Cessione di partecipazione societaria tra persone fisiche: profili fiscali

Il capital gain è da qualche anno tassato al 26%. Ai fini delle imposte indirette si ritiene non più applicabile la nozione di presunzione di liberalità.
Non sempre pare facile determinare il costo di provenienza, essendo diversi i presupposti, a seconda del tipo di provenienza.

Il capital gain: cosa è cambiato dal 2019 sulle cessioni di partecipazioni

capital gain cessione partecipazioniLa Legge di Bilancio 2018, in tema di capital gain, ha eliminato la diversità di imposizione a seconda che la partecipazione sia o meno qualificata, con gli effetti di seguito riportati.

A partire dall’1/1/2019 le plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni, sia qualificate che non qualificate, sono pertanto soggette ad imposta sostitutiva del 26% sul 100% della plusvalenza effettivamente conseguita.

Plusvalenza determinata come differenza tra costo riconosciuto e prezzo.

Quanto al costo, vedasi la tabellina in calce al presente articolo.

Fino al 31/12/2018 (Legge 27/12/2017, n. 205 che ha modificato l’art. 5, comma 2, D.Lgs. 461/1997) vi era una differente imposizione a seconda che la partecipazione fosse o meno qualificata.

Se la partecipazione era qualificata, la plusvalenza, al netto di eventuali minusvalenze, concorreva per il 58,14% del suo ammontare alla formazione della base imponibile.

Se la partecipazione non era qualificata, la plusvalenza concorreva per il suo intero ammontare a imposizione sostitutiva del 26%.

Periodicamente sono proposte ai soggetti proprietari di partecipazioni possibilità di affrancamento, sempre più costose.

E’ stato considerato lecito il risparmio fiscale da cessione di partecipazioni precedentemente rivalutate (Risposta interpello n. 4 del 5 gennaio 2021).

La cessione di tutte le quote societarie non è cessione di azienda (CTR Lombardia n. 2562/13 del 10 novembre 2020).

E’ nulla la cessione effettuata con un corrispettivo irrisorio (Tribunale Milano 29 ottobre 2020).

L’acquisto di azioni proprie non è equiparabile al recesso del socio, in presenza di valide ragioni economiche.

Si realizza quindi un reddito diverso, e non un reddito di capitale.

Si potrà quindi tener conto di eventuali affrancamenti. (Risposta ad interpello non resa pubblica n. 907/-830/2021 della Direzione Regionale del Veneto dell’Agenzia delle Entrate). 

In presenza di una integrazione del prezzo di cessione, le somme percepite in virtù di tali clausole non assumono un’autonoma rilevanza impositiva, ma devono essere assoggettate al medesimo regime fiscale del componente dal quale derivano (c.d. principio di continuità dell’imposizione) (Risposta ad interpello n. 686 dell’8 ottobre 2021).

 

Le imposte indirette

Ai fini delle imposte indirette l’atto è soltanto soggetto alle imposte di registro fisse per euro 200.

La presunzione di liberalità ex art. 26 DPR 131/86 di fatto non è più applicabile, nella pratica. 

L’art. 26 del DPR 131/1986, ora di fatto non più applicabile, come si vedrà, stabilisce una presunzione (relativa) di liberalità nel caso di determinate cessioni, qualora l’imposta di registro e le eventuali altre imposte dovute per l’atto di cessione risultino inferiori a quelle sulla successione.

La norma non è più applicabile, da un punto di vista pratico, in seguito alla introduzione della nuova imposta sulle successioni/donazioni, che praticamente difficilmente potrebbe risultare, oggi, superiore a quella del trasferimento.

L’applicabilità è relativa ad atti compiuti tra coniugi e/o parenti in linea retta.

E riguarda cessioni di immobili oppure di partecipazioni, ove il valore oppure la differenza tra valore e prezzo sia superiore ad euro 180.795,91.

Il valore, da confrontare con il prezzo, è da quantificare ex art. 51 DPR n. 131/86 che, come per l’art. 14 D.Lgs. n. 346/90 definisce rilevante, per gli immobili, il valore venale in comune commercio e per le partecipazioni il valore determinato ex art. 16 D.Lgs. 346/90.

 

Cessione di azienda o di quote sociali?

Sulla possibilità dell’Amministrazione Finanziaria di riqualificare in cessione di azienda una cessione di partecipazioni, vedasi il completo articolo di Isabella Buscema, dal titolo Cessione di azienda o cessione di quote sociali? (Risposta ad interpello della Direzione Regionale del Veneto di Settembre 2021), su cessione post rivalutazione:

“Secondo la vigente normativa, in generale, una determinata operazione può essere considerata fiscalmente “abusiva” solo in presenza, congiuntamente, di tre presupposti:

  1. realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
  2. assenza di sostanza economica nelle operazioni effettuate;
  3. essenzialità del conseguimento di un vantaggio fiscale.

L’assenza di uno di tali tre presupposti determina un giudizio di assenza di abusività”.

“La legittimità fiscale della cessione di partecipazioni previamente rivalutate viene meno, però in presenza di operazioni circolari, nelle quali le partecipazioni non sono effettivamente dismesse (a terzi), ma cedute a “proprie” società e quindi – sostanzialmente, anche se indirettamente – a sé stesso o a propri familiari”.

L’eventuale riqualificazione di atti di cessione quote in cessione di azienda non riapre comunque i termini per una nuova liquidazione dell’imposta di registro, relativamente al maggior valore dell’azienda ceduta (CTR Lombardia n. 3045 del 6 agosto 2021).

 

Una esemplificazione pratica

Tizio, socio al 100% di una S.r.l., con coniuge e unico figlio, ipotizza di cedere in un prossimo futuro la sua partecipazione a terzi.

Vediamo le varie possibili opzioni ed effetti.

 

Cessione a terzi

Ove Tizio cedesse le quote a terzi, a titolo oneroso, senza effettuare nessun passaggio preventivo in famiglia, sarebbe soggetto al capital gain che oggigiorno è per tutti del 26% sul plusvalore.

Alternativa possibile, in determinati periodi, l’affrancamento agevolato (fino a giugno 2020, versando l’11% sul valore totale).

Cessione a terzi da parte del figlio, già donatario della partecipazione (esente).

Posto che appunto la precedente donazione al figlio è esente da imposte, il figlio stesso, dopo aver atteso almeno 5 anni, sarà soggetto al normale capital gain per la cessione.

La plus è determinata sul costo del donante.

In pratica, il figlio paga le imposte che pagherebbe Tizio, restando in ogni caso esente la donazione.

 

Successione e successiva cessione

Qualora Tizio non donasse o cedesse nulla, in vita, quale il trattamento delle quote per la successione?

Esattamente come per la donazione, e quindi esenti con obbligo di trattenerle per almeno 5 anni.

Per la successiva cessione a terzi, applicazione del capital gain, con riconoscimento del costo pari al valore normale al momento della apertura della successione.

Situazione quindi decisamente migliore, rispetto ai casi precedenti.

Qualora invece non trattenesse le quote per i 5 anni richiesti, il costo sarà dato dal valore dichiarato in denuncia di successione, maggiorato della relativa imposta.

 

La determinazione del costo delle partecipazioni per il cedente persona fisica

Tabella di sintesi sulla determinazione del costo delle partecipazioni
Provenienza
Costo

Onerosa

Costo + oneri di acquisto (vedi nota 1), esclusi interessi passivi (per quanto riguarda le società di persone vedi nota 6)

Donativa

Costo di acquisto del donante (vedi nota 2) + imposta sulle donazioni

Successoria

 

Se soggetta ad imposta di successione

Valore dichiarato o definito + imposta sulle successioni (vedi nota 3)

Se non  soggetta ad imposta di successione

Valore normale (vedi nota 4) alla data di apertura della successione (vedi nota 5)

Provenienze diverse

Crterio LIFO ex articolo 68 comma 6 TUIR

Note

(1) Comprensivo dei versamenti in denaro o in natura a fondo perduto e in conto capitale (Circolare n. 52/2004)

(2) C.M. 165/E) del 26/6/1998. Quindi se il donante l’ha acquisita a titolo oneroso, prezzo pagato. Se acquisita a titolo gratuito, vedere le relative disposizioni

(3) Quota parte del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario redatto, tenuto conto dei mutamenti sopravvenuti. Circolare 58/E/2003 e Cassazione n. 6915/2003. E’ ininfluente il costo del de cuius e quindi anche eventuali suoi affrancamenti

(4) Il valore normale alla data di apertura della successione è determinabile in base ai criteri di cui all’art. 9 TUIR.
Per titoli negoziati nei mercati regolamentati italiani ed esteri valore determinato in base alla media aritmetica dei prezzi dell’ultimo mese.
Per gli altri titoli, in proporzione al patrimonio netto della società.

(5) Per le successioni del periodo in cui l’imposta era stata abrogata (Legge 383/2001) si deve assumere come costo quello riconosciuto in capo al de cuius (Circolare b. 91/2001 dell’Agenzia delle Entrate), eventualmente anche rivalutato

(6) Per determinare il costo delle quote di una società di persone sono da aggiungere tutti gli utili fiscali dichiarati, nei vari anni, oppure detrarre le perdite conseguite, e detrarre gli utili distribuiti, nei limiti di quanto dichiarato (art. 68, c. 6 TUIR).
In assenza di diverse indicazioni, la tesi pro fisco è di considerare distribuiti per primi gli utili fiscali.
Soluzione che però potrebbe anche essere disattesa.

 

Periodiche possibilità di affrancamento dei valori

Nel caso di operazione straordinaria di scissione, il costo delle quote andrà ripartito in base al valore effettivo del patrimonio, e non in base a quello contabile (Risoluzione n. 52/E/2015).

Nel caso di donazione di nuda proprietà, la quota parte di costo attribuibile all’usufrutto di fatto va persa.

 

Per ulteriori approfondimenti, G. Rebecca, Capital gain, determinazione del costo della partecipazione.

 

A cura di Giuseppe Rebecca

Giovedì 9 giugno 2022

Aziende e partecipazioni: cessione, donazione, successione, patti di famiglia

Tabelle fiscali di riepilogo su imposte dirette, indirette e ipocatastali

A cura di: Giuseppe Rebecca
Formato: PDF
N. pagine: 53
Aggiornato a: 31 Maggio 2022

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