Cosa significa separazione contabile per le società a partecipazione pubblica? Quali sono gli effetti normativi e pratici della separazione contabile?
La separazione contabile implica verosimilmente l’adozione di un modello organizzativo di tipo “multi-divisionale” da parte della società e, in ogni caso, di un adeguato sistema informativo e contabile, che consenta l’individuazione dei costi e ricavi imputabili a ciascun “settore” e la distinta rendicontazione dei risultati dell’attività
Il comma 1 dell’articolo n. 6 del TUSPP ha un contenuto normativo diverso rispetto agli altri commi, poiché non riguarda la governance e l’organizzazione della società pubblica in generale, ma uno specifico aspetto che attiene in modo diretto al profilo della tutela della concorrenza.
Esso stabilisce, infatti, che:
“Le società a controllo pubblico, che svolgano attività economiche protette da diritti speciali o esclusivi, insieme con altre attività svolte in regime di economia di mercato, in deroga all’obbligo di separazione societaria previsto dal comma 2-bis dell’articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, adottano sistemi di contabilità separata per le attività oggetto di diritti speciali o esclusivi e per ciascuna attività”.
Secondo autorevole dottrina la norma istituisce “un “privilegio organizzativo” a favore delle società in mano pubblica, che sembra doversi spiegare essenzialmente per ragioni di economicità, esentandole dall’applicazione del (più oneroso) obbligo di separazione societaria che scatta in tutti i casi in cui un’impresa, titolare per legge di un diritto di monopolio o esercente servizi d’interesse economico generale, intenda operare anche in altri mercati o esercitare attività diverse da quelle protette da diritti speciali o esclusivi.”[1]
Risulta evidente che la disposizione si pone a diretta declinazione dell’art. 106 TFUE, che stabilisce:
«1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 esclusi.
2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata […]».
Prescrivendo la separazione dell’attività primaria svolta sulla base di diritti speciali o esclusivi da quelle complementari si vuole evitare, infatti, che l’impresa possa sfruttare su altri mercati, aperti alla concorrenza, il vantaggio che le deriva dal regime protetto in cui essa opera legalmente.
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La separazione contabile nel TUSPP
La separazione contabile implica verosimilmente l’adozione di un modello organizzativo di tipo “multi-divisionale” da parte della società e, in ogni caso, di un adeguato sistema informativo e contabile, che consenta l’individuazione dei costi e ricavi imputabili a ciascun “settore” e la distinta rendicontazione dei risultati dell’attività.[2]
La dottrina ha sottolineato la evidente sostanziale equivalenza dei presupposti della norma in commento con quelli dell’art. 8, comma 2-bis, l. n. 287/1990, che richiama il precedente comma 2, riguardante le «imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato», e ha osservato altresì che, se la società a controllo pubblico opera già, nei settori diversi da quelli esercitati in base a diritti speciali o esclusivi, secondo il modulo organizzativo della separazione societaria, può anche mantenerlo perché esso presenta un quid pluris, in termini di trasparenza e tutela della concorrenza, rispetto alla mera separazione contabile.
Separazione societaria e separazione contabile: pratiche di unbundling
Infatti, dal punto di vista della tutela della trasparenza delle informazioni, la separazione societaria (evocata dall’art. 8 comma 2 bis qui in commento) e la separazione contabile (evocata dall’art. 6 comma 1 come interpretazione autentica del predetto art. 8 comma 2 bis) sono entrambi pratiche di unbundling.
Si ricorda che per unbundling si intende separazione tra le varie componenti della filiera produttiva di un’impresa verticalmente integrata finalizzata a introdurre una maggiore competitività nel mercato di riferimento.
L’unbundling promuove l’apertura del mercato nei segmenti potenzialmente concorrenziali (produzione, approvvigionamento e vendita), separandoli dalle attività strutturalmente monopolistiche e favorendo l’accesso reale e non discriminatorio dei terzi ai servizi offerti dai proprietari delle infrastrutture (Third Party Access, TPA).
Le attività caratterizzate da monopolio naturale sono tipicamente quelle legate alle infrastrutture essenziali non duplicabili (essential facilities), in quanto gravate da elevati costi fissi e costi non recuperabili (sunk cost).
Nel settore energetico l’unbundling ha avuto un ruolo fondamentale nel sostenere il processo di liberalizzazione del mercato, rafforzando la neutralità della gestione delle infrastrutture (trasmissione, distribuzione e misura nel settore dell’energia elettrica; trasporto, distribuzione, misura, stoccaggio e rigassificazione, nel settore del gas) e favorendo la concorrenza.
Un altro caso rilevante di unbundling riguarda la separazione tra le diverse attività di imprese multiservizi (per es., energia elettrica e gas o gas e acqua, unbundling orizzontale), con la finalità di impedire o limitare la creazione di sussidi incrociati, che possono ostacolare l’entrata di nuovi concorrenti sul mercato di uno specifico servizio.[3]
Il bundling, al contrario consiste, invece, nel raggruppare servizi diversi per venderli come pacchetto a un prezzo prefissato.
I vantaggi del bundling sono legati alla diminuzione dei costi amministrativi e allo sfruttamento di economie di scala o di scopo.
Rispetto al bundling, l’unbundling contribuisce ad aumentare la trasparenza dei costi e migliorare le basi informative per le attività di regolazione, a tutela dei clienti finali.
Da un lato la fonte normativa sopra citata e dall’altro si consideri anche, che in base all’art. 15, la “struttura” del Ministero dell’economia e delle finanze competente per l’indirizzo, il controllo e il monitoraggio sull’attuazione del Tuspp, oltre a promuovere le “migliori pratiche” presso le società a partecipazione pubblica, è stata chiamata ad adottare nei confronti delle stesse le “direttive sulla separazione contabile” e a verificarne il rispetto e la trasparenza informativa.
In particolare, il d.lgs. n. 333/2003 definisce come impresa pubblica o privata “soggetta all’obbligo di tenere una contabilità separata”:
(art. 2) “ogni impresa che fruisce di diritti speciali o esclusivi riconosciuti da uno Stato membro a norma dell’articolo 86, paragrafo 1, del trattato (oggi art. 106 TFUE) o è incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale a norma dell’articolo 86, paragrafo 2, del trattato (oggi art. 106 TFUE), che riceve compensazioni in qualsiasi forma per prestazioni di servizio pubblico in relazione a tali servizi e che esercita anche altre attività”.
Ai fini della trasparenza delle relazioni finanziarie, le imprese che beneficiano della assegnazione di risorse pubbliche, in qualsiasi forma (e cioè, secondo l’art. 4 d.lgs. n. 333/2003:
- ripianamento di perdite di esercizio;
- conferimenti a capitale sociale o dotazione;
- conferimenti a fondo perduto o prestiti a condizioni privilegiate;
- concessione di vantaggi finanziari sotto forma di non percezione dei benefici o di non restituzione dei crediti;
- rinuncia a una remunerazione normale delle risorse pubbliche impiegate;
- la compensazione di oneri imposti dai poteri pubblici), iscrivono tali assegnazioni in un apposito registro obbligatorio (art. 5 d.lgs. n. 333/2003).
Inoltre, in base all’art. 6 dello stesso decreto, le imprese soggette all’obbligo di tenere una contabilità separata sono tenute altresì: a) alla separazione dei conti interni corrispondenti alle attività distinte; b) alla corretta imputazione o attribuzione dei costi e dei ricavi, sulla base di principi di contabilità dei costi applicati in modo coerente e obiettivamente giustificati; c) alla chiara definizione dei principi di contabilità dei costi, in base ai quali sono tenuti i conti separati; le stesse imprese predispongono una relazione sui sistemi di contabilità dei costi applicati.
Sebbene l’ambito di applicazione diretta del d.lgs. n. 333/2003 sia ristretto dal sistema di esclusioni e di soglie previsto dall’art. 9 e sollevi problemi di coordinamento con il Tuspp (donde appunto le previsioni di “orientamenti e indicazioni” in materia da parte della competente “struttura” del MEF), non v’è dubbio che il testo normativo fornisca una serie di spunti interpretativi importanti circa il modo in cui attuare, nelle società a controllo pubblico, l’obbligo di separazione contabile.[4]
Le diverse disposizioni in materia di separazione contabile presenti nell’ordinamento[5]
2.1. Si deve evidenziare che il bene protetto dai sistemi di unbundling è la trasparenza delle informazioni finanziarie, presupposto della tutela della concorrenza.
Il raggiungimento di un adeguato livello di trasparenza, in tutte le sue diverse accezioni, costituisce un obiettivo centrale in materia di aiuti di Stato. La complessa regolamentazione posta dall’Unione Europea, al fine di prevenire la concessione di aiuti incompatibili con il mercato interno, non può, infatti, trovare piena ed effettiva attuazione se non è assistita e completata da un’adeguata normativa in materia di trasparenza.
In questa sede si porterà all’attenzione che l’esigenza di trasparenza viene intesa come trasparenza delle relazioni finanziarie tra lo Stato, latu senso inteso, ed i potenziali beneficiari degli aiuti (di Stato).
2.2 Trasparenza e relazioni finanziarie
2.2.1. La direttiva 2006/111/EC
La necessità di rendere trasparenti i trasferimenti di denaro pubblico, direttamente o indirettamente, è stata particolarmente avvertita proprio con riferimento alla materia degli aiuti di Stato, in quanto il trasferimento di risorse statali costituisce uno dei quattro elementi che integrano un aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 107 TFUE. [6]
Conseguentemente, il legislatore europeo ha elaborato un sistema di regole volte a facilitare il ruolo di sorveglianza della Commissione; regole che sono state ripetutamente modificate ed integrate, sino all’adozione dell’attuale direttiva 2006/111/CE relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese.
La ratio sottesa all’adozione di tali regole è subito chiarita nel preambolo della direttiva, il quale afferma che:
“un’applicazione efficace ed equa alle imprese pubbliche e private delle regole del Trattato relative agli aiuti non può essere operata sino a quando tali relazioni finanziarie non siano rese trasparenti. Peraltro, in materia di imprese pubbliche, detta trasparenza deve permettere di distinguere chiaramente fra il ruolo dello Stato in quanto potere pubblico ed in quanto proprietario”.
Il titolo della direttiva CE identifica subito i due tipi di relazioni finanziarie sottoposte agli obblighi di trasparenza: (a) le assegnazioni di risorse pubbliche che lo Stato elargisce, anche indirettamente, a favore delle imprese pubbliche e (b) le assegnazioni che vedono coinvolte determinate imprese, pubbliche o private, tenute alla contabilità separata in quanto svolgono contemporaneamente ser vizi di interesse pubblico e attività in regime concorrenziale.
Conseguentemente, la direttiva CE stabilisce all’articolo 1 due obblighi fondamentali:
- assicurare la trasparenza delle relazioni finanziarie tra poteri pubblici (i.e. lo Stato in senso stretto) ed imprese pubbliche, facendo risultare le assegnazioni dirette o indirette di risorse pubbliche 10;
- assicurare che la struttura finanziaria e organizzativa delle imprese tenute all’obbligo di separazione contabile sia tale da consentire di individuare chiaramente – i.e. in modo tra sparente – i costi e ricavi delle diverse attività ed i relativi metodi di allocazione.
Al riguardo, la direttiva CE chiarisce che sono tenute all’obbligo di contabilità separata tutte quelle imprese che (i) fruiscono di diritti speciali o esclusivi riconosciuti da uno Stato membro ai sensi dell’attuale art. 106, comma 1, TFUE, (ii) sono incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (SIEG) a norma dell’art. 106, comma 2 del Trattato, che ricevono compensazioni in qualsiasi forma per prestazioni di servizio pubblico in relazione a tali servizi e che esercitino anche altre attività, in regime di mercato.
In altre parole, imprese che svolgono «attività miste».
L’obbligo di separazione contabile viene quindi imposto proprio a quelle imprese che sono più a rischio di trasformare una legittima assegnazione in un aiuto di Stato illegittimo, in particolare attraverso la pratica dei finanziamenti incrociati.
Lo scopo è quello di stabilire condizioni e trattamenti economici speciali (sotto forma di diritti esclusivi, speciali o compensazioni) a determinati operatori per neutralizzare un fallimento di mercato e per svolgere un determinato servizio secondo modalità e livelli che nessun operatore privato potrebbe garantire o che comunque non garantirebbe “spontaneamente” a quelle condizioni; ciò nondimeno si doveva evitare che le imprese destinatarie