La Cassazione a Sezioni Unite dovrà decidere sull'impugnabilità retroattiva o meno degli estratti di ruolo

Facciamo il punto sulla querelle dell’impugnabilità degli estratti di ruolo, negata dalla cosiddetta “norma Ruffini” arrivata a fine 2021 e resa retroattiva dalla giurisprudenza di merito. La questione, molto dubbia, dovrà essere decisa dalle Sezioni unite.

La Corte di Cassazione – Sezione Quinta Civile – ha rimesso gli atti al Primo Presidente perché siano le Sezioni Unite a decidere sulla retroattività o meno della nuova normativa sulla non impugnabilità dell’estratto di ruolo.

 

La giurisprudenza di Cassazione sull’impugnabilità dell’estratto di ruolo

Il punto di partenza, dunque, non può che essere quello della pronuncia “manifesto” di cui alla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 02 ottobre 2015, n. 19704.

impugnabilità retroattiva estratti ruoloSi è, infatti, affermato che, in caso di mancata conoscenza delle cartelle di pagamento, per vizi della notifica, possono essere impugnate dinanzi al giudice tributario le cartelle di pagamento conosciute attraverso gli estratti di ruolo.

Infatti, il contribuente può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione; a ciò non osta l’ultima parte del comma 3 dell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacché l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione (Cassazione, sez. un., 2 ottobre 2015, n. 19704).

È necessario chiarire il contenuto e la natura del ruolo, della cartella di pagamento e dell’estratto di ruolo, come scolpiti dalla sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Cassazione, 19704/2015 cit.).

Il ruolo, dunque, che è compreso tra gli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie ai sensi dell’art. 19 d.lgs. 546/1992, è l’elenco complessivo dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’Ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario (art. 10, lett. b, del d.P.R. 602/1973), recante l’indicazione di imposte, sanzioni e interessi; con la sottoscrizione del titolare dell’ufficio il ruolo diviene “titolo esecutivo”, ex art. 49 comma 1 d.P.R. 602/1973 (Cassazione, sez.un., 14 aprile 2020, n. 7822), senza necessità a tal fine di alcuna comunicazione o notificazione al debitore (Cassazione, 8 febbraio 2018, n. 3021).

Il ruolo è, quindi, un atto amministrativo impositivo (fiscale, contributivo o di altre entrate) proprio dell’ente impositore. Il ruolo, una volta formato ed esecutivo, viene consegnato al concessionario alla riscossione, che redige, in conformità al modello approvato, la “cartella di pagamento” (art. 25, comma, 2, d.P.R. 602/1973), che contiene “l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”.

Si è, inoltre, chiarito che una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 19, terzo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992, impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente, non notificato unitamente all’atto successivo notificato, ivi prevista, non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il destinatario sia comunque legittimamente venuto a conoscenza.

Non può essere esclusa allora la facoltà del contribuente di far valere, appena avutane conoscenza, tale invalidità che, impedendo la conoscenza dell’atto e quindi la relativa impugnazione, ha prodotto l’avanzamento del procedimento di imposizione e riscossione, con il relativo interesse del contribuente a contrastarlo il più tempestivamente possibile, specie nell’ipotesi in cui il danno potrebbe divenire in certa misura non più reversibile se non in termini risarcitori.

L’accesso immediato alla tutela giurisdizionale consentito al contribuente costituisce, dunque, un “correttivo” idoneo a bilanciare il rapporto sperequato tra Amministrazione e contribuente.

Se, infatti, il contribuente dovesse attendere, per proporre impugnazione, il successivo atto impositivo, il procedimento proseguirebbe “indisturbato” fino alla sua conclusione attraverso il compimento dell’esecuzione senza che il contribuente abbia mai avuto modo di contestare la pretesa attraverso una impugnazione.

Ciò è funzionale anche al buon andamento della pubblica amministrazione, contribuendo l’accesso immediato alla tutela giurisdizionale ad evitare i costi di una procedura esecutiva “malinstaurata”.

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Fonte: Ordinanza Cassazione n. 4526 dell’11 febbraio 2022.

 

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A cura di Avv. Maurizio Villani

Sabato 19 febbraio 2022

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