L’interpretazione della non impugnabilità retroattiva dell’estratto di ruolo sta facendo molto discutere, tanto è vero che sarà oggetto di decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
A seguito dell’emanazione del DL n. 146/2021 il giudice di legittimità ha ritenuto opportuno prima di pronunciarsi sull’eventuale effetto retroattivo circa la non impugnabilità dell’estratto di ruolo, rimettere la questione ad una decisione delle sezioni unite della Cassazione.
Normativa di riferimento sulla non impugnabilità dell’estratto di ruolo
L’art. 3-bis del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, conv. dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215 (chiamata “norma Ruffini“) ha disciplinato la “non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti all’impugnabilità del ruolo” – avevamo commentato qui la norma appena emanata.
Il ruolo, ricompreso tra gli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie ex art. 19 d.lgs. 546/1992, diventa con la sottoscrizione del titolare dell’ufficio il ruolo “titolo esecutivo”, ex art. 49 comma 1 d.P.R. 602/1973 (Cassazione, Sezioni Unite 14 aprile 2020, n. 7822), senza necessità a tal fine di alcuna comunicazione o notificazione al debitore (Cassazione, 8 febbraio 2018, n. 3021).
Si ricorda che l’estratto di ruolo è formato soltanto su richiesta del debitore e costituisce un elaborato informatico che riproduce gli elementi essenziali contenuti nella cartella esattoriale, i quali devono consentire al contribuente di identificare la pretesa impositiva avanzata dall’Amministrazione finanziaria, al fine di instaurare il contraddittorio con il fisco nonché preparare la propria difesa.
Mentre il ruolo è un “titolo amministrativo impositivo”, che in quanto titolo esecutivo sottoscritto dal capo dell’ufficio o da un suo delegato, ai sensi dell’art. 24 del Dpr n. 602/1973, viene consegnato al concessionario della riscossione.
Il ruolo è, quindi, un atto amministrativo impositivo appartenente proprio all’ente impositor; il ruolo, una volta formato ed esecutivo, viene consegnato al concessionario alla riscossione, che redige, in conformità al modello approvato, la “cartella di pagamento” ai sensi dell’art. 25, comma, 2, d.P.R. 602/1973), che contiene “l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”.
L’ordinanza in esame
La Corte ha chiarito che l’impugnabilità degli estratti di ruolo deve avvenire alla luce dei principi contenuti nella precedente sentenza. delle sezioni unite (n. 19740/2015), ma anche rispetto alla decorrenza della nuova disposizione contenuta del dl n. 146/2021.
I giudici hanno chiarito che l’impugnazione “diretta” avverso il ruolo e le cartelle, ed anche contro l’iscrizione ipotecaria eventualmente non notificata, sulla base di quanto conosciuto dall’estratto di ruolo, deve individuarsi il dies a quo, dal quale calcolare il termine di 60 giorni.
Una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 19, terzo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992, impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente (non notificato unitamente all’atto successivo notificato), non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il destinatario sia comunque legittimamente venuto a conoscenza.
Effetti della mancata impugnazione
La mancata impugnazione non comporta, in ogni caso, la non impugnabilità (e cioè la cristallizzazione) di quella pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’art. 1
Occorre notare che nonostante la giurisprudenza di legittimità si sia mostrata sostanzialmente conforme alla pronuncia di questa Corte a sezioni unite del 2015 n. 19704, deve tenersi conto dell’impatto sulla controversia dello ius superveniens costituito dall’art. 3-bis del d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito in legge 17 dicembre 2021, n. 215.
I giudici, premesso che occorre verificare se di norma sostanziale (con efficacia ex nunc), che attiene al presupposto impositivo, oppure procedimentale oppure processuale, con evidenti differenze e ricadute sull’ambito applicativo temporale, hanno ritenuto che il ruolo e la cartella conosciuti “in via occasionale” devono essere impugnati immediatamente ed entro un termine perentorio, a pena di decadenza, non potendosi attendere l’ulteriore atto tributario successivo, anche di natura esecutiva, per un eventuale impugnazione contestuale ai sensi dell’art. 19 d. lgs n. 546/1002.
Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione possono essere impugnati solo in tre casi: pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto previsto di quanto nell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubbliciex d lgs n. 50/2018; per la riscossione di somme allo stesso dovute dalla Pubblica Amministrazione (blocco dei pagamenti) o infine per la per perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.
Efficacia retroattiva della non impugnabilità dell’estratto di ruolo
La Corte, premesso che la nuova norma non prevede alcuna disciplina transitoria, avendo carattere processuale e non sostanziale, ha ritenuto che opera anche per i processi pendenti, in base alla regola “tempus regit actum”, seppure occorre verificare da parte del giudice l’interesse ad agire del ricorrente, trattandosi di processo impugnatorio, ben presente anche nel processo tributario.
La nuova norma – avendo il legislatore individuato “un interesse qualificato” alla impugnazione immediata da proporre avverso il ruolo e la cartella di pagamento invalidamente notificata, fermo restando l’esclusione tout court dell’impugnazione contro l’estratto di ruolo -, produce l’inammissibilità sopravvenuta in tutti i casi di ricorsi proposti al di fuori delle ipotesi tassative di cui al nuovo comma 4-bis dell’art. 12 dalla legge n. 215 del 2021.
L’interesse ad agire nel diritto tributario
L’interesse ad agire, unitamente alla legittimazione ad agire, costituiscano condizioni dell’azione, rappresentando i requisiti intrinseci della domanda che possono sopraggiungere anche nel corso del giudizio e prima della decisione giurisdizionale.
L’interesse ad agire, quindi, pur dovendo anch’esso esistere all’atto della presentazione della domanda giudiziale, può sopraggiungere nel corso del giudizio, purché sussista al momento della decisione.
La Corte ha ritenuto che mancando l’interesse ad agire, il giudice non potrà affrontare il merito del ricorso, ma dovrà dichiarare il difetto di interesse e, quindi, il difetto di azione.
L’interesse ad agire serve, quindi, ad evitare che si scenda all’esame del merito, quando la domanda o la difesa possono anche essere fondate, ma il loro accoglimento non produce alcun effetto utile nella sfera giuridica di chi le ha proposte.
L’interesse ad agire, come pure l’interesse a ricorrere, è strettamente connesso al principio di economia processuale, perché serve ad evitare attività processuali correlate a domande o difese fondate, ma inutili.
Inoltre l’interesse ad agire si esplicita anche nel processo tributario, laddove viene affermato che, nel caso in cui il contribuente ottenga la sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’avviso di accertamento impugnato, ex. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992, sono inibiti, dopo tale pronuncia, alla Amministrazione la formazione del ruolo e la successiva iscrizione “provvisoria” (cfr. artt. 12 e 15 d.P.R. n. 602/1973).
In assenza di una disciplina transitoria, il giudice deve d’ufficio valutare la sussistenza delle condizioni dell’azione e dell’interesse ad agire.
Un po’ di giurisprudenza provinciale…
I giudici hanno evidenziato che la tesi della retroattività della nuova disposizione è stata sostenuta dall’Agenzia delle entrate in occasione di Telefisco 2022, nonché delle casistiche in cui vi è l’interesse del debitore ad impugnare direttamente il ruolo e la cartella di pagamento che si assume validamente notificata, senza attendere la notifica dell’atto successivo.
Viene, dunque, sostenuta la non impugnabilità dell’estratto di ruolo anche prima del 21 dicembre 2021 data di entrata in vigore della nuova norma.
A sostegno della tesi della retroattività, muovendo dal presupposto che la nuova norma costituirebbe una norma di interpretazione autentica, si sono espressi anche alcune sentenze delle Commissioni di merito (cfr. CTP di Catania n. 357 del 2022; CTP di Latina, n. 53 del 2022; CTP di Siracusa, n. 400 del 2022), anche se occorre ricordare che una norma può essere qualificata come di interpretazione autentica, è necessario che sia espressamente qualificata dal nostro legislatore, oppure sussistono i presupposti di incertezza applicativa che ne avrebbero giustificato l’adozione (cfr. Cass., sez. un., 20 marzo 2015, n. 5685, in tema di estensione del privilegio generale sui mobili ai crediti dell’impresa artigiana).
Per quanto attiene la tesi di parte della dottrina di una efficacia successiva che si applichi alle impugnazioni degli estratti di ruolo proposte a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova norma ossia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione sulla G.U. del 20 dicembre 2021, i giudici hanno ritenuto la stessa si basa sul principio secondo cui un atto deve seguire le norme vigenti nel momento in cui viene realizzato, andando, dunque, ad applicarsi le regole esistenti nel momento in cui l’atto ha origine.
Atteso che il giudizio si articola in fasi processuali, collegate le une alle altre, la nuova norma va ad incidere sulla specifica fase processuale in cui si innesta.
Dubbi di natura costituzionale
L’ordinanza pone in luce possibili profili di incostituzionalità, sia con riferimento alla lesione del diritto di difesa del contribuente, con riferimento ai principi contenuti nell’art. 24 della Costituzione, sia in relazione alla diversità di trattamento tra i vari contribuenti, che non trova idonee giustificazioni.
Si evidenzia che l’Amministrazione finanziaria può essere ammessa al passivo fallimentare esclusivamente sulla base dell’estratto di ruolo, senza che occorra la preventiva notifica della cartella di pagamento (cfr. Cassazione, S.U., n 33408/2021), avendo quest’ultima solo la funzione di informare il curatore della pretesa erariale, anche se tale funzione è già assolta dal deposito della domanda di ammissione al passivo da parte dell’Amministratore finanziaria.
La Corte sottolinea, infine, che la nuova norma potrebbe contrastare con il diritto unionale, e segnatamente con l’art. 1 del Protocollo Addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, secondo il quale ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni.
Sulla base delle soraesposte considerazioni e dubbi, la Corte ha ritenuto rimettere gli atti al Primo Presidente per le sue determinazioni in ordine alla eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite.
Fonte: Ordinanza Cassazione n. 4526 dell’11 febbraio 2022.
NdR: Potrebbe interessarti anche…
Concessionario, obbligato a conservare la cartella
Estratto di ruolo impugnabile, senza notifica della cartella
Non impugnabile l’estratto di ruolo: l’Agenzia delle Entrate scrive la nuova legge
A cura di Enzo Di Giacomo
Mercoledì 16 Febbrio 2022