In tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita a un avvenimento imponderabile, che annulla il requisito della coscienza e volontarietà della condotta.
La crisi di liquidità derivante dal reiterato inadempimento di pubbliche amministrazioni debitrici, per di più prevedibile, non risponde a tale nozione.
La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di presupposti per invocare l’esimente da causa di forza maggiore.
Il caso: recupero di IMU non versata
Nel caso di specie, la società contribuente proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale ne aveva rigettato l’appello proposto nei confronti di un Comune, nell’ambito di un contenzioso su avviso di accertamento IMU, limitatamente all’irrogazione delle sanzioni e dei relativi interessi.
Con il primo motivo di impugnazione si denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 codice procedura civile e 36 del Dlgs. n. 546/92, per avere la CTR ritenuto, con una motivazione apparente, che la forte esposizione debitoria assunta dalla società verso gli istituti di credito per garantire servizi ospedalieri – a fronte di gravi inadempimenti da parte della PA rispetto a crediti vantati per prestazioni rese nell’ambito dell’assistenza pubblica – non integrasse forza maggiore rilevante ai fini dell’esenzione di cui all’art. 6, comma 5, del Dlgs. n. 546/92, senza considerare quanto dedotto dall’appellante in ordine alla mancanza di colpevolezza della stessa società, per essere stato il perpetuarsi negli anni degli inadempimenti pubblici l’unico fattore generante il mancato pagamento dell’imposta e per avere la contribuente, aderendo ad un accordo di ristrutturazione del debito, denotato l’assenza di intenti evasivi.
Con un secondo motivo di ricorso si denunciava poi la vio