Facciamo il punto sulle ultime interpretazioni in tema di Controlled Foreign Companies (acronimo CFC) analizzando la tassazione delle holding estere e la tassazione nominale della società estera.
Controlled Foreign Companies (CFC): i principi di diritto dell’Agenzia Entrate
Il 6 aprile 2021 l’Agenzia delle Entrate ha diramato tre principi di diritto in tema di disciplina Controlled Foreign Companies (CFC) che presentano sicuramente profili di interesse, anche se relativi ad aspetti normativi superati, in quanto riferiti alla disciplina in vigore fino al periodo di imposta 2018.
La normativa, infatti, è stata rivista ad opera del D.Lgs. 142/2018 (c.d. decreto ATAD) a partire dal 11 gennaio 2019.
Considerata l’improbabilità di un esercizio che si chiude nei primi 10 giorni dell’anno, possiamo quindi affermare, con un margine di approssimazione irrilevante sul piano pratico, che la “vecchia cfc” opera fino al 2018 mentre la “nuova cfc” parte dal 2019.
I tre principi di diritto sono relativi alla vecchia cfc in quanto i principi 5 e 8 sono relativi alla cfc white di cui all’abrogato comma 8 bis dell’art. 167 del Tuir, mentre il principio n. 9 riguarda la cfc black dell’epoca e al riferimento della tassazione nominale che ora è venuta meno.
Ciò nonostante, i chiarimenti forniti possono risultare di interesse anche ora e, non solo per la banale considerazione che i periodi fino al 2018 sono ancora accertabili, ma anche perché il criterio di tassazione effettiva dei principi 5 e 8 è rinvenibile nella disciplina attuale della cfc e la tassazione nominale rileva ora solo ai fini della tassazione dei dividendi paradisiaci provenienti da partecipazioni non di controllo (art. 47 bis del Tuir).
La tassazione delle holding estere
I termini del problema
Una questione che interessava le holding estere nel vigore della vecchia disciplina della cfc white, attiene al criterio di equivalenza di seguito descritto previsto dal paragrafo 5.1 lettera g) del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 143239 del 16 settembre 2016.
Ebbene, il paragrafo 5.1, lettera g) del Provvedimento prevede che:
“l’imposizione italiana nei limiti del 5 per cento del dividendo o della plusvalenza, previsto negli articoli 87, comma 1, lettera c) e 89, comma 3, del TUIR, si considera equivalente a un regime di esenzione totale che preveda, nello Stato di localizzazione della controllata, l’integrale indeducibilità dei costi connessi alla partecipazione”.
Chiariamo con un esempio.
Un soggetto italiano detiene una holding estera.
La holding, ovviamente, detiene delle partecipazioni societarie.
Si supponga che la holding estera presenti il seguente conto economico.
Si supponga altresì che la tassazione estera avvenga con l’aliquota del 10% e che il