Contribuenti Forfetari: ripristinato l'obbligo di operare le ritenute sui redditi di lavoro dipendente ed assimilati

Il legislatore ha previsto che le ritenute non operate vengano effettuate sulle retribuzioni corrisposte a partire dal terzo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto–legge.
In buona sostanza le ritenute “arretrate” saranno operate con decorrenza dalle retribuzioni corrisposte nel mese di luglio in tre rate mensili di eguale importo.

Notizie Fiscali di Commercialista TelematicoE ora?

I lavoratori dipendenti e i titolari di redditi assimilati, che nel corso del periodo di imposta 2019 non hanno subito le ritenute ad opera dei contribuenti forfetari che hanno loro erogato le retribuzioni, dovranno restituire una parte delle somme ricevute.

E’ questa la conseguenza più rilevante dovuta all’ennesima modifica del regime forfetario di cui alla legge n. 190/2014.

D’ora in avanti i contribuenti forfetari saranno obbligati ad operare le ritenute d’acconto, come i “contribuenti ordinari” sulle somme così corrisposte.

Contribuenti forfetari: l’esonero dall’obbligo di operare le ritenute d’acconto

Il problema in rassegna trova origine nella formulazione dell’art. 1, comma 69 della citata legge n. 190/2014. La disposizione prevede che i contribuenti forfetari “non sono tenuti ad operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e successive modificazioni; …”.

La formulazione normativa è estremamente ampia. Il titolo III comprende anche gli articoli 23 e 24 che prevedono l’obbligo di operare le ritenute d’acconto sui redditi di lavoro dipendente e assimilati.

Dopo le perplessità iniziali, tutti i primi commentatori della novità si sono orientati nel senso di ritenere che i contribuenti forfetari fossero esonerati non solo dall’obbligo di operare le ritenute sui compensi di lavoro autonomo, ma anche nei confronti dei dipendenti e dei titolari di redditi assimilati al lavoro dipendente.

Si è posto anche il problema se la predette ritenute potessero essere operate facoltativamente, ma anche in questo caso la soluzione è stata negativa.

L’applicazione facoltativa delle ritenute avrebbe di fatto determinato l’ipotesi di un comportamento concludente. In pratica il contribuente si sarebbe comportato come un soggetto al di fuori del regime forfetario e l’applicazione delle ritenute avrebbe rappresentato la manifestazione di volontà di optare per il regime ordinario.

La mancata applicazione delle ritenute, secondo la disposizione ora modificata, avrebbe determinato nella sostanza numerose difficoltà operative.

I lavoratori dipendenti avrebbero percepito somme di fatto non integralmente spendibili in quanto una parte delle retribuzioni avrebbe dovuto essere successivamente versata, in sede di dichiarazione dei redditi, per le imposte dovute.

Il decreto “crescita”: le ritenute sui redditi di lavoro dipendente

Il decreto “crescita” ha ripristinato l’obbligo di operare le ritenute d’acconto limitatamente ai redditi di lavoro dipendente e assimilati. E’ stato confermato l’esonero negli altri casi “ad eccezione delle ritenute di cui all’articolo 23 e 24” del D.P.R. n. 600/1973.

I problemi operativi più rilevanti riguardano l’applicazione retroattiva della novità normativa. Il legislatore prevede, in deroga allo “Statuto del contribuente”, che la disposizione trovi applicazione sin dal 1° gennaio 2019.

Al fine di evitare che il datore di lavoro chieda la restituzione delle maggiori somme erogate, il legislatore ha previsto che le ritenute non operate vengano effettuate sulle retribuzioni corrisposte a partire dal terzo mese successivo a quello di entrata in vigore del presente decreto–legge.

In buona sostanza le ritenute “arretrate” saranno operate con decorrenza dalle retribuzioni corrisposte nel mese di luglio in tre rate mensili di eguale importo.

Questa soluzione può essere applicata a condizione che il rapporto di lavoro sia ancora in corso.

Non si comprende, invece, come l’ex datore di lavoro possa “recuperare” le ritenute non operate nei confronti dei lavoratori il cui rapporto sia cessato precedentemente rispetto al momento in cui il datore di lavoro può operare il conguaglio secondo le indicazioni previste dal decreto “crescita”.

L’unica soluzione sembra essere rappresentata dalla richiesta di restituzione, ma considerando che il rapporto di lavoro si è interrotto in precedenza non può scartarsi completamente l’ipotesi del rifiuto.

Sorgerà così l’ulteriore problema di comprendere se il sostituto di imposta sia o meno comunque obbligato ad effettuare ora per allora il versamento delle ritenute non operate. Ciò indipendentemente dal fatto che la richiesta di restituzione delle somme all’ex lavoratore sortisca un esito favorevole.

Nicola Forte

5 Aprile 2019