Sussiste differenza tra società esterovestita che svolge un’attività effettiva e coerente con i fini sociali, e società schermo, al fine di escludere la responsabilità concorrente dell’amministratore per le sanzioni tributarie?
L’amministratore che ha costituito una fittizia sede sociale all’estero, ma non ha costituito una società paravento volta a coprire lo svolgimento di attività per meri interessi personali risponde delle sanzioni amministrative tributarie relative al rapporto fiscale di cui è titolare una persona giuridica?
La persona giuridica può essere una mera fictio creata nell’esclusivo interesse della persona fisica?
Nozione di Esterovestizione
L’esterovestizione societaria consiste nella formale costituzione di società all’estero per lo svolgimento di attività che nella sostanza sono riconducibili all’Italia, in ragione della presenza nel nostro Paese della sede di amministrazione effettiva o dell’oggetto principale dell’attività.
Con il termine esterovestizione[1] si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società (o di una persona fisica) all’estero, in particolare, in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, al fine di sottrarsi agli adempimenti previsti dall’ordinamento tributario del Paese di reale appartenenza (Cassazione civ., Sez. Trib., n. 2869 del 7 febbraio 2013).
Per esterovestizione si intende il fenomeno del trasferimento “fittizio” della residenza fiscale all’estero, in Paesi a fiscalità privilegiata, con l’intento di ottenere un indebito vantaggio fiscale rispetto a quello previsto dall’’ordinamento fiscale italiano.
Il principale effetto della creazione di una società in un paese a fiscalità privilegia è che parte dei profitti vengono sottratti all’imposizione in Italia traducendosi in minori incassi per l‘erario.[2]
Nella esterovestizione si ha il compimento in Italia di tutti gli atti di gestione [3]e l’assunzione, sempre in Italia, di tutte le decisioni[4] concernenti la società estera.
Da tali elementi sintomatici si deduce:
- che la gestione operativa[5] e amministrativa della società estera avviene in Italia ad opera del soggetto controllante italiano;
- che il soggetto estero ha operato sulla base delle indicazioni dei membri direttivi della società italiana e che ha potuto conseguire il proprio oggetto sociale solo grazie alla direzione e al coordinamento fornito in Italia, dalla struttura societaria italiana. [6]
La riqualificazione delle società estere come enti residenti fiscalmente in Italia determina rilievi ai fini dell’iva e dell’imposizione diretta (es. accertamento del reddito d’impresa ex art. 41, comma 1 e 2 dpr 600; recupero a tassazione ai fini IRAP; accertamento di maggiore Iva su fatture attive ex art. 54 dpr 633/1972; irrogazione della sanzione per omessa regolarizzazione di fatture irregolari ricevute da società italiane ex art. 6, comma 8, D.lgs. 471/1997; fenomeni di doppia imposizione in presenza di imposte effettivamente pagate all’estero dalla società esterovestita[7]; sanzioni amministrative in tema di omessa presentazione delle dichiarazioni)[8].
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Responsabilità concorrente della persona fisica in materia di sanzioni amministrative tributarie
In materia di sanzioni amministrative tributarie relative al rapporto fiscale di cui è titolare una persona giuridica, è esclusa la responsabilità concorrente della persona fisica, rappresentante o amministratore della società (Cassazione n. 9448/2020), a meno che quest’ultimo “abbia agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo [9]per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio”(Cassazione n. 12334/2019).
L’articolo 7 D.L. n. 269/2003[10] prevede che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, sono esclusivamente a carico della persona giuridica” e perciò “nei casi di cui al presente articolo le di