Società alle Isole Cayman ed interposizione

Rischi di interposizione si configurano se si detiene una società meramente domiciliata nell’arcipelago britannico dei Caraibi Occidentali e obblighi relativi al monitoraggio fiscale, compilazione del quadro RW e regolazione dell’IVAFE.

cayman interposizioneIn base al comma 3 dell’articolo 37 del Dpr. 600/73, sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona.

A tale fattispecie sono riconducibili sia le ipotesi di interposizione fittizia che quelle di interposizione reale di società.

Per ciò che riguarda le forme di interposizione attuate mediante il ricorso a schemi societari, laddove la società sia appositamente costituita al fine di assolvere alla mera funzione di centro di imputazione dei proventi derivanti da un’attività sostanzialmente riconducibile alla persona fisica, l’interposizione non può essere esclusa sulla scorta di elementi solo formali, quali, ad esempio, l’esistenza degli elementi costitutivi di una società ed il rispetto degli obblighi contabili e di bilancio.

La fattispecie rappresentata nell’istanza di interpello non rientrava tuttavia in tale disciplina.

Il caso: fattispecie di interposizione di società con sede alle isole Cayman

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta ad interpello n. 274 del 18.05.2022, ha chiarito il corretto trattamento tributario in relazione ad una complessa fattispecie di interposizione di società con sede alle isole Cayman.

Nel caso di specie, l’istante era un cittadino italiano, che, dopo aver terminato gli studi universitari, si era trasferito per lavoro nel Regno Unito, dove era stato residente ai fini fiscali fino al 2019.

Nel 2020, lo stesso aveva poi ritrasferito la residenza in Italia ed era stato assunto dalla società Alfa, facente parte del gruppo omonimo, attivo nella gestione dei fondi di investimento.

All’inizio del 2021 era stato proposto all’istante di partecipare ad un piano di coinvestimento, riservato ad alcuni manager del Gruppo residenti ai fini fiscali in diversi Stati.

L’istante si era dunque impegnato ad effettuare un apporto di capitale (pari ad euro 60.000,00) per la sottoscrizione di una partecipazione di minoranza di una società denominata Gamma LP Limited, con sede nelle Isole Cayman e domiciliata presso la Beta SPV (Cayman) Limited anch’essa residente nell’isola.

A fronte di tale apporto, nel momento in cui la società avrebbe richiamato il Commitment, l’istante avrebbe acquisito il ruolo di socio della LP, con qualifica di limited partner.

Dalle Cayman al Fondo di investimento in Lussemburgo…

La LP avrebbe utilizzato i capitali raccolti tra i manager per sottoscrivere le quote di alcuni fondi di investimento alternativi gestiti dal Gruppo; in particolare, le somme derivanti dal richiamo dell’istante sarebbero state utilizzate per la sottoscrizione delle quote di un fondo di investimento, le cui quote non erano negoziate nei mercati regolamentati.

L’istante, nella sua qualità di limited partner, avrebbe avuto diritto a percepire unicamente i proventi derivanti dalle quote del Fondo, corrispondenti all’investimento da lui effettuato, e non avrebbe avuto diritto a percepire i proventi derivanti dalle quote di altri fondi d’investimento in cui la LP avesse investito per conto di altri manager del Gruppo.

Tanto premesso, si specificava poi, nell’istanza di interpello, che la LP, la cui attività consisteva nella mera detenzione delle quote del Fondo, era amministrata dalla società GP Limited, anch’essa residente alle Cayman.

L’istante dichiarava quindi che la LP non deteneva e non aveva mai detenuto, nè avrebbe detenuto in futuro attività finanziarie o patrimoniali localizzate in Italia, non sosteneva costi per il personale, e non disponeva di locali adibiti allo svolgimento di un’effettiva attività economica.

La LP rappresentava, in sostanza, solo uno strumento societario per investire nelle quote del Fondo e permettere di gestire in modo flessibile l’investimento accentrato di molteplici manager del Gruppo.

L’istante evidenziava inoltre che avrebbe potuto continuare a detenere la sua quota di partecipazione anche nel caso in cui in futuro non fosse stato più dipendente del Gruppo e non avesse potuto trasferire la sua partecipazione nella LP se non previo consenso del General Partner.

Per quanto riguardava il Fondo, l’istante riferiva infine che questo era stato istituito in Lussemburgo e si qualificava quale organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR) di diritto estero, diverso dagli OICR immobiliari, il cui gestore era una società lussemburghese, autorizzata ad operare quale gestore di fondi d’investimento alternativi da parte della Commission de Surveillance du Sector Financier (CSSF) e soggetta a sorveglianza da parte della stessa.

Alla luce di quanto sopra rappresentato, l’istante chiedeva dunque conferma se la LP fosse un soggetto interposto ai sensi dell’art. 37, comma 3, del Dpr. 29 settembre 1973, 600 e se, per effetto di tale qualifica, i proventi che avesse ricevuto dalla stessa sarebbero stati qualificati quali redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g), del Tuir e, pertanto, soggetti ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento, per effetto del combinato disposto dell’articolo 10-ter della legge 23 marzo 1983, n.77 e dell’articolo 18 del Tuir.

L’istante chiedeva altresì conferma sulla eventualità di essere tenuto ad indicare il valore nominale dell’investimento nel Fondo (piuttosto che il valore nominale della sua partecipazione nella LP) nel quadro RW della dichiarazione annuale dei redditi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167.

La società alle Cayman senza struttura organizzativa: effetti

L’Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito, rileva che l’istante aveva evidenziato come la LP fosse priva di una struttura organizzativa e di una reale consistenza.

Infatti, la stessa non sosteneva costi per il personale, non disponeva di locali propri adibiti ad un’effettiva attività economica, non sosteneva costi per beni ammortizzabili e non era soggetta ad alcun obbligo di deposito del bilancio.

Il General Partner non aveva poi, a detta dell’istante, una reale autonomia decisionale, se non dal punto di vista formale.

Il piano di gestione dell’investimento nei fondi europei era, infatti, predeterminato dal Gruppo e la società si configurava dunque come una mera ratificatrice ed esecutrice del medesimo.

La LP non svolgeva alcuna attività economica nelle Isole Cayman, ma si limitava a detenere, in maniera passiva, quote dei fondi d’investimento istituiti in Stati Europei (tra cui il Fondo in cui aveva indirettamente investito l’istante, sulla base di quanto proposto dal Gruppo di cui era dipendente).

In sostanza, lo scopo della LP era quello di gestire in maniera accentrata gli investimenti dei vari manager del gruppo sparsi nel mondo.

Tanto premesso, l’Amministrazione finanziarie evidenzia che, in base al comma 3 dell’articolo 37 del Dpr. 29 settembre 1973, n. 600,

«in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona».

Relativamente all’ambito di applicazione di tale disposizione normativa, in base ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., Cassazione, 29 luglio 2016, n. 15830; 19 ottobre 2018, n. 26414; 13 gennaio 2017 n. 818; 30 ottobre 2018, n. 27625), sono ad essa riconducibili sia le ipotesi di interposizione fittizia che quelle di interposizione reale, per mezzo delle quali la tassazione avviene in capo a un soggetto differente rispetto al reale percettore del reddito.

Tale disposizione ha chiaramente natura antielusiva e non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta (cfr., fra le altre, Cassazione 10-06-2011, n. 12788).

In altri termini, pur restando ferma la legittimità dal punto di vista civilistico di una determinata operazione, la disciplina fiscale della stessa soggiace a regole che non possono essere derogate dalla volontà delle parti (cfr., Risoluzione 13 febbraio 2001, n. 21/E).

Le forme di interposizione attuate mediante il ricorso a schemi societari

Per ciò che riguarda le forme di interposizione attuate mediante il ricorso a schemi societari, l’Agenzia osserva poi che il fenomeno di interposizione non può essere escluso sulla scorta di elementi solo formali, quali, ad esempio, l’esistenza degli elementi costitutivi di una società (capitale sociale, oggetto sociale, compagine societaria, etc.) ed il rispetto degli obblighi contabili e di bilancio, laddove la società sia appositamente costituita al fine di assolvere alla mera funzione di centro di imputazione dei proventi derivanti da un’attività sostanzialmente riconducibile alla persona fisica.

Nel caso di specie, fermo restando che la valutazione diretta a rinvenire nella LP residente alle Isole Cayman un soggetto interposto, o viceversa un soggetto economico distinto rispetto all’istante (socio di minoranza), andava condotta in relazione a tutti i soci della società e che la stessa non poteva comunque prescindere dall’analisi di elementi fattuali che tenessero conto della specifica attività svolta dalla LP, dei rapporti intercorrenti tra la stessa e i soci, nonché dei rapporti tra la società e i terzi, sulla base di quanto rappresentato, l’Agenzia delle Entrate riteneva quindi che la LP non potesse considerarsi soggetto interposto ai fini fiscali, nel senso sopra illustrato.

Lo schema societario descritto, infatti, era coerente con la scelta del Gruppo di prevedere che i propri manager, tra cui l’istante, investissero in Fondi gestiti da società facenti parte del medesimo Gruppo, indirettamente attraverso un’unica società, la LP, residente nella Isole Cayman.

Sotto il profilo amministrativo, la LP era amministrata dal General Partner, che decideva, ad esempio, quando e in che quantità i Limited Partner dovessero versare gli importi stabiliti nel Commitment e i proventi degli investimenti nei fondi, che non erano distribuiti ai soci ma utilizzati dalla LP per il pagamento delle spese societarie.

La totale estraneità dell’istante all’attività di gestione della società era del resto chiaramente espressa nel Partnership Agreement ed emergeva anche da quanto dichiarato nell’istanza in merito al piano di gestione dell’investimento nei vari fondi, che era predeterminato dal Gruppo.

Ciò posto, tenuto conto che l’istante diventava socio della LP, con attribuzione oltre che di diritti patrimoniali anche di diritti amministrativi e che la partecipazione poteva essere mantenuta anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro, i proventi percepiti, in quanto provenienti da una società residente in uno Stato a regime fiscale privilegiato, ai sensi dell’articolo 47-bis del Tuir, avrebbero dovuto concorrere integralmente alla determinazione del reddito complessivo dell’istante, secondo quanto disposto dall’articolo 47, comma 4, del Tuir.

Monitoraggio fiscale, quadro RW ed IVAFE

Con riferimento a tale partecipazione, pertanto, l’istante avrebbe dovuto compilare il quadro RW del Modello Redditi PF, al fine di assolvere agli obblighi di monitoraggio fiscale, mentre, ai fini dell’IVAFE, l’imposta sarebbe stata dovuta solo qualora la partecipazione avesse rappresentato un “prodotto finanziario, in linea con la normativa in materia.

Prodotti finanziari e strumenti finanziari

Ai sensi del comma 18 dell’articolo 19 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, in particolare, l’IVAFE si applica infatti, tra gli altri, sul valore dei “prodotti finanziari” con l’aliquota pari al 2 per mille, laddove la definizione di “prodotti finanziari”, rilevante per l’applicazione dell’imposta, fa riferimento all’ambito oggettivo di applicazione dell’imposta di bollo di cui all’articolo 13 della Tariffa. Allegato A, Parte Prima, del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 642.

Al riguardo, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto attuativo 24 maggio 2012, per “prodotti finanziari” si intendono quelli elencati all’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati (cfr. Circolare 21 dicembre 2012, n. 48).

E, in particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera u), del TUF, rientrano nell’ambito dei prodotti finanziari gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria (…)”.

La definizione di “strumenti finanziari” è poi contenuta nel comma 2, che, a sua volta, rinvia alla sezione C dell’Allegato I, ove sono elencate, tra le altre, le seguenti tipologie:
  1. valori mobiliari;
  2. strumenti del mercato monetario;
  3. quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;
  4. contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati …“.
Infine, il comma 1-bis dell’articolo 1 del TUF chiarisce che:

per valori mobiliari si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:

  1. azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario;
  2. obbligazioni e altri titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli;
  3. qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure“.

La classe dei “valori mobiliari“, rileva l’Agenzia delle Entrate è dunque definita mediante una tecnica esemplificativa, essendo in essa espressamente ricomprese anche fattispecie diverse da quelle indicate purché assimilabili, laddove, in estrema sintesi, i “valori mobiliari” sono tutte quelle categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali.

La negoziabilità, intesa come idoneità ad essere negoziabile, rappresenta dunque la caratteristica comune agli strumenti finanziari. E tale idoneità, nella sostanza, consiste nella possibilità giuridica di essere oggetto di atti dispositivi e nella possibilità concreta di essere oggetto di circolazione all’interno di un mercato finanziario.

Tanto premesso, nel caso di specie, per configurarsi come “valore mobiliare”, la partecipazione nella LP avrebbe dovuto disporre del requisito della “negoziabilità” nel mercato dei capitali.

Solo in tale ipotesi la stessa sarebbe stata qualificata come “prodotto finanziario”, ai sensi dell’articolo 1 del TUF, in relazione al quale, come detto, l’imposta sarebbe stata dovuta con l’aliquota del 2 per mille.

 

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A cura di Giovambattista Palumbo

Sabato 18 Giugno 2022

 

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