In questo intervento vogliamo esaminare il caso di una impresa italiana che, avendo mandato un’offerta ad un cliente di un Paese estero con il quale non esiste una Convenzione contro le doppie imposizioni, per assistenza telefonica annuale, riceve notizia dal cliente estero stesso che, in fase di pagamento, sarà trattenuto un importo, non quantificato, come “tasse”.
Il problema che a questo appunto emerge attiene alla recuperabilità di detta ritenuta come credito di imposta.
Ritenute in Paese non convenzionato: inquadramento del Paese estero
Va, innanzitutto, premesso che il primo passaggio è quello di accertarsi che effettivamente il Paese estero non abbia stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia.
Generalmente, la presenza di una convenzione mi permette di evitare l’applicazione di queste ritenute alla fonte.
La mancanza della convenzione determina la possibilità per lo Stato estero di applicare una tassazione alla fonte. Senza le limitazioni convenzionali, infatti, ciascuno è padrone a casa sua!
Il credito di imposta in Italia
La questione, a questo punto, attiene alla valutazione della possibilità di scomputare questa tassazione alla fonte dall’IRES italiana.
Ove fossimo in grado di dare una risposta positiva, sul presupposto che la ritenuta non sia maggiore dell’IRES italiana, il recupero del credito risolverebbe il problema [1].
La norma interna che concede il credito di imposta è rappresentata dall’art. 165 del tuir.
Il comma 1, in modo promettente, prevede che:
“se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdit