sensi dell’art. 1428 c.c., in cui sia caduto il contribuente nel momento in cui ha operato il ravvedimento stesso.

Volta che il contribuente abbia dunque optato per il ravvedimento operoso, le sanzioni così corrisposte dipendono da una scelta di natura negoziale e consapevole, che giustifica appunto il rimborso solo ove lo stesso nel formularla sia caduto in un errore qualificato a mente della disciplina generale contenuta nel codice civile.

I medesimi principi si applicano alla soprattassa, oggetto della presente controversia, che costituisce come noto, a seguito della sostituzione operata dall’art. 26 del d.lgs. n. 472 del 1997, una sanzione pecuniaria, con l’unica particolarità, per dir così storica, del suo collegamento ad una violazione costituita dal ritardo nel pagamento di un tributo, ben distinta dallo scopo risarcitorio affidato invece agli interessi moratori.

4. L’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento del primo, in quanto comunque si voglia qualificare l’eventuale inadempienza della P.A. nei confronti della contribuente, la rilevanza di una causa di non punibilità presuppone pur sempre la possibilità di porre in discussione il ravvedimento operoso e con esso la sanzione assolta in modo ridotto, che per quanto sopra concluso, deve invece escludersi.

5. Il ricorso merita dunque accoglimento, con cassazione della sentenza impugnata e, non essendovi la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., decidendo nel merito, dev’essere respinto il ricorso introduttivo.

In ordine alle spese, dichiarate compensate quelle dei gradi di merito, relativamente al giudizio di legittimità esse vanno poste a carico della controricorrente soccombente.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo e, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata.

Decidendo nel merito, respinge il ricorso introduttivo, condannando la controricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito. Spese dei gradi di merito compensate.

 

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NOTE

[1] La Legge di bilancio per l’anno 2023 prevede il c.d. ravvedimento speciale per definire le irregolarità commesse nelle dichiarazioni validamente presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31.12.2021 e ai precedenti periodi d’imposta.

La regolarizzazione comporta il pagamento delle sanzioni ridotte a 1/18 del minimo oltre all’imposta e agli interessi dovuti.

La definizione comporta il computo della sanzione pari a 1/18 del minimo edittale, in deroga a quanto è previsto dall’articolo 13 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

La regolarizzazione è consentita a condizione che le violazioni non siano già contestate alla data del versamento di quanto è dovuto ovvero della prima rata.

La contestazione, che preclude l’agevolazione, deve avvenire con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni di cui all’art. 36-ter del D.P.R. 29/09/1973, n. 600.

Qualsiasi atto di diversa natura (ad es., richiesta di documenti, questionari, invito al contraddittorio ai sensi dell’art. 5-ter del D.Lgs. 19/06/1997, n. 218, e processo verbale di constatazione) non escludono la procedura ma, anzi, possono essere il volano per avvalersi della definizione agevolata.

Sussiste la possibilità di definire solo parzialmente i rilievi espressi nel processo verbale; facoltà consentita anche nella disciplina ordinaria dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/97.

La novità contenuta nella legge di Bilancio 2023 consente il versamento delle somme dovute a seguito del ravvedimento speciale anche in otto rate trimestrali di pari importo.

Slittano dal 31 marzo al 30 settembre 2023 entrambi gli adempimenti necessari a perfezionare la regolarizzazione: il versamento delle somme e la rimozione delle irregolarità.

In base al Decreto – legge 30 marzo 2023 numero 34, articolo 19, il versamento delle somme dovute a seguito del ravvedimento speciale è effettuato in otto rate di pari importo con scadenza della prima il 30 settembre 2023, anziché il 31 marzo 2023.

[2] Il ravvedimento operoso, disciplinato dall’articolo 13, del D.Lgs. n. 472 del 1997, è lo strumento con il quale tutti contribuenti possono regolarizzare omessi o insufficienti versamenti e sanare altre irregolarità fiscali.

Il ravvedimento è inibito, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, solo dalla notifica degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni).

Il pagamento e la regolarizzazione non precludono l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.

Errori, omissioni e versamenti carenti possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi, calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito, e della sanzione in misura ridotta.

[3] L’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale ed è riconoscibile dall’altro contraente.

[4] La mancanza di colpevolezza (art. 3, D.lgs. 472/97) e le obiettive condizioni di incertezza della norma (art. 10, L. 212/00) possono essere richiamate dal contribuente a propria difesa per contrastare l’irrogazione della sanzione da parte dell’Amministrazione ma non legittimano l’istanza di rimborso su quanto versato a titolo di ravvedimento operoso poiché la sanatoria è una scelta consapevole e volontaria del contribuente (Cass. civ., sez. trib., 30/03/2016 n. 6108).

 

A cura di Isabella Buscema

Martedì 30 maggio 2023